Simone Massi firma il soggetto, la regia, i disegni, la sceneggiatura, i dialoghi e il montaggio di Invelle, suo primo lungometraggio di animazione. Formatosi alla Scuola del Libro di Urbino, dopo l’esperienza del lavoro come operaio, Massi ha creato il film partendo dai suoi luoghi di origine.
Nel pezzo di terra dove sono nato e cresciuto non c'è niente di importante da vedere e da ricordare, niente che possa essere considerato degno di finire sui libri. Una sorta di “Invelle”, un non luogo da cui la Storia con la maiuscola ha preso e preteso tutto quello che voleva e poteva. In cambio abbiamo avuto le storie con la minuscola, quelle che o le tramandi a voce oppure si perdono
, queste le parole dell’autore.
Invelle racconta storie di vita vissuta, senza sprazzi, ma partecipi dell’esprit du temps. Iniziamo con Zelinda, sola, costretta a smettere i panni da bambina, per indossare quelli da adulta: siamo nel 1918 ed essere orfana di madre, con il padre in guerra, è una condizione difficile, soprattutto se le risorse finanziarie sono scarse e si deve lavorare la terra, per sfamarsi: ci sono i fratelli, la casa, la stalla e le bestie di cui occuparsi. Ma un giorno, Zelinda torna ad avere una madre e un padre: alla fiera del paese la bambina si stringe al babbo e spalanca gli occhi per far posto a tutte le cose che le si parano davanti. Vere o immaginate che fossero, Zelinda quelle cose ormai le ha viste e si è fatta una sua idea di come gira il mondo.
Gira così velocemente che di colpo la sua storia diventa quella di un'altra. Siamo nel 1943, un’altra guerra, un altro nemico, stessa sofferenza per il popolo, che subisce le decisioni di codardi e dispotici dittatori. Assunta è una bambina contadina -il legame con la terra è fondamentale, tutto parte da lì, da quei luoghi-non luoghi-, che sta in equilibrio su una gamba, con la testa guarda il cielo, cercando una via di fuga da un presente troppo pesante e pericoloso. Assunta ha una grandissima forza: la voglia di sopravvivere, di lenire gli squarci, anche trascendendo la realtà circostante, grazie alla fantasia. E allora cuce un vestito colorato e la guerra è svanita, basta fare un salto e il mondo cambia. La guerra non c’è più, ma bisogna domandarsi quale guerra sia finita e sembra che Massi induca lo spettatore a porsi una simile domanda. Ci illudiamo che se i grandi eventi non ci travolgono direttamente, tutta la realtà vada bene, eppure -sembra dire Massi-, c’è sempre un pericolo dietro l’angolo, un altro colpo di coda.
Siamo nel 1978, Icaro è un bambino contadino che gira in tondo attorno al niente. È stato sognato tanti anni prima e deve fare e farà quello che non è stato possibile per sua madre e sua nonna. Tre generazioni e sempre la stessa lotta di classe, la stessa sofferenza. L’unica strada è lottare, ribellarsi per se stessi, per chi è venuto prima. E prima ancora. E prima ancora.
Si chiude con l’invito a una riflessione, a una presa di posizione che scuota le coscienze, che stimoli la responsabilità personale, perché ciascuno ha un ruolo nell’evoluzione del mondo, nel benessere altrui.
Gli ideali ci sono e sono fortemente condivisibili.
I passaggi temporali sono resi visivamente con transizioni che ingrandiscono un dettaglio da cui nasce un'altra immagine. Si tratta di una tecnica ormai molto abusata, il cui uso ripetitivo fa perdere forza al messaggio. I passaggi tra una generazione e l’altra non sono riuscitissimi, come è irrisolto l’inserimento dell’auto in cui hanno trovato Moro, che non trova spazio per definire i contorni di quei non luoghi.
Si spera che Massi, il quale ha realizzato e diretto animazioni selezionate nei festival di 75 Paesi del Mondo e vinto oltre 300 premi, fra cui un David di Donatello, tre Nastri d'Argento, un Premio Flaiano per l’animazione realizzata all’interno del documentario La strada dei Samouni, Premio Oeil d’Or al Festival di Cannes 2018, possa rielaborare questi temi così importanti, riuscendo a trovare il giusto equilibrio fra passione e realizzazione.
Comunque è altamente consigliata la proiezione nelle scuole, proprio per sensibilizzare ed educare al vivere comune e comunitario.
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