Joker o Arthur Fleck? Qual è la soluzione dell'enigma raccontato da Todd Philips in Joker, nel 2019?
Se vi aspettate una soluzione facile, una ideale continuazione nel seguito Joker: Folie À Deux, rimarrete profondamente delusi.
Philips alla regia, in collaborazione con Scott Silver alla sceneggiatura, decidono la via più rischiosa al sequel, sparigliando le carte, con un film che presenta tanti punti di contatto col precedente, ma allo stesso tempo è molto diverso.
La storia continua qualche mese dopo il finale di Joker, mostrandoci Fleck/Joker (sempre e solo Joaquin Phoenix), in prigione nell'attesa di un processo destinato ad avere ancora più impatto mediatico delle sue uccisioni in diretta. Una prigione di massima sicurezza, dura e piena di vessazioni. L'avvocata di Fleck sta cercando di prepararlo al processo puntando sull'infermità mentale, sulla dissociazione tra Fleck e il Joker, mentre l'accusa è certa della sua capacità di intendere e di volere.
Nella durezza della prigionia entra perà un raggio di sole, la figura di Harleen "Lee" Quinzel, non ancora Harley Quinn (Lady Gaga), con la quale viene in contatto in modo quasi casuale, dando vita alla più improbabile delle storie d'amore. Una storia che vive in una sua dimensione da sogno, al di fuori di ogni convenzione.
Lì fuori il mondo è pieno di ammiratori di Joker, e Lee, alla testa o anche lateralmente a questo movimento di idee e di persone, ha la sua idea su chi sia la persona che è sotto processo.
In Joker: Folie À Deux si intrecciano diverse idee. Il tentativo di raccontare se effettivamente sotto processo sia Arthur o il Joker, chi sia quindi la maschera e chi la reale personalità, è solo una. C'è anche il racconto della spettacolarizzazione mediatica del dolore, dei delitti e del sangue. Lo slogan "That's Entertaniment" non è solo la citazione del ritornello di un celebre motivo di un musical, ma anche l'estremizzazione di una esposizione mediatica che, pur calata nel contesto in cui non esistevano ancora internet e social media, ci rivela come l'occhio televisivo non fosse meno feroce del tribunale social.
Realtà oggettiva o soggettiva? Di per sé un processo non è il racconto della verità, ma solo la contrapposizione di due versioni della stessa: quella dell'accusa e quella della difesa. Cosa diventa quando a filtrarlo è l'occhio di una telecamera, quando ogni parola detta, ogni gesto o sguardo dei partecipanti è filtrato solo per il fatto di essere inquadrato ed estrapolato dal suo contesto?
C'è poi il racconto di una delle storie d'amore più folli e senza senso, vissuta in un realtà parallela di danze e canzoni, da musical, genere cinematografico in cui le persone passano senza soluzione di continuità dal parlare al cantare al ballare, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Philips ha sicuramente ambizioni, e sono apprezzabili. Cerca di andare oltre l'intrattenimento pur apprezzato e apprezzabile quando fatto bene, del cinecomics. Di contro la resa finale snerva lo spettatore. Tanti sono i momenti di colto compiacimento fine a se stesso. Il colto citazionisimo cinefilo e fumettistico non bastano da soli. La vicenda è esile, le metafore ridondanti, l'arco narrativo complessivo riducibile di almeno un terzo.
La sceneggiatura per fortuna è precisa, se inizialmente spiazza, scuotendo la sospensione dell'incredulità, poi mette a posto i tasselli, lasciando in sospeso solo quello che era intenzione lasciare tale, per la gioia di chi vuole uscire dal cinema anche dei motivi su cui elucubrare.
Il cast è perfetto, se Phoenix ha ormai il suo cliché di outsider complessato e problematico dal quale attinge col pilota automatico, è Lady Gaga che si conferma non solo brava cantante ma anche versatile attrice, capace di diversi registri. Tra i comprimari è superbo Brendan Gleeson, nei panni di una guardia carceraria che rappresenta il peggio possibile del sistema carcerario.
Todd Philips osa, gioca, pasticcia con i generi. Mescola senza paura dramma processuale e dramma psicologico, cinecomics e musical. Senza timore di affrontare le ire degli appassionati dei vari generi. Plasma tutto come creta al servizio delle sue intenzioni, realizzando un film per il quale è molto difficile restare nel mezzo, nell'asettica valutazione, costringendo lo spettatore a decidere se odiarlo nonostante i suoi meriti o ad amarlo nonostante i suoi difetti.
Joker: Folie À Deux è sicuramente un film imperfetto, non pienamente riuscito, in parte derivativo, ma è espressione dell'apprezzabile intenzione dell'autore di dare qualcosa di sé allo spettatore, non lasciandolo per come lo ha trovato.
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