È la vigilia di Natale e sono trascorsi cinque anni da quando Sienna Shaw e suo fratello Jonathan sono riusciti a sopravvivere ad Art il clown. La ragazza dopo aver passato un po’ di tempo in un ospedale psichiatrico è felice di poter trascorrere le vacanze a casa della zia insieme alla sua famiglia, soprattutto grazie alla presenza della nipotina che ha per lei un amore incondizionato. Nonostante gli incubi che la perseguitano Sienna cerca di ricomporre la sua vita, così come sembra aver fatto Jonathan impegnato con il college. Tutto però cambia quando la ragazza avverte la malvagia presenza di Art il Clown, che travestito da Babbo Natale ricomincia a mietere vittime con il solito sadismo che lo contraddistingue. Nessuno sembra crederle però e la ragazza si prepara a riaffrontare il mostro psicopatico che, questa volta non è solo.

La saga cinematografica di Terrifier ha inizio nel 2016 (prima c’erano stati dei corti e un film antologico), poiché il suo creatore Damien Leone riteneva il cinema horror di quegli anni poco terrorizzante. Art come altre icone del genere incarna il male puro che, nelle intenzioni del suo creatore, massacra chi gli capita a tiro con un sadismo estremo considerando che si tratta sempre di stare nei confini del cinema mainstream. Ma a differenza di altri serial killer del passato (come Michael Myers o Freddy Krueger) le sue origini o le motivazioni delle mattanze, non sono mai state rilevanti, riducendo il senso della saga alla ricerca di modi sempre più fantasiosi e bizzarri con i quali Art potesse far fuori le proprie vittime. Leone inoltre si è tenuto ben lontano da derive metacinematografiche alla Wes Craven, inserendo solo dal secondo capitolo di Terrifier la classica scream queen che non ha alcuna funzione narrativa se non quella di mettere sulla strada di Art qualcuno in grado di farlo fuori. La genesi dell’eroina è talmente poco originale da far da cartina tornasole nello stabilire quanto Leone sia completamente disinteressato all’inserire dell’epica nella sua saga.

Terrifier 3 rimane fedele al mood dei capitoli precedenti, dando al pubblico esattamente ciò che promette, ovvero uno slasher con parecchie scene di tortura che spostano un po’ l’asticella del tollerabile. Come successo in passato per altri horror la campagna marketing si è basata molto sulla reazione di alcuni spettatori alla visione del film, con la narrazione di persone fuggite dalla sala, niente che all’epoca dell’Esorcista non fosse già stato pubblicizzato. È indubbio però che ciò che ha colpito il pubblico e che ha fatto amare Art è la violenza estrema e senza fronzoli unita a un’ampia dose di ironia, caratteristica che di sicuro non si è persa in Terrifier 3. Insomma c’è sangue, sadismo e nessuno viene risparmiato dalla carneficina ma la violenza è abbastanza sopra le righe da essere spassosa per chi si diverte con questo genere di cose. Bisogna poi dare atto a Leone di usare in modo perfetto make up e protesi, tanto che molte scene risultano piacevoli anche per l’accuratezza degli effetti speciali, con il digitale abbandonato a favore di un artigianato notevolissimo ai livelli di ciò che si vedeva negli anni ’80, ma con un bel po’ di gore in più.