Pochi giorni dopo la fine del primo Smile, il poliziotto Joel (Kyle Gallner), l'ultimo posseduto dal demone che passa di soggetto in soggetto mediante suicidio, è alla ricerca di un modo per trasmetterlo che contempli anche la sua missione di tutore della legge.
In un modo che già tradisce un po' quanto visto nel primo film, un anno dopo il demone troverà il modo di trasmigrare in Skye Riley (Naomi Scott), una cantante pop che sta per rientrare in scena dopo un incidente d'auto e un periodo di rehab dall'abuso di droghe e alcool.
Come la protagonista del primo film, Skye dapprima non capirà la portata delle visioni che cominciano a perseguitarla, non meno opprimenti in realtà delle pressioni che subisce dalla madre-manager-tiranna (Rosemarie DeWitt) che la spinge ad ogni costo in scena, per tornare a sfruttare la gallina dalle uova d'oro.
Gradualmente precipiterà sempre più in un mondo in cui realtà e fantasia si mescolano, fino a un parossistico finale, largamente intuibile sin dai primi momenti del film.
Smile 2, scritto e diretto come il primo titolo con perizia da Parker Finn, replica quasi in modo pedissequo la formula collaudata. Come in molti sequel, alla struttura del primo film si aggiunge comunque qualcosa di nuovo, e cerca di spostare l'asticella verso la direzione del "più grande". Quindi più sangue, più illusioni, più jumpscare.
Se perà Finn resta conferma la sua capacità di spaventare anche con un rumore di vetro rotto, il film si scolla sin da subito con il suo universo narrativo, mostrando alcuni salti logici che non si spiegano neanche con le illusioni demoniache. L'aggiunta di canzoni e numeri di danza ben coreografati è una variazione gradita, considerato che anche in questi frangenti resta comunque il senso di inquietudine, dato da partiture musicali che hanno comunque distonie disturbanti.
La protagonista Naomi Scott ha tutte le caratteristiche che fanno funzionare il suo personaggio, ed è la pietra angolare di un film che, nonostante evidenti problemi, fa il suo sporco lavoro dando i brividi cercati allo spettatore.
Un pregio innegabile è la sincerità dell'approccio della saga, che non tenta di passare per altro che intrattenimento, senza scomodare intenti sociologici o complesse cosmogonie.
Nell'attesa di una terza parte che, dalle premesse lanciate dal finale, potrebbe cambiare completamente la direzione della saga.
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