All'inizio di Venom: The Last Dance, Eddie e Venom (Tom Hardy), sono lì assieme, come ce li ricordavamo, a disquisire del futuro tra un drink e l’altro. E senza accorgerci ci troviamo catapultati in un mondo da salvare dal feroce Knull (Andy Serkis), padre di tutti i simbionti.
La trama, il cui contributo è dato anche dallo stesso Hardy è pressoché volatile, perfetto ingrediente per un mercato composto da un pubblico eterogeneo e mainstream. Nonostante non ci sia, appunto, troppa trama, quest’ultima è abbastanza snella e piacevole. Non ci sono plot twist o scene memorabili ma è sicuramente fruibile dal collettivo.
Non c’è ragione per cui Venom non possa piacere al grande pubblico: gli piace ballare, gli piace la cioccolata e ha il nodo alla gola quando canta David Bowie, versione leggermente differente dalla personalità violenta e spietata espressa nei fumetti.
Quest’ultimo capitolo, non dà nulla in più di quello che ci si aspetterebbe, ma rafforza e rende godibile un ulteriore buddy movie che tanto hanno spopolato in questi ultimi anni tra i nuovi cinefili.
Piacciono gli effetti speciali, esagerati quanto iper realistici e un po’ di più rispetto alle conversazioni tra il protagonista Eddie e Venom o gli incontri hippy di quest’ultimi, quasi a ricercare un versione empatica del "mostro".
Le prime proiezioni americane, davano, quest’ultimo capitolo, già per il meglio riuscito della saga: tuttavia dopo questo ritorno non si brilla, anzi non si balla come sperato.
Il finale di Venom: The Last Dance, scritto e diretto da Kelly Marcel, strizza l’occhio ad un eventuale prosieguo, ma è tutto molto lasciato all’immaginazione.
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