Il Game Science Research Center ha offerto al pubblico di Lucca Comics & Games un ricco calendario di appuntamenti per approfondire le applicazioni sociali dei giochi.
Si può partire da elementi della cultura pop come i fumetti e i giochi di ruolo e usare storie già care al paziente per affrontare i temi di suo interesse durante una sessione di psicoterapia. Gli X men sono dei sopravvissuti, hanno dovuto imparare a gestire gli effetti delle loro mutazioni. Le metafore sono facili da capire, aiutano a esplorare problemi complessi.
Un utile supporto alle terapie
La cultura pop può essere usata come strumento di supporto nei percorsi di cura.
La dottoressa Martina Meroni ha parlato della sua tesi di laurea all'università Sigmund Freud di Milano, in cui ha fatto giocare avventure autoconclusive a 50 persone.
Nelle avventure di un gioco di ruolo è presente un elemento aleatorio: devi accettare di non riuscire a fare l'azione desiderata, quella prevista che avrebbe dato il miglior risultato possibile e a cui ti eri già affezionato. Il gioco va avanti anche dopo un tiro di dati non favorevole.
Uno dei punti più interessanti dell'applicazione del gioco di ruolo alla terapia è proprio nella gestione dei fallimenti, spesso presenti nei racconti e nelle avventure. L'eroe integra la fatica, il fallimento e l'insuccesso nel suo percorso di crescita. L'eroe non si limita a sopravvivere, ma impara dall'esperienza. Gli psicologi riescono a usare le esperienze altrui per aiutare i pazienti a fronteggiare le proprie.
Essere immersi in un ambiente ostile offre l'occasione di praticare il "Fail forward", ovvero il non farsi abbattere e paralizzare da un inconveniente. Si inizia a familiarizzare con il disagio indotto dal discontrollo e sviluppare l'abilità di trovare altre vie per ottenere il risultato desiderato. Questa abilità, allenata giocando, tornerà poi utile nella vita reale.
È molto utile anche il poter adottare il punto di vista altrui, mettersi nei panni di chi è diverso e vivere per qualche tempo con le sue abilità e priorità.
Pazienti difficili con alto tasso di drop out come gli adolescenti beneficiano di una partita che riesce a coinvolgerli e incuriosirli.
Ovviamente bisogna gestire le controindicazioni di una immedesimazione troppo spinta (questa tecnica non è indicata, per esempio, nel trattamento della schizofrenia).
Il gioco di ruolo offre una sandbox in cui sperimentare il problem solving e l'intelligenza tattica. Si può allenare la flessibilità psicologica necessaria a usare le risorse disponibili con creatività.
Una partita a un gdr può essere utile anche per la profilazione clinica, per osservare l'esprimersi di ansie. Bisogna, ovviamente, creare metafore di gioco modellate su sfide reali da affrontare.
Tra gli sviluppi futuri di questo lavoro di tesi c'è il progetto di un manuale per integrare lo strumento gdr in terapia. Questo strumento non sarà disponibile al pubblico, perché quando i giocatori hanno i problemi indagati dagli strumenti, non è sicuro da giocare da soli, senza un professionista in grado di gestire le emozioni che escono durante le sessioni.
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