- A cosa serve la paura?
- Dove cercate la paura per scrivere i vostri libri?
- Regole autoimposte
- La paura come uno scudo per la vita
- Una lettura spartiacque
- Seguono una routine di scrittura?
- Le domande dal pubblico
Nella suggestiva cornice della Chiesa di San Giovanni a Lucca Comics & Games gli autori che regolarmente scrivono di horror, thriller e sovrannaturale hanno fatto una riflessione di come la paura sia percepita in diverse fasi della vita e come loro si approcciano durante la scrittura. R.L. Stine – conosciuto in Italia per le serie horror per ragazzi e adolescenti Piccoli brividi e Fear Street, ma che ha anche sperimentato la scrittura per adulti con Superstizione – e Stuart Turton – noto per Le sette morti di Evelyn Hardcastle e L’ultimo omicidio alla fine del mondo – dialogano sul tema moderati da Paola Barbato, autrice di romanzi per ragazzi e adulti, nonché sceneggiatrice per Dylan Dog.
A cosa serve la paura?
La risposta di Stine è chiara e secca: Per vendere libri!
accolta da una risata generale, ma non è del tutto una battuta, anche se il tono era scherzoso, come è solito fare l'autore quando interviene.
Le persone di tutte le età, ha spiegato Stine come ha già accennato all'incontro stampa, amano essere spaventate.
R.L. Stine tra brividi e umorismo nei suoi romanzi per ragazzi
Al Press Café di Lucca Comics & Games 2024 l'autore di Piccoli brividi ha raccontato le proprie paure e come le ha messe in pratica nei suoi romanzi, con una sana dose di umorismo.
LeggiLa paura serve per far ridere e intrattenere in un contesto in cui siamo al sicuro e possiamo fermarci quando vogliamo, non come la paura vera in contesti reali. Lo ha scoperto in prima persona quando lo invitano nelle scuole a parlare con i bambini, che dicono di divertirsi nel provare paura. E chi vi scrive, cresciuto con gli Acchiappafantasmi e Piccoli brividi lo conferma al cento per cento.
Stuart Turton, come la maggior parte del pubblico, ha cominciato a leggere con i libri di Stine e lo terrorizzavano. Ha confermato che è emozionante far parte di quelle avventure se puoi fermarti. Adesso ha 44 anni e la paura arriva quando riceve chiamate dall'ospedale, è un terrore diverso da quello che provi leggendo un libro che puoi chiudere, accendere la luce e la paura se ne va. Con i libri si possono provare molte più emozioni e secondo lui, senza la lettura, la vita molto meno luminosa.
Nel suo stile tra il serioso e lo spiritoso, Stine ha aggiunto che deve esserci qualcosa di sbagliato nella propria testa, poiché non trova che l'orrore faccia paura. Quando legge qualcosa che dovrebbe spaventarlo, ammette, lo diverte. Invece ci sono lettori che dicono che non sono riusciti a dormire dopo aver letto i suoi libri. E ha fatto un esempio cinematografico: Al cinema, con Lo Squalo, durante la scena in cui il pescecane divora il bambino, se sentite qualcuno ridere quello sono io.
Dove cercate la paura per scrivere i vostri libri?
La paura è ovunque, il mondo è spaventoso, ha detto Stine. Da bambino si spaventava facilmente ed era molto timido. Non è un gran modo di vivere quando hai dieci anni.
Ha ammesso. La paura è universale ed è presente in tutte le epoche: la paura del buio, di trovarsi soli, cosa si nasconde sotto il letto e nel seminterrato buio…
Per Turton i bambini hanno paura di quello che arriva da fuori, mentre gli adulti hanno l'orrore dentro di sé. La paura è frutto dell'immaginazione, non è diversa tra adulti e bambini. Un adulto sa cosa fare se un bambino si perde, per esempio, mentre il bambino spera che il genitore riesca a trovarlo, mentre l'adulto sa invece che potrebbe non trovarlo. Per un bambino, nell'oscurità c'è un mostro, per un adulto c'è un pedofilo. Sono due punti di vista per la stessa sensazione.
La paura di perdere persone care o di perdersi
Su questo argomento è intervenuto Stine che ha ricordato proprio una brutta avventura che ha vissuto, la più spaventosa della sua vita, ovvero quando ha perso di vista il figlio Matt di appena quattro anni a un Motor Show a New York. Tutto si è svolto nell'arco di pochi secondi, ma per lui sono stati un'eternità e quando infine l'ha trovato e gli ha chiesto se stesse bene, lo stesso figlio l'ha rimproverato, dicendo che stava per andare a chiamare il direttore.
Turton ha raccontato una storia simile, ma il risultato finale è diverso. Aveva quasi perso la figlia piccola al parco giochi, ma la sua paura in realtà era il pensiero che la moglie avrebbe potuto ucciderlo se non l'avesse ritrovata.
Regole autoimposte
R.L. Stine ha affermato che ciò di cui si preoccupa principalmente quando scrive è come rendere divertenti le sue storie, non si concentra solo sulla paura. E ha ideato una trama così su due piedi: Mettiamo che racconti di un ragazzino che va a vivere in una città nuova e tutti quelli che incontra gli dicono che hanno vissuto nella stessa casa dove si è appena trasferito.
A questo punto è diventato un vero dialogo naturale tra i due autori perché Turton ha chiesto a Stine se ci fosse una linea di confine oltre la quale non non si spinge? E ha ricordato che quando leggeva i suoi romanzi da ragazzino c'erano scene che lo terrorizzavano. Per esempio quella di una ragazza che faceva la doccia e l'acqua diventava sempre più calda, non riusciva a chiuderla e la povera ragazza muore ustionata. (Probabilmente in Fear Street, ndr.)
Stine ricorda benissimo quell'episodio e afferma di aver chiesto un'opinione tecnica al cognato, che era medico, per capire come potesse rendere la scena credibile. Lui l'ha accontentato ma alla condizione di non accreditarlo per l'idea. Dovrebbe essere una scena di cui si vergogna, ha ammesso Stine, ma alla gente piace quando vengono ammazzati gli adolescenti. Mentre Piccoli brividi hanno una regola, visto che sono dedicati a bambini più piccoli, i i giovani lettori devono capire che è una fantasia, quindi si prende la libertà di spingersi dove vuole, purché sia chiaro che nulla è reale.
Nei libri di Stuart Turton, invece, non ci sono limiti, e il lettore potrebbe pensare che sia reale. Il suo stile narrativo gli permette di suscitare una paura diversa perché scrive thriller. Per lui è importante che le storie siano credibili, l'importante è che il personaggio si emozioni e reagisca a quello che succede in maniera verosimile, reagendo come ci si aspetta che si faccia realmente anche se i personaggi sono su una barca fantasma.
La paura come uno scudo per la vita
Anche Paola Barbato ha ammesso di essere una bambina spaventata e ha cominciato a leggere storie dell'orrore. Più lo leggeva, più imparava a conoscere la paura, meno veniva colta di sorpresa nella vita reale. Allora ha chiesto agli autori se secondo loro le storie di paura forniscono una corazza per affrontare la vita.
Stine è convinto che possano aiutare. Tempo fa ha parlato con una psicologa che ha raccontato l'esperienza di una sua paziente che arrivava ogni settimana recitando il paragrafo più spaventoso del più recente racconto dell'orrore che stava leggendo ed era un metodo tutto personale per esorcizzare la paura. Ovviamente Stine ha precisato che non scrive per quel motivo, il suo scopo è solo quello di avvicinare i bambini alla lettura, che sia più divertente che guardare uno schermo. Nessuna lezioncina morale, i personaggi non imparano niente, nessuna nuova parola, vuole solo che i suoi libri siano divertenti e molto semplici da leggere.
Turton ha confermato che si tratta di una riflessione molto interessante, adatta per tutti i lettori di ogni età. Nel settore aleggia l'idea che gli scrittori debbano impartire una lezione morale, ma non è sempre così, principalmente fanno intrattenimento, ammette, Come pagliacci con la penna in mano.
Stine ha incalzato: C'era una regola nell'editoria per bambini, ovvero che con i tuoi libri imparino e crescano.
Ma perché? Si è sempre chiesto. Gli adulti non sono tenuti a imparare per forza qualcosa e crede che i bambini debbano avere la stessa libertà. Magari non si impara direttamente, ma dopo la lettura inevitabilmente il lettore ne resta cambiato in un modo o nell'altro.
Secondo Stuart Turton, infatti, gran parte dell'esperienza di lettura dipende direttamente dal lettore. Chiunque legga lo stesso libro lo interpreta diversamente e probabilmente apprezza personaggi diversi. Se pensate che io vi dica qualcosa attraverso i miei libri
, ha detto, forse siete voi che vi date da soli la risposta, io vi fornisco i mattoni, il lavoro lo fate voi.
Una lettura spartiacque
C'è un libro in particolare che abbia cambiato la vita ai due autori?
Stine ha ricordato l'episodio della biblioteca, sempre accennato all'incontro stampa. Quando era piccolo leggeva soltanto fumetti. Allora la bibliotecaria, che aveva imparato a conoscerlo, un giorno lo aspettava e gli disse: Bobby, ho un libro per te
e lo portò davanti allo scaffale di Ray Bradbury. Fu amore a prima lettura. Il giovane Stine riteneva che le sue storie fossero così straordinarie, immaginative, con finali sorprendenti che gli hanno cambiato la vita e influenzato la scrittura.
Turton si è illuminato al ricordo del romanzo Il dio delle piccole cose di Arundhati Roy. Non c'è nemmeno una riga che si potrebbe migliorare
ha affermato. Lo trova perfetto nella struttura e nel flusso degli eventi, non per niente l'autrice ci ha impiegato molti anni a scriverlo. Crede addirittura sia la cosa più meravigliosa in tutta l'arte. Tutti gli scrittori potrebbero smettere di scrivere dopo quel libro. Ancora oggi continua a inseguire l'emozione che ha provato leggendolo, anche se è convinto di non riuscire mai a raggiungerla. L'ha riletto in varie fasi della vita e ci ha sempre trovato cose diverse, a 21 anni si identificava nei bambini, ora si identifica nei genitori e teme tra non molto di identificarsi nei nonni.
Seguono una routine di scrittura?
Stine ha detto che per prima cosa butta giù una struttura, per Piccoli brividi sono circa venti pagine, quando comincia a scrivere deve già sapere come finisce e cosa succederà, così quando procede sa già dove vuole arrivare può godersi il viaggio della scrittura.
Anche Turton stende prima un canovaccio perché se scrivesse a braccio non potrebbe mettere gli indizi e gli snodi di trama nei punti giusti della storia. È uno scrittore lento ma non ha mai sofferto il blocco dello scrittore; avendo cominciato come giornalista non poteva permetterselo o non l'avrebbero pagato, perciò ha imparato a strutturare la stesura dei suoi pezzi e successivamente anche i romanzi.
Le domande dal pubblico
Come è stato vedersi al cinema interpretato da Jack Black? Ha chiesto una fan a R.L. Stine, riferendosi ai film di Piccoli brividi del 2015 e del 2018 dove i mostri presenti nei libri dello stesso autore prendono vita.
Mi è piaciuto molto!
ha ammesso Stine con entusiasmo, anche se all'inizio della storia il suo personaggio gli è sembrato un po' troppo cattivo. Quando la produzione si interrogava su chi avrebbe dovuto interpretare il suo personaggio, Stine l'ha chiesto al figlio Matt, ma il ragazzo gli ha risposto: Morgan Freeman. Per quanto fosse un eccellente attore non era possibile scritturarlo, perciò Stine ha chiesto alla moglie cosa ne pensasse se fosse lui stesso a interpretare quel ruolo, ma lei ha risposto che sarebbe stato troppo vecchio. Una risposta davvero spaventosa.
Nonostante questo, Stine è comunque presente in entrambi i film con un piccolo cameo.
Anche in questa occasione siamo riusciti a fare una domanda. Talvolta è proprio vero che non bisogna incontrare i propri miti, perché potrebbero distruggere tutte le nostre certezze. Oltre alle illustrazioni di Piccoli brividi, oggetto della mia domanda all'incontro per la stampa, mi è sempre piaciuta anche la frase riportata nella quarta di copertina:
R.L. Stine è americano e vive a New York. […] Il suo lettore di fiducia è il figlio tredicenne Matt.
Allora ho chiesto se ambientare le sue storie in paesini di provincia anziché in grandi città fosse un modo per far conoscere a Matt una vita più semplice e tranquilla, dato che l'autore da bambino viveva in una zona tranquilla di Columbus, in Ohio. Stine ha negato tutto, perché Matt detiene un record personale, ovvero quello di non aver mai letto nemmeno uno dei suoi libri! Una certezza ultraventennale andata in frantumi.
La scelta di non ambientare le sue storie a New York è perché ritiene che per molti ragazzini sia difficile immaginare un ambiente vasto e complesso come una grande città se non ci sono mai stati di persona. Le storie che si svolgono in un ambiente ristretto, tranquillo e più vicino alla quotidianità, risultano ancora più spaventose.
Battute a parte, è stata in realtà una vera emozione e un onore incontrare mr. Stine. Ha fornito tanti punti di riflessione sul modo di approcciarsi alla scrittura per ragazzi ed è stato un gran piacere anche conoscere mr. Turton, due persone umili e alla mano che hanno sviscerato con naturalezza un argomento difficile come la paura, trasformandolo in un dialogo tra amici. Il fragoroso applauso nato spontaneamente dal pubblico alla fine, esaltato dall'eco della chiesa, era meritatissimo per entrambi gli autori, per le bravissime interpreti e anche per Paola Barbato, che con le sue domande ha arricchito la conversazione portandola su temi a volte sottovalutati.
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