Dall'8 al 10 Novembre a Bologna si è svolta la 24esima edizione del 24FRAME Future Film Festival, dedicato al cinema di animazione, diretto da Giulietta Fara e prodotto da Rete Doc. Il festival ha portato in Italia le anteprime di lungometraggi, tra cui The Missing di Carl Joseph E. Papa (Filippine, 2024), Black Butterflies (Spagna, Panamá, 2024) di David Baute, e il film documentario Queen of the Deuce di Valerie Kontakos (Canada, 2022), nonché di Mud, di Caterina Salvadori e Mariasole Brusa, e l’episodio pilota di Guglielmo l’inventore, serie d’animazione ispirata alla storia di Guglielmo Marconi da bambino.
Tra gli ospiti, seppure a distanza, si è annoverata Searit Huluf, regista di Pixar Animation Studios, che ha tenuto un workshop Come si crea un corto in animazione e una Masterclass Pixar Talk: Self.
Proprio in questa occasione abbiamo avuto modo di parlare a tu per tu con l'autrice per parlare del suo nuovo corto animato, Self, disponibile su Disney+. Ecco l'intervista che abbiamo rivolto a Huluf.
Dopo cortometraggi come Buna e Gamer, come è nato Self? Qual è stata l'idea, l'ispirazione che ti ha portato a realizzare questo corto?
Dopo Gamer, mi sentivo affetta dalla Sindrome dell’Impostore (NdR: quando una persona attribuisce i propri successi al caso, di non meritarli), isolata anche per il COVID, e riguardo Self volevo concentrarmi sul concetto di auto-sabotaggio e del rovinare le proprie chance per sentirsi parte di una comunità.
Il personaggio principale di Self, la ragazza bambola, ha un nome?
No, non ce l’ha veramente un nome, e ad un certo punto questo appare nel corto. Non ha un senso di sé stessa (NdR: Self in Inglese), un nome, ma durante la produzione dovevamo chiamarla in qualche modo, e quindi abbiamo scelto Self, quindi possiamo dire che quello è il suo nome.
Questa ragazza/bambola sembra fisicamente molto simile a te… è stato fatto apposta o è un caso?
Volevo rappresentare le donne Etiopi come me, che hanno un look particolare, ma la gente mi vede e pensa sia un mix, e volevo rappresentare donne Etiopi come mia madre che viene dalla Regione dei Tigrè.
La bambola protagonista di Self sembra fatta di legno. Le altre invece? Sono di ottone, visto il suono di campanelli che producono, o d'oro? E cosa rappresentano?
Noi le chiamiamo Goldies, perche sono come statue d’oro, ma volevamo che fossero l’opposto di Self, che è naturale e vuota; volevamo fossero come bambole di porcellana, lucenti, liscie, dai contorni netti, completamente perfette, senza difetti. Non rappresentano un gruppo specifico di persone. Se hai presente Los Angeles, dove la gente copia il look, le ultime mode di plastiche facciali, e tutti imitano e finiscono per assomigliarsi. Volevamo sembrassero anche false.
Il film è senza dialoghi, ma con una musica evocativa: come l’avete integrata nel raccontare la storia e nel processo d’animazione?
Ho provato a scrivere il dialogo, ma sembrava artificiale; poi ho provato a usare un narratore, ma sembrava di imboccare l’audience con il messaggio. Quindi ho separato il mio essere regista dal mio essere scrittrice. Come regista devo rispettare lo scrittore, che vuole solo azione e nessun dialogo. All’inizio questo fa paura, ma stai facendo animazione, un media perfetto per non avere dialoghi. Quando l’ho proposto al team, non ci sono stati problemi; il produttore probabilmente ha apprezzato il non dover spendere per i doppiatori, ma questo ha comportato di dover dipendere dalla musica per trasmettere il messaggio e cosa prova il protagonista. All’inizio è stato difficile, perché il tintinnio è usato come un linguaggio nel film… come lo rendiamo diverso da un musical per non farlo competere con la musica? Abbiamo discusso a lungo con il sound designer, gli editor, gli animatori e il compositore per trovare il giusto equilibrio.
Hai scritto la storia e affidato al team l’arte e l’animazione, o hai avuto un ruolo anche nell’animazione e nel disegnare i personaggi?
Ho scritto io il film, ma fare un film è un lavoro di gruppo: ho lavorato con vari artisti per dare un senso all’arte, con gli editor ho avuto varie sessioni per stabilire su cosa dovesse incentrare il film; idem con gli animatori, molto scambio di idee e modifiche, per scegliere con gli editor che aspetto dovesse avere Self e l’approccio al film.
Mi sono affidata molto ai miei supervisori, tra cui Will Starling, supervisore dell’animazione, Matt Majors e Tippett Studios, che hanno fatto il lavoro di stop motion e di costruzione dei pupazzi… è stato un lavoro di gruppo, anche se io ho dato il via al progetto.
Self è un film in stop motion. Per quale motivo avete scelto questo stile di animazione?
È il primo stile che ho studiato in college, volevo tornare alle mie radici. Ho studiato alla UCLA, e lo stop motion è il motivo per cui ho scelto la carriera di animatrice. Inoltre volevo mostrare il tema del non appartenere, e quindi Self non solo non assomiglia a tutti gli altri e non tintinna come tutti gli altri, ma è addirittura animata diversamente da tutti gli altri: questo aiuta a raccontare il suo percorso di auto-sabotaggio.
In più nella Pixar, uno studo di CG, conosciamo questo medium molto bene, e volevo dare una spinta a questa tecnologia, volevo provarla.
Alcuni anime sono simili come concetto alla stop motion. Conosci il mondo degli anime, è stata fonte di ispirazione?
Non l’ho usato come ispirazione, ma adoro gli anime, sono cresciuta guardando Naruto, Sailor Moon, sto guardando Attack on Titans… Mi piacevano molto anime “femminili” come Nana e Fruits Basket. Tuttavia ho guardato molti film in stop motion come fonte d’ispirazione. Li guardavo anche da un punto di vista tecnico, li studiavo. Abbiamo deciso di animare Self 24 frame “su due” e “su tre” per mostrare la sua imperfezione, mentre gli altri personaggi in CG sono animati “su uno”, sono più fluidi. (NdR: vedete qui per un esempio filmato, ma in pratica per un'animazione a 24 frame per secondo – detti fps-, “su uno” disegnano tutti e 24 iframe, “su due” ne disegnano 24/2=12, “su tre” ne disegnano 24/3=8, e quindi si va da un'animazione 1 fluida a una 3 “a scatti”).
Ci chiedevamo, “come rendiamo l’imperfezione, qualcosa che dovrebbe essere brutto, bello?” Perché in animazione ti insegnano ad avere tutto insieme, a imitare quasi la live action, ma non volevamo questo, volevamo che Self fosse grezza, più a scatti,ma che questo fosse comunque bello. Abbiamo provato a cercare un equilibrio tra le due cose.
Se tu volessi riassumere il messaggio di Self, è “sii te stesso” o qualcos’altro?
Credo che sia l’audience a ricavare il messaggio, ne ho ricevuti tanti da molte persone. C’è chi pensa che sia a proposito dell’autostima, o della fiducia in sé stessi, e sono fiera che ci siano tutte queste interpretazioni diverse. Per quanto riguarda me, è più il dover finalmente accettare che va bene essere sé stessi, e non dover inseguire l’idea del dover essere qualcun altro in un gruppo di persone che non mi assomigliano o non la pensano come me.
Credo questo sia un viaggio continuo, Self reindossa il suo volto, ma adesso c’è una crepa, ha scelto sé stessa ma non è più la persona che era prima. E questo è importante anche per me: ha fatto bene o male a scegliere sé stessa anche se cambiata? Non lo sappiamo, è una parte della sua vita, e mi piace l’idea di lasciare questo finale aperto.
Ultima domanda. Quali sono i tuoi futuri progetti?
Ho appena terminato di dirigere un live action ibrido 2d animato. È la prima volta che lavoro con il 2d, ed è molto bello perché voglio esplorare tutti i possibili medium di animazione: Alla Pixar con la CG, poi Self con lo stop motion, ora il 2d, e sto scrivendo anche un lungometraggio live action.
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