Ho ascoltato il video girato da Andrea Viscusi sulle problematiche della fantascienza italiana.
Sul dibattito aperto dalla dichiarazione di Franco Forte, in occasione di Stranimondi, per quel che riguarda il fatto che Urania non pubblicherà più italiani, da tempo mi prudevano i neuroni. Colgo quindi il video di Andrea per sottoporvi alcune riflessioni. Sarò schematica, così non vi porto via troppo tempo.
- Il dibattito sulla decisione di Urania mi è sembrato un dibattito francamente "al maschile" e spero che capiate che cosa intendo. Da tempo quando si organizzano panel sul futuro della fantascienza gli ospiti sono maschi bianchi etero cis… (capisco che l'editoria sia in mano loro) a cui in ultimissima sede si aggrega, a mo' di bollino rosa, una donna, così… perché se no sembra brutto. È successo a Montaretto questa estate, è successo a Trieste, è successo tante volte in passato e spesso non si è neanche cercato "quella" del bollino rosa.
- Detto questo ho varie volte pensato: non mi riguarda. Questa guerra non è la mia, non è la guerra delle scrittrici (Virginia Woolf proteggimi!). Ma non è così. Perché mi ribolle il sangue a pensare come l' "altra" metà della fantascienza non sia per niente nella mente di chi discetta. Non entra nei ragionamenti dei maschi (come altro apostrofarli?) che pensano di risolvere tutto con il maschile sovraesteso. Mentre invece la metà "prima" avrebbe tutto da guadagnarne a ragionare con l' "altra" metà (non siamo aventiniane!).
- La scena letteraria non tiene in nessun conto la narrativa di fantascienza. Vero. Ha ragione Viscusi. Vedi recensioni (irrisorie) su quotidiani nazionali, vedi premi mainstrem (non pervenuti), anche se recentemente abbiamo i saggi di Nicoletta Vallorani su doppiozero e un numero della rivista Filosofia sulla fantascienza, ma certo è un ago nel pagliaio. Ma, l'"altra" scena ha sempre ragionato diversamente. Da sempre il femminismo, accademico e come movimento, ha intrattenuto rapporti fecondi con la fantascienza intrecciando una riflessione comune sullo stato del presente e sull'avvenire del mondo. Per quel che riguarda l'Italia, riviste come "DWF" e "Leggendaria" hanno dedicato ripetuti lavori a questo intreccio sentendolo parte del proprio dibattito. E riviste online guidate da donne come Vitamine Vaganti diretta da Maria Pia Ercolini o Vortex/Machina (DeriveApprodi) diretta da Anna Curcio, hanno pubblicato spesso saggi di fantascienza femminista come quelli di Laura Coci, Angelica De Palo e anche miei.
E allora perché questa "altra" scena fatica a entrare nelle menti dei fantascientisti?
- Questo ha a che fare con una questione che invece è assai poco discussa nel dibattito seguito all'abbandono di Urania della sf italiana. Quello delle tematiche affrontate e messe a fuoco nei romanzi e nei racconti. Chi mi conosce sa la mia meraviglia e perplessità quando Urania ha pubblicato un'antologia intitolata "Coloni dell'universo": ho pensato, ma allora siamo ancora fuori dal mondo, decenni di studi decoloniali buttati nel cestino; ma certo, nell'era Trump, è possibile che quel titolo sia invece dolorosamente up to date. La questione più rilevante per me è di che cosa parlare e perché quando si scrive fantascienza e trovo che le scrittrici se la pongano con più insistenza della loro controparte maschile. Così romanzi come quello di Elena Di Fazio (Resurrezione), di Franci Conforti (Carnivori), Giulia Abbate (Il sogno di Čapek), Francesca Cavallero (Il sangue delle madri), Nicoletta Vallorani (prendete tutti i suoi romanzi di sf e non sbagliate) parlano di questioni capitali, come l'evanescenza delle nostre categorie mentali, le modalità con le quali ci nutriamo, la liberazione dal lavoro, lo sfruttamento di chi lavora, la violenza maschile e le nuove maschilità, la queerness della generazione z: tutti temi essenziali per la riflessione sul nostro posto nel mondo. Vero è che ci sono romanzi a firma maschile ugualmente rilevanti dal punto di vista del pensiero sul presente… e però…
Dario Tonani ha scritto una riflessione su come maneggiamo la morte (un temone dunque) e il suo romanzo è stato appiattito da una ricezione che lo ha semplificato e definito una distopia, l'ennesima, raschiando il fondo di un barile che sembra senza fondo. Andrea Viscusi ha scritto un romanzo che parla di come gli istituti di istruzione possano essere funzionalizzati a sostenere un regime antidemocratico (che cosa c'è di più attuale?) e Andrea stesso ha dichiarato di non aver incontrato il riscontro che pensava.
E così via. Dunque?
- Dunque quello che penso è che la contaminazione è la via. Cultura alta e cultura bassa, mainstream e margine, perché le soggettività non conformi hanno uno sguardo sul mondo in grado di allargare i confini e sovvertire le regole del gioco.
- Mentre ha ragione Andrea Viscusi quando suggerisce che chi scrive fantascienza non si deve accontentare ma aspirare a un'editoria fuori dalla bolla. Ha ragione da vendere. Se è vero che Urania è fantascienza è ancora più vero che la fantascienza non è Urania, cioè non coincide con i suoi limiti e confini e che se Urania non pubblica più italiani (anche qui perché Forte ha usato un maschile sovraesteso o Urania pensa di continuare a sfruttare le scrittrici?), chi se ne importa, chi ci rimetterà è Urania stessa. C'è un mondo là fuori e chi scrive può volare.
E però, Andrea, non si può sentire quella frase "stanno utilizzando i nostri spazi!". Da sempre scrittrici e scrittori hanno abbattuto i confini dei generi letterari: vengo da una giornata all'università di Cosenza dove Franco Ricciardiello ha intrattenuto l'auditorio con una magnifica lezione su Fantascienza, fantastico, postmoderno: contaminazioni. Anzi quello che penso è che penne del calibro di quelle menzionate da Franco abbiano ampliato i nostri spazi piuttosto che sottrarceli.
Si tratta "soltanto" di andarceli a prendere… ma le tematiche esplorate devono essere all'altezza!
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