Al netto dell’incensamento e dell’esaltazione del protagonista, Pissarro è stata sicuramente una figura catalizzatrice dell’Impressionismo, soprattutto agli esordi della corrente artistica, soprattutto per il suo carattere aperto e gioviale, capace di infondere fiducia e stimolo anche agli insicuri, che muovevano i primi passi nel mondo dell’arte, un carattere che gli permetteva di fare da trait d’union fra le varie anime del movimento. Era dotato di grande carisma, da molti fu visto come il padre dell’Impressionismo (lo disse Cezanne, ma è più da riferirsi alla sua figura simbolica, che alla reale influenza). Già in questo, il documentario pecca di poco equilibrio. Per carità, giustissimo dare luce al protagonista, farlo assurgere a deus ex machina, fondamento e motore primigenio della corrente artistica, magari è eccessivo e poco veritiero. Inoltre, neanche questo è menzionato, Pissarro ebbe notevoli scontri con gli altri membri del gruppo per lo stile. È vero che amava dipingere en plein air, è vero che le pennellate partivano da moti dell’anima, ma non era affatto rapito da quel fascino per il paesaggio. A lui interessavano anche le figure, e l’impianto dei dipinti era molto ben strutturato, era contrario alla poetica del carpe diem: lui studiava, dipingeva e ridipingeva l’immagine, fino a farla diventare familiare, cosa impensabile per Monet, tanto per citare uno con cui ebbe forti scontri.

Seguiamo l’evoluzione della pittura di Pissarro dagli anni venezuelani, al suo approdo in Francia, anche attraverso le lettere, che Camille scrisse agli amici, o alla moglie Julie Vellay (figlia di un noto viticoltore, con la quale generò ben sette figli, donna che, nonostante tutte le fatiche e l’indigenza, gli stette accanto, affrontando soprattutto dolori e solo nell’ultima parte della loro vita, il riconoscimento che l’artista meritava), attraverso l’archivio conservato presso l’università di Parigi, attraverso la retrospettiva, organizzata dall’Ashmolean museo di Oxford , che ha messo in luce la straordinaria quantità di documenti di sua proprietà e attraverso le opere della mostra che si è tenuta al Kunstmuseum di Basilea. Tanti gli esperti intervistati: il curatore senior Colin Harrison dell’Ashmolean, la responsabile delle mostre Agnes Valenčak, il direttore del museo Alexander Sturgis, il direttore del Kunstmuseum di Basilea Josef Helfenstein, l’assistente alla ricerca Jelle Imkampe e l’assistente alla curatela Olga Osadtsch. Ma quella che, secondo me, spicca, anche perché priva di interessi di promozione, è Claire Durand-Ruel dell’archivio Durand-Ruel di Parigi, la quale riesce a mostrare Pissarro sia come uomo, sia come artista e non solo come “profeta”.

Nonostante, quindi, secondo me ci sia un peccato di poca obiettività, il grande merito di Nexo è quello di promuovere l’arte, sempre e comunque, in un periodo in cui di arte si parla molto, ma di vera arte si fruisce ben poco e con poca consapevolezza.

Prodotto da Phil Grabsky con Exhibition on Screen, Pisarro. Il padre dell'impressionismo, diretto da David Bickerstaff, il documentario rimarrà nelle sale solo il 19 e il 20 novembre 2024.