Nell’Irlanda di metà degli anni 80 Bill gestisce con fatica e tanta dignità un’attività di rivendita di carbone. Ogni giorno ne carica i pesanti sacchi e li porta ai suoi clienti, tra i quali il convento locale, con realtiv scuola e Casa Magdalene. Volente o nolente, non può non notare le ragazze che lavorano nell’annessa lavanderia, alcune delle quali dell’età delle maggiori delle sue figlie, dedite tristemente al lavoro, portate lì a forza dai loro genitori per scontare la loro “vergogna”. Ma Bill, per quieto vivere, fa finta di niente. Lui deve pensare alla famiglia, alle bocche da sfamare e deve chiudere anche le orecchie alle grida di sofferenza che sente, perché le suore, guidate da Suor Mary, sono tanto potenti, il cuore dell’economia locale.
Di contro, anche lui però ha un passato doloroso, che ha dei punti di contatto con la tragedia di quelle ragazze. Una condizione che pungola ogni giorno la sua coscienza, ponendolo davanti alla scelta di non guardare più dall’altra parte.
Piccole cose come queste (Small Things Like These), diretto da Tim Mielants (Peaky Blinders), è tratto dalla novella della scrittrice irlandese Claire Keegan, pubblicata in Italia con il titolo Piccole cose da nulla da Einaudi. Non narra la storia di un eroe contro i mulini a vento, ma di un uomo che, pur con una decisione tormentata, fa ciò che ritiene giusto, da uomo retto che, al contrario di molti bigotti della sua stessa comunità, segue l’insegnamento di Gesù “Tutte le cose che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi dovete farle a loro” (Matteo 7:12). Ovvero dalla passività di chi si limita a farsi i fatti propri, a non fare per non sbagliare, per non compromettere gli equilibri, passa all’azione, alla luce della consapevolezza di ciò che affiora dal suo passato.
Tim Mielants poggia il suo racconto sul granitico volto di Cillian Murphy, i cui silenzi sono più espressivi di mille dialoghi, ma anche sulla sottrazione. Decide di adottare il punto di vista di Bill in modo visivo e uditivo. Non entriamo mai nel convento, ma come Bill percepiamo sprazzi di dolore sensorialmente. Dai primi e primissimi piani osserviamo il tormento di Bill, la sofferta meditazione. Il dettaglio sulle mani sporche di carbone, che Bill cerca disperatamente di esfoliare, quasi a cercare di togliersi dalla pelle ciò che vede, è l’espressione del suo percorso umano.
Di contro, lo sguardo su Suor Mary è freddo e distaccato come il personaggio. Emily Watson ne restituisce la logica freddezza con piglio deciso e autorevole.
Piccole cose come queste, a dispetto del titolo, è tutt’altro che un piccolo film, nonostante il suo minimalismo. È altresì un racconto di un periodo storico in cui il dominio delle Case Magdalene in Irlanda ha cominciato a scalfirsi, grazie a chi ha deciso di non girarsi dall’altra parte, anche se fu poi negli anni ’90 che i dettagli più agghiaccianti vennero a galla.
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