Bentrovato Andrea e grazie per le chiacchere insieme; andiamo al punto: ci parleresti del tuo ultimo romanzo.
Con I campioni dell’inferno spariglio un po’ le carte rispetto ai miei romanzi precedenti.
In passato ho usati sfondi mitici, o comunque lontanissini nel tempo, in cui le divagazioni fantastiche erano in qualche modo plausibili, edulcorate dall’essere situate appunto in epoche avvolte dal mistero.
Nella storia appena sfornata, viceversa, lo scenario storico è preciso, quello dell’antica Roma ai tempi del suo massimo splendore, durante il regno di Traiano, e dunque non potevo permettermi troppe libertà nel descriverla. Nomi, località, personaggi sono inseriti in un contesto verificabile. I nomi di consoli, magistrati e via dicendo sono reali, e i protagonisti si muovono lungo le vere vie della Roma imperiale, a cavallo tra il Colosseo, la grande caserma gladiatoria del Ludus Magnus, la via Appia e i vicoli della Suburra.
Proprio per questo, scrivere una storia di spada e stregoneria è stata una sfida divertente. Ancor più, legarla al lato oscuro di quel mondo: la frenesia dei giochi nell’arena, l’ebbrezza per il sangue, l’abitudine alla morte sulla sabbia. Un’epoca dove era normale possedere schiavi, scommettere sulla vita altrui, divertirsi osservando uomini che si uccidono l’un l’altro.
In tutto questo, ho inserito la magia, gli dèi, il tema del ritorno dalla morte.
Dunque atmosfere fiammeggianti e infernali?
La storia ha diversi epicentri, alcuni spettacolari, altri molti cupi. Si passa dal Colosseo gremito di folla urlante alle profondità buie dell’Ade, e l’atmosfera è spesso notturna, sulfurea. I protagonisti sono tutti, a loro modo, dei perdenti, cui però il capriccio degli dèi offre una occasione di riscatto: tornare in vita dopo la morte. Ovviamente, un simile premio ha un prezzo altissimo, e la prospettiva per chi non supera le prove necessarie è quella di finire per sempre nell’abisso più profondo dell’Averno.
Anche per questo, ho utilizzato una sorta di geografia degli inferi magmatica e crepuscolare, in grado a mio avviso di rendere visibile quel mondo fatto di cenere e ombre. Non potevano mancare, in un simile scenario, le presenze maligne. Ne cito una per tutte: Anfiarao. In antico era un eroe, inghiottito in circostanze particolari dalla terra, e diventato così titolare di un culto oracolare situato in alcune grotte della Grecia. Io ne ho fatto una sorta di vicerè dell’Ade, implacabile nel tenere i protagonisti vincolati al loro patto con gli dèi, un villain via via più odioso e temibile.
Che stile dobbiamo aspettarci da una storia simile?
Rispetto ad altri miei lavori, I campioni dell’inferno sfiora il dark fantasy. Se le influenze principali restano Robert E. Howard e i grandi dell’era pulp, qui sento di aver rubato qualcosa allo stile di Michael Moorcock. Diversi passaggi sono più semplici, più immediati, e molto spazio è dato inevitabilmente all’azione. Chi ama i combattimenti cruenti ne avrà a piene mani. In questo senso, gli ultimi capitoli contengono i passaggi più sanguinosi che abbia mai scritto!
Del resto, la penna va adattata alla storia che si scrive. Se per la storia epica de "I principi del mare" andava bene uno stile dal ritmo simile a quello del canto di un aedo, qui la scrittura è più nervosa, offre spazio a incisi che danno voce ai pensieri dei personaggi, e viene spezzata dalle accelerazioni imposte dai combattimenti.
Alcune fonti di ispirazione od opere che seguono lo stesso filone avventuroso o tematico?
Da vedere: senza dubbio, la vecchia serie di Spartacus della HBO, un vero grand guignol esagerato e spettacolare. Forse non sempre aderente al dato storico, ma indubbiamente avvincente!
Da ascoltare: un disco qualunque della band metal Ade, che coniuga sonorità estreme a testi legati all’antica Roma. Fin dal nome, si adatta benissimo al romanzo.
Da leggere: suggerisco un saggio interessante e di facile lettura, "Morte nell’arena", di Federica Guidi. Dice tutto quel che c’è da sapere su come era messa in moto e mantenuta la grande macchina dei ludi, dall’origine fino alla fine dell’Impero.
Definiresti I campioni dell'Inferno un romanzo "med-fantasy? Ci daresti una rapida considerazione sul tema?
Di sicuro il romanzo ha un'impronta med-fantasy, ma a differenza di altri miei lavori del passato, possiede anche una componente più dark. Del resto, la presenza di spettri, semidei infernali, la paura continua di morire (o morire di nuovo!) e l'incombenza di un destino oscuro, rendeva necessario calcare su sfumature più tetre rispetto a un med-fantasy "classico", dove pure gli aspetti spaventosi spesso ci sono. Quindi, in questo senso, I campioni dell'inferno è di sicuro la mia storia più tenebrosa, un mix di generi che è stato molto piacevole da scrivere.
Grazie e in bocca al lupo! Un'ultima battuta?
Preparatevi: il viaggio che ho preparato per i miei campioni infernali è tutto meno che scontato. E per rivedere la luce, dovrete toccare con mano l’abisso!
Andrea Gualchierotti, I Campioni dell’Inferno, Il ciliegio, Collana Pegaso, pagg. 244, 14€
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