Iris e Josh si incontrano tra gli scaffali di un supermercato: lei è bellissima con il suo look dai colori pastello in stile anni ’50, lui è impacciatissimo e, guardandola fa cadere tutte le arance che ha davanti, in una scena buffa ma romantica. Scatta immediatamente il colpo di fulmine e, tempo dopo, i due sono invitati a trascorrere il week-end nella mega villa sul lago di Sergey, la cui amante Kat è amica di Josh, e a un’altra coppia composta da Patrick ed Eli. Iris è nervosa perché sa di non piacere a Kat anche se non ne conosce il motivo, ma sospetta che in ballo possa esserci il suo rapporto con Josh. Le tre coppie sembrano divertirsi tra un racconto romantico e un ballo scatenato, fino a quando Iris non va da sola in riva al lago dove viene raggiunta da Sergey.

Prodotto da Zach Cregger, il regista di Barbarian, Companion è il primo lungometraggio di Drew Hancock che scrive la sceneggiatura di una storia il cui intento è prima di tutto quello di cavalcare i trend del proprio tempo. Bisogna per forza fare uno spoiler per analizzare questo film poiché uno dei due temi cardini su cui si basa il progetto di Hancock è la violenza di genere. Quindi bisogna dire che Iris è un robot preso a noleggio da Josh come fidanzata, e al quale è possibile fare qualsiasi cosa alla stregua di un oggetto. Poiché al momento dell’attivazione ha ricevuto un imprinting amoroso qualunque cosa faccia il partner Iris lo amerà incondizionatamente. La metafora non è esattamente ciò che si suol dire sottile, ma è una buona rappresentazione di quello che si intende per amore tossico, dipendenza emotiva e violenza di genere. Quando Josh si rivela per ciò che è Iris prende il controllo (in modo letterale) della propria vita, dunque da questo punto di vista Companion ha un messaggio esplicitamente diretto a tutte le vittime di una relazione tossica legate a un compagno abusante e manipolatore.

Il secondo tema fondamentale nella pellicola di Hancock è quello della tecnologia, dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale e delle sue implicazioni etiche. Non si tratta però di capire il Ghost in The Shell come nel bellissimo manga di Masamune Shirow, o farne una questione di “lavori in pelle” come in Blade Runner. Siamo già andati oltre e il tema ora è quello di un’umanità sempre più avida, sadica e mostruosa. La mancanza di etica da parte di Josh, che ha la faccia pulita del bravo ragazzo Jack Quaid, è quella di un uomo mediocre che nasconde la propria inettitudine dietro ad alibi che lo autoassolvono quando compie le peggiori azioni. Le AI che rappresentano il postumano possiedono già un’etica migliore della nostra.

Nonostante i temi siano tanti e non banali, forse ciò che convince di meno di Companion è l’aver voluto stemperare tutto in un thriller con poche sfumature, dove il lato oscuro non è mai davvero indagato, buttando il racconto in un’azione blanda più che nella riflessione. Non si tratta necessariamente di un male e l’originalità di alcune scelte anche di cast, come nel caso del bel Lukas Gage (Patrik) innamorato pazzo del cicciottello Harvey Guillen (Eli), fanno sorgere nel pubblico domande politicamente scorrette. Forse ciò che manca a Drew Hancock è una regia che non si limiti a filmare, specie se per le mani si ritrova un thriller dalle sfumature horror.