Grazie alla testimonianza delle vittime e ai resoconti della polizia è stato possibile ricostruire le gesta di un efferato serial killer che ha operato in Oregon tra il 2018 e il 2020. Si apre così Strange Darling, e con la corsa disperata di una ragazza in slow motion in un prato, ferita ed evidentemente in fuga da qualcuno o da qualcosa. Cosa sia successo ce lo racconta JT Mollner in una storia che si divide in sei capitoli, ma che comincia dal terzo, con un inseguimento in macchina tra la ragazza e un uomo che la butta fuori strada sparandole addosso con il suo fucile mentre sniffa cocaina. Lei si salva, scappa nel bosco fino a una casa isolata dove vivono due vecchi hippy. A questo punto però il tempo si riavvolge per mostrare come si sono conosciuti i due e poi torna indietro per il finale.
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Strange Darling è il quasi esordio alla regia di JT Mollner che ha girato un po’ di corti e un lungometraggio western da noi mai uscito, e anche l’esordio alla fotografia di Giovanni Ribisi che usa il 35mm, cosa che il pubblico sa grazie a un cartello a inizio film, per creare un atmosfera cult in stile anni ‘70. Il cast è ridottissimo: c’è Willa Fitzgerald vista in La caduta della casa degli Usher di Mike Flanagan, Kyle Gallner faccia nota soprattutto per Scream e Smile, ma che aveva interpretato anche il pazzo Beaver in Veronica Mars, Barbara Hershey e Ed Begley Jr nella parte dei due anziani hippy e un altro paio di comparse. C’è poi la struttura a salti temporali il cui scopo è disorientare lo spettatore e la solita storia del serial killer che cerca di uccidere la ragazza. È evidente però dopo il primo salto temporale per chi ha già visto un paio di film nella sua vita che qualcosa non quadra.
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Cosa? Attenzione da qui spoiler. JT Mollner gioca sul ribaltamento di genere e il serial killer si rivela essere la ragazza, mentre l’uomo che si è portata in camera è solo l’ennesima vittima che a un certo punto riesce a ribellarsi. Questa cosa ha innescato una grossa polemica negli Stati Uniti dove il film è uscito l’anno scorso, visto che si prende la briga di trattare un tema decisamente caldo. All’inizio della storia i due protagonisti prima di andare nel motel parlano in macchina e qui vengono fuori un paio di questioni, come il fatto che sia legittimo per una donna desiderare rapporti occasionali e, come allo stesso tempo quanto per lei sia pericoloso andare in un motel con un tizio che non conosce, su come si possano avere dei desideri di dominio o violenti (la protagonista chiede di farsi legare e strozzare), ma che è legittimo sempre dire no. Ma se, ci dice il film, fosse la donna ad essere la cattiva? Non la vittima che si ribella al suo carnefice come si è visto mille volte al cinema, ma proprio una pazza serial killer che uccide il mal capitato che si trova nel letto solo perché è fuori di testa? E se le donne approfittassero della condizione di riconosciute vittime per fare del male agli uomini?
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Strange Darlin gioca sul disagio prendendo la più classica storia horror e ribaltando i ruoli, ed è così efficace che la confusione temporale rischia di risultare una tarantinata fine a se stessa. Anche raccontata linearmente la storia viaggia così tanto sul filo del rasoio da risultare solidissima. La sola caduta di stile che fa storcere il naso e pendere l’ago della bilancia dalla parte del maschilismo più che della provocazione, è nella scena dei due poliziotti, dove la donna incapace di una scelta razionale manda tutto all’aria, liberando la serial killer che fa la vittima stuprata. A parte questa caduta di stile Strange Darlin resta un ottimo film e JT Mollner dimostra di saper creare ritmo e tensione anche quando i due protagonisti sono chiusi in una stanza. Una menzione d’onore va a Willa Fitzgerald e Mollner le ha voluto giustamente regalare una lunga e intensa sequenza finale da standing ovation.
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