Paddington (con la voce in originale di Ben Whishaw e voce italiana di Francesco Mandelli) è un adorabile orsetto, che indossa sempre un montgomery azzurro ed un cappello rosso, nato e cresciuto in Perù, che vive a Londra con la sua famiglia di umani, i Brown. Paddington, infatti, è stato adottato dai Brown dopo che zia Lucy (con in originale la voce di Imelda Staunton, in italiano di Graziella Polesinanti) l’aveva spedito a Londra dal Perù, ritirandosi nella casa di riposo per orsi. Zia Lucy ed il nostro orsetto però sono sempre in contatto e si scrivono per tenersi aggiornati.
Papà Brown (Hugh Bonneville) sta passando una sorta di crisi sul lavoro: lui, così ligio a regole ed assicurazioni, si trova a collaborare con un nuovo capo che guida l’ufficio al grido di “prendere il rischio”. Mamma Brown (Emily Mortimer, che qui riprende il ruolo nei precedenti film di Sally Hawkins) è triste. Vede ormai cresciuti i suoi bambini: la figlia Judy (Madeleine Harris), che sceglie una università lontano da casa, il figlio Jonathan (Samuel Joslin) ormai auto confinatosi nella sua camera, tra le sue invenzioni e i videogames.
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Ma ecco giungere un grande cambiamento per il nostro orsetto. Nello stesso giorno diventa un cittadino inglese grazie alla consegna ufficiale del passaporto (e ad un ombrello da vero lord inglese, dono dei vicini di quartiere) e riceve una lettera dal Perù: non da zia Lucy, ma dalla madre superiora (una Olivia Colman strepitosa) della casa di riposo per orsi. La richiesta è quella di recarsi in Perù per far visita all’anziana zia.
Quale migliore occasione per sfruttare il passaporto nuovo se non un viaggio in famiglia?
Ecco, quindi, che l’intero clan dei Brown si sposta in Perù!!
Ma c’è un colpo di scena! Appena arrivano alla casa di riposo scoprono che zia Lucy è sparita…. e allora partono tutti all’avventura per ritrovare l’amata zia orsa!
Con l’aiuto dell’affascinante ma un po’ squinternato capitano di battello Hunter Cabot (Antonio Banderas), che vive perennemente “perseguitato dai suoi avi” (interpretati tutti sempre da Antonio Banderas), e con il supporto della sua giudiziosa figlia Gina (Carla Tous), Paddington e i Brown inanelleranno una serie di avventure una più stramba dell’altra…
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Con Paddington in Perù torna al cinema l’orsetto Paddington, nato dalla penna di Michael Bond, in una pellicola che vede il debutto alla regia nel lungometraggio di Douglas Wilson, nominato ai Grammy Awards nel 2009 per il video del Coldplay Live in technicolor II, un piccolo gioiellino che se amate la bella musica e l’atmosfera colorata e “super positiva” di Paddington dovete assolutamente recuperare.
La sceneggiatura è opera di Mark Burton (Shaun vita da pecora, Wallace & Gromit), Jon Foster e James Lamont (autore del corto Paddington incontra la Regina, uscito per il giubileo di diamante della Regina Elisabetta), mentre al soggetto hanno lavorato Burton, Simon Farnaby (Wonka, del 2023) e il regista e sceneggiatore dei primi due film Paul King (nonché regista di Wonka).
Al già amatissimo cast degli interpreti originali si aggiungono Antonio Banderas (già “avventuriero” in un film per i più piccoli con il suo Barba-Burger in Spongebob – Fuori dall’acqua) e Olivia Colman (la regina ne La Favorita di Yorgos Lanthimos).
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Gli effetti speciali che danno vita all’orsetto e tutta la sua tenerezza sono ancora una volta curati dalla rinomata Framestore, con sede a Londra, in Chancery Lane, che ha lavorato anche ad Avatar, i film di Harry Potter e Animali Fantastici.
Le musiche sono di nuovo firmate dal compositore pisano Dario Marianelli, che ha lavorato anche alle colonne sonore dei film animati in stop motion prodotti dalla Laika e al Pinocchio di Garrone.
Il direttore della fotografia è ancora l’ottimo Erik Wilson, che abbiamo visto di recente illuminare, in modo “raggiante”, una Londra che, se vogliamo, è vicina a quella di Paddington: nel fanta-biografico Better Man di Michael Gracey, sulla vita di Robbie Williams.
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Paddington in Perù è un godibilissimo film adatto a tutta la famiglia. Non conosco persona al mondo che non adori l’orsetto Paddington, i suoi sandwich con la marmellata di arance, il suo cappottino azzurro o il suo cappello rosso. Diversamente dai precedenti due film, questo terzo capitolo vede la città di Londra protagonista solo per breve tempo, in quanto l’avventura è ambientata in un magico e coloratissimo Perù, terra natia del nostro orsetto. Un luogo “magico e misterioso” che rende il film più simile a Jungle cruise o Jumanji (Ad un certo punto ci son quasi rimasta male che non sia saltato fuori The Rock…). Tutto “torna alla normalità” quando invece le scene sono ambientate a casa, incluso un tenerissimo omaggio alla Regina Elisabetta che compare in foto, proprio nel giorno del suo giubileo di diamante in compagnia di Paddington mentre prendono assieme il tè delle cinque.
Gli effetti speciali, opera di Framestore, risultano molto belli: gli orsi appaiono ben integrati nelle scene e le scenografie sono sempre dinamiche e coloratissime. Bravissimo tutto il cast (un unico cambiamento rispetto ai precedenti, mamma Brown qui impersonata da Emily Mortimer).
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Le nuove avventure di Paddington riescono bene a raccontare a un pubblico molto giovane il tema della necessità, volenti o nolenti, di “lasciare il nido”. Un nido e “un’origine” a cui nell’arco di una vita intera spesso cerchiamo di tornare con la memoria, i ricordi o i “fantasmi”, come quelli che inseguono qui il povero Banderas. A volte questo nido “ci chiama”, al punto da farci mettere in viaggio, come fanno i Brown insieme a Paddington, verso un Perù che è sì un posto pieno di avventure, alla ricerca della zia (e forse anche di un tesoro…), ma che per il nostro orsetto rappresenta anche qualcosa di più profondo. Delle “radici nuove da scoprire”: se vogliamo una appartenenza culturale in cui “riconoscersi” come frammento importane della propria identità. Così il viaggio divertente e avventuroso di Paddington in Perù non è per molti versi dissimile dal viaggio che spesso fanno i ragazzi adottati, accompagnati dalle loro nuove famiglie, nella propria terra d’origine. In cerca di “tratti somatici”, sapori, toni di voce e modi di fare in cui “misteriosamente” riescono a specchiarsi. Un “viaggio” che gli autori sanno raccontare attraverso i personaggi e il racconto a una platea di tutte le età, in modo caloroso, sensibile e non banale, anche per merito di attori molto bravi.
Un paio d’ore di pura felicità, divertimento (Banderas e Coleman su tutti) e pace col mondo.
Questo è l’effetto stupefacente che Paddington fa alle persone. La voce di Paddington ci conferma di quanto sia bravo Francesco Mandelli a sussurrare con calma ogni parola, come solo i gentiluomini sanno fare.
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