La giovane Mei (Yaxi Liu) è immigrata clandestina alla ricerca della sorella, anch'essa immigrata tempo prima. La sorella sembra scomparsa nel nulla, e nella sua sparizione sembrano coinvolti, in misure tutte da chiarire, il boss cinese Wang (Chunyu Shanshan) e quello italiano Annibale (Marco Giallini), che dirigono entrambi su fronti diversi il traffico e la gestione di clandestini nel quartiere Esquilino di Roma.

La ricerca spasmodica di Mei la porterà nella trattoria "Da Alfredo", frequentata da Annibale, gestita da Marcello (Enrico Borello) e sua madre Lorena (Sabrina Ferilli), i quali hanno anch'essi un mistero che li coinvolge: la misteriosa fuga d'amore del proprietario della trattoria che porta il suo nome, padre di Marcello e marito di Lorena, con una prostituta cinese.

Tra misteri, fughe, scontri al cardiopalma a suon di kung-fu, non solo si risolverà il mistero, ma tra i due nascerà una storia d'amore.

La città proibita
La città proibita

La città proibita riprende alcuni degli elementi caratteristici del cinema di Mainetti. Il gusto per lo spettacolo, l'azione vibrante e piena di tensione. Aggiunge alla mistura una sensibilità a temi sociali, questa volta l'immigrazione, non solo cinese, perché l'Esquilino è popolato da varie etnie, e con alcune figure di contorno la storia cerca di farle entrare nella rappresentazione. 

Come già Il balletto dello Zingaro in Lo chiamavano Jeeg Robot e l'anacronistica versione di Creep ante-literam in Freaks Out, la narrazione di alcuni personaggi passa per momenti musicali. Scene intense, in cui vediamo i personaggi rapiti e trascinati da canzoni che, anche in quelli negativi, lasciano trasparire una punta della loro sensibilità umana, al di là della dura immagine che danno di se stessi. Momenti che, magari per un solo instante, ti portano quasi a empatizzare con Wang e Annibale, nonostante le azioni che gli abbiamo visto compiere solo qualche scena prima.

La città proibita
La città proibita

I due cattivi antagonisti sono facce opposte della stessa medaglia. Annibale sembra quasi giustificare le sue malefatte con una presunta difesa della "italianità", mentre Wang, più pragmatico per certi aspetti nei rapporti con gli italiani, è impegnato comunque a difendere il suo impero segreto, un mondo parallelo per nulla integrato nel contesto.

Se i cattivi lasciano trasparire un po' di luce nell'oscurità, fari luminosi sono certamente Marcello, "buono buono" che resta tale, senza compromessi, nonostante le prove che subisce, diventando in pratica "il fanciullo interesse amoroso da salvare", e sicuramente sua madre Lorena.

Mei inizialmente è una macchina per uccidere, disposta a tutto per perseguire la sua missione, anche perché i suoi nemici sono spietati. L'amore per Marcello le farà non solo acquisire consapevolezza, ma anche senso tattico, una capacità di visione che le consentirà di andare oltre la semplice vendetta. Il tema della politica cinese del figlio unico non è inserito per caso nella storia, solo per un incipit a effetto, ma ha una sua importanza nella costruzione del personaggio, che emergerà con forza più avanti.

Sarebbero degni di approfondimento alcuni personaggi di contorno, come l'aiuto cuoco di Marcello, o l'africano cooptato da Annibale, o ancora Maggio, il figlio di Wang. Personaggi che hanno poche battute, ma che sembrano avere una storia dietro quei brevi momenti in cui sono coinvolti nella storia principale.

La città proibita
La città proibita

I 137 minuti del film scorrono. La sceneggiatura non trascura le sottotrame e spinge lo spettatore a seguire con interesse le vicende.

Anche il comparto visivo gioca in un campionato totalemente diverso dal solito cinema italiano minimalista, ma allo stesso tempo non è un mero scimmiottamento dell'action statunitense o della kung-fu explotation, pur se non mancano le citazioni e le scene d'azione sono ben coreografate ed emozionanti. Mainetti costruisce una sua via, dosando una punta di realismo, verità e spettacolo in modo bilanciato. Una sorta di personale neo-non realismo, che poggia le basi su una cultura cinematografica che gli consente di passare con confidenza dal citare Vacanze Romane e i film di Bruce Lee nello stesso film senza timori reverenziali.

Gabriele Mainetti sul set di La città proibita
Gabriele Mainetti sul set di La città proibita

Anche il casting, azzeccato in ogni ruolo, sembra rispondere alla capacità di costruire una sorta di autenticità nella finzione. Yaxi Liu è esperta di arti marziali, quindi molte evoluzioni sullo schermo sono autentiche. Così come autentici appaiono nei loro ruoli Enrico Borello, Marco Giallini, Sabrina Ferilli e Chunyu Shanshan.

La città proibita è un film non meno ambizioso dei film di Mainetti, al quale va riconosciuto il merito di seguire la sua strada nonostante gli incidenti di perscorso, vedi il relativo insuccesso di pubblico di Freaks Out.

Mi auguro che a La città proibita arrida il successo ottenuto da Lo chiamavano Jeeg Robot, perché non ne merita meno.