E’ più semplice di quanto tu possa immaginare? Be’, adesso viene il bello, caro il mio scrittore. E sì, perché l’illuminazione sulla via per Damasco ti ha fornito l’argomento per la rubrica, ma te ne ha fornito uno di vastità tanto terrificante, da fare venire le gambe molli. Da dove cominci? Da chi cominci? E bada! Senza mai dimenticare l’intento: scovare la storia che c’è prima della storia, e cioè dimostrare il legame assolutamente vero che collega le narrazioni che amiamo – comunemente catalogate nel genere nuovo ed antico che chiamiamo fantasy – al mito, alla tradizione, al folklore, alla fiaba; e, in più, distinguerne gli elementi magicosimbolici e grattare via la patina d’oblio sotto la quale il Tempo li ha occultati. Ti rendi conto delle difficoltà dell’impresa, della temerarietà dell’onere assunto? Sì, credo di sì. E allora da chi ti farai aiutare, questa volta? Di nuovo dal tuo strizzacervelli preferito? O dall’orsetto Winnie?… No, meglio da K'ung fu tzu, quel vecchio signore che noi chiamiamo Confucio. A cosa può servire un Antico Saggio se non a venirti in ausilio in momenti come questo? Lui, oltretutto, ne aveva una per ogni occasione. Anche per supportare siffatti dilemmi. “Di un uomo che non si chieda continuamente Cosa debbo fare? Cosa debbo fare?, sinceramente io non saprei cosa farne”, affermò una volta. Ma disse anche: “il Saggio comincia ad agire, e le parole seguono i fatti”. Ecco sciolto il dilemma in una massima di nuovo conio: il dubbio è legittimo, ma occorre procedere.

D’accordo. Ma la domanda successiva è: da dove si parte? Seguendo l’ordine cronologico di una catalogazione più o meno convenzionale? Dall’antichità? Da Omero? Dalle favole moralistiche di Esopo e di Fedro?… O dall’ottocento, con Il bosco oltre il mondo del preraffaellita William Morris, opera intrisa di simbologie alchemiche che per più di un critico rappresenterebbe la vera nascita – o rinascita – del fantasy come genere letterario? Dai percorsi iniziatici tracciati dalla favolistica romantica di Hoffmann? O dalla heroic fantasy, con lo sword and sorcery di Howard e il filone inglese di Clark Ashton Smith, che transitando oltre oceano per Vance, Leiber, Anderson e De Camp, approderanno ai capolavori di Tolkien?

Ma forse, caro il mio scrittore, la domanda successiva non è: da dove si parte? Forse, prima, bisogna porsene un’altra. Quella relativa al campo d’azione. Il tuo campo d’azione. Perché degli autori e della simbologia contenuta nelle opere citate – e nelle infinite altre non menzionate, remote, di più recente memoria e contemporanee – si è già detto molto e anche di più. Pensaci bene: hai proprio intenzione di rifare tutto il percorso? E magari d’impantanarti nell’atavica diatriba su cosa vada fatto rientrare nel genere fantasy e cosa invece no? Non è questa la tua intenzione, vero? E allora? E allora pensa a cosa direbbe l’Antico Saggio in un’occasione come questa. Probabilmente direbbe: “non permettere alla tua mente di viaggiare troppo lontano, guardati intorno, guarda due dita davanti al tuo naso: la verità è sempre più vicina di quanto si possa immaginare”. Così direbbe. Dunque? Ci sei arrivato? Sì, direi proprio di sì. Perché lo sai benissimo, lo hai sempre saputo che, guardandoti intorno con appena un pizzico d’attenzione, l’avresti vista la soluzione; perché hai sperato, desiderato, che prima o dopo lo si trovasse quel fantomatico sentiero nascosto – molto nascosto – che il fantastico nostrano avrebbe potuto percorrere. E l’imbocco è scoperto, finalmente. Perché un fantastico italiano esiste, e non da ora. Eccome se esiste! Di nuovo c’è che, ormai, lo vedi distintamente l’imbocco di quel sentiero, che hai ancora pudore a chiamare via, lo vedi distintamente grazie all’azione costante di appassionati caparbi. Così tu lo credi, lo credi davvero che anche nelle storie – le buone storie – degli autori nostrani sia possibile distinguere le tracce della storia prima della storia e riconoscerne i simboli.

Ecco, è questo il tuo campo d’azione, sciocco di uno scrittore. Anzi, è questa la tua scommessa.