Sulle opere di John R.R. Tolkien tanto si è detto, tanto si è scritto, si dice, si scrive e si continuerà a farlo perché i suoi libri possiedono una magia intrinseca: a ogni rilettura è possibile cogliere qualche aspetto che poteva essere sfuggito all’esame precedente.
Non sempre è agevole coglierne le diverse sfaccettature perché, subito, ci si lascia travolgere dalla trama, eppure nel tessuto narrativo di questi capolavori si possono scoprire continue indicazioni per nuove chiavi di lettura e interpretazione.
Quanto segue trae lo spunto da una conferenza tenuta dalla Dottoressa Kristine Larsen, docente di Fisica e Astronomia presso la Central Connecticut State University, che con pazienza e amore si è dedicata al ponderoso progetto di raccogliere i riferimenti astronomici contenuti nell’opera del Professore e tentare di verificare se quanto narrato a proposito da Tolkien sia solo frutto della sua meravigliosa fantasia o abbia una correlazione con il mondo come lo conosciamo.
In principio...
“Esisteva Eru, l’Uno, che in Arda è chiamato Ilúvatar, egli creò per primi gli Ainur, i figli del suo stesso pensiero ed essi erano con lui prima che ogni altro fosse creato...”.
Così inizia l’Ainulindalë, il mito della creazione della Terra di Mezzo.
Gli Ainur intonarono un Grande Canto, ma uno cantò al di fuori dal coro, Melko - o Melkor, più tardi conosciuto come Morgoth - il cui perfido servitore e successore in tutto il male che si riversò sulla Terra fu Sauron.
Come in altri miti paralleli gli angeli ribelli furono sconfitti – almeno temporaneamente – e Ilúvatar creò l’Universo, Eä [Quenya: essere] seguendo l’armonia del Grande Canto.
I più grandi Ainur entrarono in Eä e furono conosciuti come Valar con Manwë alla loro guida e sua moglie, Varda, come la più grande delle loro regine.
Melkor, sconfitto ma indomito, perseguì la sua vendetta attraverso il terrore e la distruzione per molte ere successive.
In questo periodo Arda (per definizione primaria la Terra e, per estensione, l’intero sistema solare) era illuminata dalla luce di due Grandi Lampade poste dai Valar una a nord e l’altra a sud della Terra di Mezzo.
Esse furono completamente distrutte da Melkor lasciando la gran parte di Arda in un perenne crepuscolo, illuminato soltanto dalla tenue luce delle stelle che erano state create all’inizio dei tempi da Varda.
Dopo innumerevoli battaglie contro gli Ainur ribelli, i Valar rinunciarono alla lotta e si ritirarono nella parte occidentale di Arda, fondando Aman, le cosiddette Terre Benedette, la cui capitale era Valinor. Per illuminarla i Valar crearono i Due Alberi, generati dal canto di potere di Yavanna e dalle lacrime di Nienna.
“Uno, Telperion, aveva foglie verde scuro la cui pagina inferiore era come d’argento lucente, e da ognuno dei suoi innumerevoli fiori sgorgava perennemente una rugiada di luce argentea, e il suolo sottostante era maculato dall’ombra delle sue foglie ondeggianti. L’altro, Laurelin, le aveva di un verde tenero come le gemme della betulla e i loro bordi erano d’oro. I fiori sbocciavano sui rami in guisa di fiamme gialle e ognuno sembrava un corno scintillante da cui sgorgava, sul terreno, una pioggia dorata, e dai boccioli di quell’albero si propagavano calore e una grande luce”.
Intanto si avvicinava il momento in cui sarebbero giunti i figli di Ilúvatar, ma il destino dei Primogeniti era di giungere nelle tenebre e di vedere, per prima cosa, le stelle.
Varda decise di preparare loro una degna accoglienza: si allontanò dal consiglio dei Valar, vide le tenebre della Terra di Mezzo sotto le innumerevoli stelle, fioche e lontane, e pensò di realizzare la più grande opera mai compiuta dai Valar da quando erano giunti ad Arda.
Raccolse la rugiada di Telpèrion e con essa fabbricò stelle nuove e più lucenti per quando sarebbero arrivati i Primogeniti. Fabbricò Carnil e Luinil, Nénar e Lumbar, Alkarinquë e Elemmíre e radunò insieme molte delle antiche stelle collocandole come segni nel cielo di Arda: Wilwarin, Telumendil, Soronúmë e Anarríma; e Menelmakar con la sua cintura scintillante e in alto a nord, quasi a sfidare Melkor, pose una corona di sette stelle possenti che formano Valacirca, la Falce dei Valar.
Si narra che mentre Varda era intenta a completare il suo lavoro, quando per la prima volta Menelmakar sorse in cielo e l’azzurro fuoco di Helluin brillò nella nebbia ai confini del mondo, i Primogeniti si svegliarono e i loro occhi scorsero per prima cosa le stelle del cielo.
Le corrispondenze con il nostro mondo
Costellazioni e stelle
Queste grandi stelle e costellazioni create da Varda per accogliere i primi Elfi sono soltanto brandelli della fertile immaginazione di Tolkien o si possono identificare con stelle e costellazioni presenti nel nostro firmamento?
Tolkien ha sempre affermato, anche con una certa enfasi, che la Terra di Mezzo è ricalcata sul modello del nostro mondo, sebbene collocata in un’epoca anteriore a qualsiasi registrazione storica; in una lettera del 1957 scriveva: “La Terra di Mezzo non è semplicemente il nome di una terra immaginaria, priva di correlazioni col mondo in cui viviamo... suppongo di aver strutturato un tempo immaginario ma ho tenuto i piedi ben piantati sulla mia madre terra”.
Si può quindi tentare di tracciare una corrispondenza tra le costellazioni reperibili nelle opere di Tolkien e quelle riconosciute dall’Unione Astronomica Internazionale. E’ però impossibile stilarne una lista completa a causa della vastità del materiale da esaminare, come non sarà possibile esplorare tutte le differenti versioni di ciascun racconto, mito e poema ma quello che è possibile sarà gettare uno sguardo sul lussuoso e variegato arazzo stellare immaginato da Tolkien.
Cominciamo dalle stelle più brillanti, dal momento che è stato detto che esse sono le “grandi stelle” create da Varda per onorare l’arrivo degli Elfi.
Non si è mai riusciti a identificare, senza incorrere in ambiguità, le costellazioni chiamate Telumendil (Quenya: amante dei cieli) e Anarríma (Q: lama di sole) così come le stelle Ellemmíre (Q: stella-gioiello), Luinil (Q: stella azzurra), Lumbar (Q: casa d’ombra), Nénar (Q: fiamma adamantina).
Ci sono invece prove che le stelle Alarinquë (Q: gloriosa) e Carnil (Q: stella rossa) rappresentino rispettivamente i pianeti Giove e Marte (sebbene Giove venga chiamato Silindo in Quenya) visto che questi due pianeti sono tra i più luminosi oggetti celesti.
E’ stato suggerito che Luinil e Nénar rappresentino rispettivamente Urano e Nettuno, idea respinta da Christopher Tolkien poiché è difficile che questi pianeti poco luminosi possano definirsi “grandi stelle”. Più accettabile è l’identificazione di Lumbar con Saturno poiché questo è molto meno brillante di altre famose stelle citate nella lista di Tolkien.
Accantonati questi problematici membri della sfera celeste, quello che resta sono quelle stelle e costellazioni sulla cui identità pare ci siano meno dubbi:
Wilwarin (Q: farfalla) – facilmente identificabile, come dimostrato da Christopher Tolkien, con Cassiopea;
Soronúmë (Q: aquila) – può essere identificata – forse a causa del nome – con l’Aquila, sebbene ci sia da puntualizzare che nei secoli passati anche la vicina costellazione della Lyra veniva chiamata Aquila Cadens .
Morwinyon (Q: scintilla del crepuscolo) – questa stella è stata identificata da Christopher Tolkien con la brillante Gigante Rossa di Arturo o Boote, una delle più luminose del firmamento.
In un famoso passo del Signore degli Anelli, quello in cui gli Hobbit incontrano Gildor Inglorion e i suoi Elfi, Tolkien ci dà un’ampia descrizione di altri corpi celesti della Terra di Mezzo: “Lontano, alto a est sorse Remmirath e lentamente sopra la foschia sorse il rosso Borgil, luminoso come un gioiello di fuoco. Poi la nebbia venne sollevata come un velo da alcune folate di vento e apparve, sull’orlo del mondo lo Spadaccino del Cielo, Menelvagor con la sua lucente cintura".
Menelvagor (Sindarin: spadaccino del cielo) è chiaramente identificabile con il moderno Orione, chiamato in altre opere tolkieniane con il suo nome Quenya di Menelcamar.
Rammirath è stata fatta coincidere da Christopher Tolkien con le Pleiadi o le Sette Sorelle, un’identificazione che astronomicamente ha un senso.
E il rosso Borgil che si libra tra le due? Alcuni autori sono indecisi tra Betelgeuse, la spalla più bassa di Orione, e Aldebaran, l’occhio della costellazione del Toro.
Per gli astronomi la risposta potrebbe essere ovvia: è Aldebaran perché solo questa stella potrebbe sorgere prima di Menalvagor (Orione) e il suo stesso nome ha il significato di “colui che segue” (le Pleiadi) il che si adatta perfettamente alla descrizione di Tolkien.
Helluin è stata identificata, sempre da Christopher, con Sirio nel passo che narra dell’arrivo degli Elfi. Sirio è una stella bianco-bluastra, la stella più brillante del firmamento e sorge con un angolo piuttosto basso se osservato dalle latitudini nordiche. Inoltre segue strettamente il cammino di Orione nel cielo.
Esiste inoltre un altro riferimento a Helluin nei lavori di Tolkien – le prime gemme realizzate da Fëanor sono: “bianche e prive di colore, ma esposte alla luce delle stelle brillano di un fuoco blu e bianco più luminoso di Helluin”.
Non si possono esplorare le stelle della Terra di Mezzo senza parlare della costellazione tolkieniana forse più famosa, la Valacirca, ovvero l’Orsa Maggiore, la Falce dei Valar, le Sette Farfalle, le Sette Stelle sprizzate dalla forgia di Aulë – tutti nomi usati da Tolkien per la sua costellazione preferita, il Grande Carro.
Fin qui tutto sembra filare liscio. Il Professore non ha fatto altro, almeno in apparenza, che dare un nome elfico alle stelle più note, eppure non è così. Tolkien ha inserito nell'astronomia della Terra di Mezzo un “mistero stellare” non ancora risolto e, forse, irrisolvibile, la Corona di Durin. Il gruppo di sette stelle scolpito sulle porte di Moria.
Eccone il disegno originale eseguito dallo scrittore
la versione definitiva
e quella di Peter Jackson
Tolkien scrive che è visibile persino durante il giorno mentre si riflette nel Mirolago a Moria.
Nella versione letteraria della Compagnia dell’Anello, Gimli, Frodo e Sam si attardano a guardare il suo riflesso prima di abbandonare le Miniere dopo la morte di Gandalf.
Molti hanno identificato la Corona di Durin con l’Orsa Maggiore, il più ovvio gruppo di sette stelle visibile a settentrione. Superficialmente la cosa potrebbe avere un senso dal momento che si tratta di un gruppo di stelle circumpolare e potrebbe, in teoria, essere sempre visibile se uno potesse vedere le stelle anche di giorno, ma la forma non è assolutamente quella rappresentata sul cancello di Moria che, invece potrebbe meglio identificarsi con la costellazione Corona Borealis.
Questo gruppo di stelle ha una qualche rassomiglianza con l’immagine sulla porta (se capovolta) ed è anch’essa composta da sette stelle.
Ma le ipotesi non si fermano a questo punto, la Corona di Durin potrebbe essere stata immaginata pensando a Cepheus, il Re.
Si tratta di un’altra costellazione circumpolare settentrionale che si trova sia vicino a Cassiopea che all’Orsa Maggiore... purtroppo Cepheus conta solo cinque stelle importanti.
Il mistero non ha apparentemente soluzione e sembra impossibile effettuare una correlazione con costellazioni realmente esistenti. Forse questa volta il Professore ha sbrigliato la propria fantasia?
Il sole e la luna
Ora che la maggior parte delle stelle citate sono state identificate, torniamo ai due astri a noi più noti: la Luna e il Sole.
Come si è detto, i Due Alberi di Valinor vennero definitivamente distrutti Da Melkor. Ognuno di essi, però, produsse un singolo fiore o un frutto che vennero religiosamente raccolti dai Valar e messi in vasi particolari per impedire che il loro fulgore si disperdesse.
Varda pose queste due nuove luci nel cielo illuminando così la Terra di Mezzo sia per gli Elfi esiliati che per la nascente razza degli Uomini.
“Isil lo Splendore, così anticamente i Vanyar chiamarono la Luna, fiore di Telperion sbocciato a Valinor; e il Sole lo chiamarono Anar, il Fuoco Dorato, frutto di Laurelin. Ma i Noldor li chiamavano anche Rána il Caparbio e Vása il Cuore di Fuoco, che ridesta e consuma perché il Sole è stato posto come un simbolo del sorgere degli Uomini e del declino degli Elfi, ma la Luna serba amorosamente la loro memoria”.
La fanciulla che i Valar scelsero tra i Maiar (un Ainur di grado inferiore rispetto ai Valar) per guidare il vascello del Sole era chiamata Arien, e Tilion era colui che guidava quello della Luna.
“Isil fu il primo a essere terminato e per primo si levò nel regno delle stelle e fu il più anziano delle nuove Luci così come Telperion lo era stato degli Alberi.Fu così che per un certo periodo il mondo venne illuminato dalla luce lunare, molte cose crebbero e si risvegliarono dal sonno nel quale le aveva indotte Yavanna. I servi di Morgoth rimasero sbigottiti ma gli Elfi delle Terre Esterne guardarono in alto felici; e mentre la Luna sorgeva sulle ombre dell’est, Fingolfin fece squillare le sue trombe d’argento e iniziò la sua marcia entro la Terra di Mezzo e le ombre del suo seguito si allungavano nere davanti a lui. Tilion aveva attraversato il cielo per ben sette volte e si trovava nel punto più remoto dell’oriente quando il vascello di di Arien fu pronto. Allora Anar sorse in tutta la sua gloria e la prima alba del Sole assomigliò a un immenso incendio...".
All’inizio dei tempi il Sole e la Luna sorgevano entrambi da ovest e tramontavano a Est, esattamente all’opposto di quanto accade in astronomia.
Tolkien continua: “Ora lo scopo di Varda era che i due vascelli transitassero in Ilmen e fossero continuamente in volo ma non insieme; ognuno dei due doveva andare da Valinor verso l’est e ritornare, uno sbucando fuori da ovest mentre l’altro tornava da est... Ma Tilion era caparbio, non teneva mai la stessa velocità e non seguiva l’itinerario stabilito; cercava di avvicinarsi ad Arien, attirato dal suo splendore nonostante la fiamma di Anar lo ustionasse tanto che l’isola della Luna ne fu annerita”.
In questo scenario primordiale non esistono né notte né giorno, una delle due grandi lampade era costantemente sospesa nel cielo.
Continua il Silmarillion: “A causa della caparbietà di Tilion, e soprattutto per via delle preghiere di Lórien e Estë, che dicevano che sonno e riposo erano stati banditi dalla Terra e persino il brillio delle stelle era stato eclissato, Varda cambio il proprio progetto e concesse un tempo durante il quale il mondo potesse godere dell’ombra e della penombra...”
Quindi Varda comandò alla Luna di cambiare il suo percorso passando sotto la Terra per sorgere da est ma solo dopo che il Sole fosse disceso dal cielo. Ma il solito “...Tilion procedeva con il suo passo ineguale ed era sempre attirato da Arien, come sempre sarà, così che spesso entrambi possono essere visti insieme splendere sopra la Terra, o che a volte egli le si accosti così tanto che la sua ombra soffoca il suo splendore e l’oscurità piomba nel bel mezzo del giorno”.
Con un unico mito Tolkien fornisce la spiegazione per i movimenti della luna in relazione a quelli del sole e le fasi lunari; il “lato oscuro” del nostro satellite e le eclissi di luna.
Lo scrittore elaborò diverse altre versioni della creazione del sole e della luna, inclusa una nella quale Morgoth colpisce i due astri, causando l’eclissi e scrolla furiosamente le stelle isolate provocando le piogge di meteore.
Un’altra interessante allusione alla nascita del Sole e della Luna è stata eliminata dalla versione finale del Signore degli Anelli. Nel canovaccio Tom Bombadil descriveva se stesso agli Hobbit come un Aborigeno (nel senso latino del termine, cioè «colui che era presente sin dall’inizio») e dice: “... quando gli Elfi emigrarono a Ovest Tom era già qui, prima ancora che i mari fossero collocati al loro posto. Ha visto il Sole sorgere a Ovest e la Luna seguirlo prima che ai giorni venisse imposto un nuovo ordine. Ha conosciuto l’oscurità sotto le stelle quando essa non incuteva timore”.
Un altro mito
Nel tentativo di creare il suo proprio mondo astronomico Tolkien elabora un altro suggestivo mito, Eärendil il Marinaio.
Durante le stesse terribili ore durante le quali Melkor distrusse i Due Alberi, perse i tre preziosi Silmaril, gioielli creati dall’abilità di Fëanor e ricolmi della luce dei due Alberi.
Queste ineguagliabili gemme furono causa di gelosia, ribellioni e omicidi tra i Noldor. Alla fine uno solo di essi scampò alla distruzione e pervenne a Elwing, per metà Elfo grazie al sangue di sua nonna Luthien. Elwing sposò Eärendil, un famoso navigatore. Dalla loro unione nacquero Elrond ed Elros che furono poi conosciuti come i Peredhil cioè i Mezzelfi.
Quando i figli di Fëanor decisero di rivendicare quello che consideravano fosse loro di diritto, il Silmaril superstite, Elwing si gettò in mare per evitare che venisse predato mentre i suoi figli venivano rapiti.
Sfuggita per un pelo alla morte grazie a un intervento divino, Elwing riuscì a ritrovare in mare il suo sposo e insieme a lui, a bordo del vascello Vingilot, salpò verso le Terre Benedette per implorare presso i Valar aiuto per la Terra di Mezzo.
Nonostante Eärendil fosse un mortale e come tale gli fosse stato espressamente proibito di mettere piede nelle terre dei Valar, al suo arrivo venne accolto con parole di caldo benvenuto: “Salute, Eärendil, il più famoso di tutti i marinai, l’atteso che giunge inaspettatamente, il desiderato che arriva al di là di ogni speranza! Salute Eärendil, portatore della luce più antica del Sole e della Luna! Splendore dei Figli della Terra, stella nelle tenebre, gemma nel tramonto, fulgore del mattino!”.
Eärendil perorò la causa della Terra di Mezzo e i Valar acconsentirono di inviare un esercito in loro aiuto ma proibirono a lui e a Elwing di ritornare nelle terre dei mortali e a entrambi (e ai loro figli successivamente) venne data l’opportunità di scegliere se diventare Uomini o Elfi, scelta che sarà definitiva.
Elwing scelse per prima decidendo di unirsi ai Primogeniti, poi fu la volta di Eärendil che per amore di sua moglie accettò, sebbene a malincuore, di condivederne il destino.
Più tardi anche i loro figli sceglieranno: Elrond si unirà alla schiera dei Primogeniti mentre suo fratello Elros sceglierà di rimanere mortale fondando la grande stirpe regale da cui nascerà Aragorn.
[I Valar] poi, presero Vingilot “... lo consacrarono e lo portarono, attraverso Valinor, fino agli estremi confini del mondo dove il vascello passò attraverso la Porta della Notte e fu portato su fino agli oceani del cielo. Quel vascello era bello e meravigliosamente costruito e fu colmato con una fiamma guizzante, pura e brillante, e Eärendil il Marinaio sedette al timone, scintillante per la polvere delle gemme elfiche e il Silmaril gli fu posto sulla fronte. Lontano viaggiò in quel vascello, spingendosi fino alla vacuità delle stelle ma soprattutto lo si vedeva al mattino o alla sera, splendente durante l’aurora o il tramonto, mentre torna a Valinor dai confini del mondo”.
Si narra che quando gli Elfi della Terra di Mezzo videro per la prima volta il vascello di Eärendil sorgere a ovest, lo interpretassero come un segno di speranza e lo chiamarono Gil-Estel ovvero la Stella della Speranza e noi oggi lo chiamiamo Venere.
Venere è la stella più amata dagli Elfi e possiede proprietà speciali come Galadriel spiega a Frodo:
“E tu, Portatore dell’Anello” disse lei, girandosi verso Frodo “Vengo a te per ultimo, tu che ultimo non sei nei miei pensieri. Per te ho preparato questo” continuò sollevando una piccola fiala di cristallo che brillava a ogni movimento, cosicché sembrava che raggi di luce bianca sgorgassero dalla sua mano “in essa è raccolta la luce della stella di Eärendil, catturata dalle acque della mia fontana. Brillerà ancora di più quando la notte ti circonderà. Possa essere per te una luce guida nell’oscurità, quando tutte le altre luci saranno spente”.
Altri riferimenti
Quanti altri riferimenti astronomici è possibile reperire, anche solo con una ricerca casuale, nella vasta produzione di Tolkien?
Non è possibile produrre una lista esaustiva ma ecco alcuni degli esempi più interessanti o meglio conosciuti.
Nei Racconti Incompiuti si parla di Tar-Meneldur, più precisamente Menel dur Elentirmo – l’Astronomo, quinto Re di Númenor, il quale “amava teneramente la Terra di Númenor e quanto era in essa, ma non si curava del mare che la circondava, perché la sua mente andava ben oltre la Terra di Mezzo: era infatti innamorato delle stelle e del cielo [...]. Costruì una torre a Forostar , la regione più settentrionale dell’isola, dove l’atmosfera era più pura e da quella, nottetempo, scrutava i cieli e seguiva i movimenti degli astri.Quando successe a suo padre sul trono di Númenor, lasciò la torre e tornò alla reggia, ma sebbene fosse giudicato un re “saggio e buono” non cessò mai di rimpiangere quei giorni duranti i quali poteva arricchire la sua conoscenza dei cieli”.
Sempre nei Racconti Incompiuti si narra di Eöl l’Elfo Scuro che durante la Prima Era forgiò due spade usando il ferro proveniente da un meteorite. La prima, Anglachel, la diede a Thingol in cambio del permesso di vivere nelle foreste di Nan Elmoth; la seconda, Anguriel, la tenne per sé e più tardi gli fu rubata da suo figlio Maeglin. Anglachel venne consegnata da un riluttante Thingol a Túrin Turambar con l’avvertimento che in essa era contenuta la stessa malizia di colui che l’aveva forgiata. L’avvertimento si rivelò profetico, infatti Túrin, con essa, uccise inavvertitamente il suo amico Beleg. Nelle profezie che riguardano la Fine dei Giorni è detto che la lama sarà rivolta verso Morgoth, sostenuta dalla vindice mano di Túrin.
I nomi
Strettamente correlati all’astronomia sono anche i nomi dei personaggi del mondo di Tolkien. Per esempio Isildur e suo fratello Anarion, prendono rispettivamente il nome dalla Luna e dal Sole.
In Sindarin esistono due radici linguistiche che significano “stella”: -el e –gil ed entrambe vengono usate come parti dei nomi di molti personaggi tolkieniani.
Elrond o “Cupola Stellata”, ovvero il firmamento. Elwing, sua madre, lo chiamò così in onore di Menelrond, la cupola di stelle che Melian aveva realizzato con le gemme e l’argento che ornavano la stanza del trono di Elwë a Doriath.
Arwen, sua figlia, è chiamata Undómiel (Q.: Fanciulla della Sera) o anche Stella del Vespro, perché era la fanciulla elfica più bella vissuta nell’ultimo periodo della Terza Era.
Gilraen, “Stella Vagabonda”, era la madre di Aragorn.
Non si può non menzionare Gil-galad (Luce di Stelle o Stella Radiosa), il più grande dei Re dei Noldor della Terra di Mezzo, la cui morte durante l’Ultima Alleanza tra Uomini ed Elfi contro Sauron è narrata in versi da Sam nella Compagnia dell’Anello.
Metalli e altre sostanze
La sostanza chiamata Ithildin (S.: stella-luna) veniva realizzata dai Noldor con il rarissimo mithril, un metallo che poteva essere trovato solo nelle miniere di Moria e, di solito, veniva usato per costruire ingressi segreti o per qualsiasi altra cosa dovesse essere tenuta celata agli estranei: il suo uso è chiaro nel Signore degli Anelli poiché con essa sono contornati i cancelli d’ingresso di Moria.
L’Ithildin non va però confuso con le lettere lunari di cui si parla ne Lo Hobbit:
“Le lettere lunari sono rune, ma non si possono vedere” spiega Elrond a Bilbo e ai Nani, e continua “se guardate direttamente. Possono essere viste solo quando la luna brilla dietro di loro, e ciò che più conta è che essa deve trovarsi nella stessa fase e nella stessa stagione di quando le parole sono state tracciate. I Nani le inventarono e le scrissero con penne d’argento [...]. Queste devono essere state scritte in una notte di mezza estate e con la luna crescente, molto tempo fa”.
I calendari
L’Appendice D del Ritorno del Re contiene una dettagliata disquisizione su svariati calendari in uso nella Terra di Mezzo durante la Terza e Quarta Era. Naturalmente questi calendari contengono connessioni astronomiche quali per esempio le seguenti:
Secondo gli Elfi, il giorno solare (stabilito nei moderni calendari nel periodo di 24 ore che va da mezzanotte a mezzanotte) era chiamato ré (Q.: giorno) e andava da tramonto al tramonto è poiché gli Eldar erano il Popolo delle Stelle, questo modo di fissare il giorno ha perfettamente senso.
Al momento in cui le stelle appaiono al crepuscolo e a quello in cui impallidiscono all’alba venivano chiamati con nomi speciali: il primo era detto undómë (Q.: crepuscolo) e il secondo tindómë (Q.: crepuscolo delle stelle). Il termine Sindarin per crepuscolo era uial, diviso a sua volta nel crepuscolo serale, aduial, e crepuscolo mattutino, minuial.
Gli Eldar avevano compreso che l’anno astronomico era definito dal sole e chiamarono questo periodo coronar (Q.: giro del sole). Comunque, dal momento che gli Elfi erano così tanto vicini alla natura contavano il trascorrere del tempo basandosi sui cicli stagionali. L’anno “stagionale” era chiamato loa (Q.: crescita) era diviso in stagioni e comprendeva alcuni giorni particolari, che cadevano al di fuori di esse, per un totale di 365.
Anche i Nani si regolavano sul cielo per il loro calendario. Il primo giorno dell’anno, il Capodanno nanesco, era chiamato Giorno di Durin e corrispondeva al primo giorno dell’ultima luna crescente d’autunno.
Chi ha avuto la pazienza di affrontare questa lunga lettura si è reso conto che l’astronomia gioca un ruolo importante in tutta l’opera di Tolkien, sia in senso figurato che letterario, e se qualcuno si sentisse dispiaciuto per aver scoperto che la Terra di Mezzo è molto più reale di quanto abbia immaginato, tenga presente, come è stato già detto, che lo stesso Professore sostenne di aver creato un mondo fantastico seguendo comunque le regole che governano quello reale come lui stesso scrisse a un suo corrispondente: “Mi avete dato l’enorme soddisfazione di prendermi seriamente, tanto da farmi riflettere se questo non significhi “troppo” seriamente... Un racconto è, in ultima analisi, solo un racconto, un pezzo letterario concepito perché abbia effetti letterari... Che il metodo adottato, cioè quello di dare al suo svolgimento una sensazione di storicità, abbia avuto successo è dimostrato dal fatto che numerosi corrispondenti lo hanno considerato alla stessa maniera, cioè come se si trattasse di una cronaca di tempi e luoghi reali".
La prossima rilettura potrebbe offrire lo spunto per un’ulteriore analisi su qualsiasi altro aspetto della creazione tolkieniana, ma forse la conclusione di ogni lettura e ogni analisi è racchiusa nel commento di un oscuro ammiratore del Professore, un elettricista di Oxford talmente innamorato della sua opera da aver dato ai suoi attrezzi i nomi dei personaggi.
Trovandosi un giorno nella biblioteca della Facoltà di Inglese per alcune riparazioni notò il busto di bronzo dello scrittore. Senza esitare, l'elettricista si accostò al busto, gli passò una mano sulla spalla e disse, come se stesse parlando con una persona in carne e ossa: “Bravo, professore, sa che ha scritto proprio una gran bella storia?”.
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