Le storie delle Cronache di Narnia cominciano proprio da una serie di immagini nella testa del loro autore.
“All’inizio non c’era nessun racconto” scrisse Lewis alcuni anni dopo “solo delle forme”.
Il primo libro della serie, Il leone, la strega e l’armadio, nacque dal “quadro mentale” di un bosco innevato attraverso il quale trotterella frettolosamente un piccolo fauno dalle zampe caprine, che regge un ombrello con una mano e una pila di pacchetti con l’altra.
Il fauno immaginato da Lewis è Mr. Tumnus, la guida di Lucy Pevensie a Narnia, terra incantata di animali parlanti ed eroiche battaglie.
Prima di Narnia: Animalandia e la Seconda guerra mondiale
Il passatempo preferito di un ancor giovanissimo Clive Staples Lewis era quello di cimentarsi nella stesura letteraria di un suo mondo immaginario, Animalandia – che in seguito si trasformò nel progetto di più ampio respiro del Mondo di Boxen – abitato da nobili animali esperti nell’arte del guerreggiare, tra i quali “topi cavallereschi e conigli in cotta di maglia che ingaggiavano tenzone non contro i giganti, ma contro i gatti”.
Parte della sua immaginazione proveniva dai libri letti da bambino: gli animali parlanti di Beatrix Potter o la malvagia regina del ghiaccio di Hans Christian Andersen e il mondo dietro l’armadio, descritto da adulto, riflette gli stessi dettagli immaginari presenti nella precoce fantasia dell’autore.
Gli animali antropomorfizzati vennero trasferiti nel mondo di Narnia dando vita a indimenticabili personaggi quali il topo spadaccino Ricipì, lo scettico cavallo Bridì e, ovviamente, il grande leone Aslan.
Appassionato di mitologia, Lewis aggiunse al suo regno di animali parlanti moltissimi personaggi prelevati dalla tradizione classica inclusi fauni, satiri, centauri, driadi, naiadi e perfino Bacco, mentre dai miti norreni mutuò giganti e nani.
Anche le tradizioni medievali della cavalleria e dei cavalieri in armatura gli erano assai care: Narnia si sviluppa, infatti, in un regno dove gli ideali della Corte fioriscono sotto l’egida dei suoi re e delle sue regine, il grado di cavaliere va conquistato sul campo di battaglia ed esiste un codice d’onore da rispettare a costo della vita.
Come avversari dei suoi cavalieri narniani Lewis aggiunse anche una sorta di “Saraceni”, i Calormen, immaginati simili ai Persiani e adoratori del dio avvoltoio Tash. Prese inoltre in prestito l’idea medievale dalla belle dame sans merci e la fata Morgana dei miti arturiani per creare le sue “cattive”, la Strega Bianca Jadis e la Dama dalla Veste Verde.
Lewis era noto per essere uno scrittore “serio”, doveva infatti la sua fama a scritti di letteratura medievale e religiosa e non aveva mai pensato di scrivere qualcosa per lettori più giovani degli universitari a cui insegnava.
Quando durante la Seconda guerra mondiale i bambini londinesi vennero fatti sfollare in campagna, quattro ragazzini furono mandati a vivere a The Kilns, la tenuta dello scrittore.
In quel periodo Lewis non era ancora sposato e fino a quando la guerra “non glieli condusse” aveva avuto ben poco a che fare con i bambini; si trovò di conseguenza a dover affrontare una situazione particolare: da un lato i giovani ospiti che erano stati forzatamente allontanati dalla loro casa e dai loro genitori e, dall’altro, uno scapolo completamente a digiuno di puericultura che doveva apparire agli occhi degli stessi bambini veramente “molto vecchio” e burbero con il risultato di una reciproca soggezione.
E’ quindi probabile che l’intenzione originale dello scrittore fosse proprio quella di divertire i ragazzi che gli erano stati affidati scrivendo una versione fantastica dello loro vicissitudini.
Decise infatti di scrivere un racconto tutto per loro e scribacchiò l’inizio di una storia che aveva per protagonisti quattro fratelli – Ann, Martin, Rose e Peter – allontanati da Londra a causa delle incursioni aeree e mandati ad abitare da un vecchio professore che viveva in solitudine in campagna.
L’esperimento terminò lì, ma diversi anni dopo Lewis riprese in mano la storia e i quattro bambini – ribattezzati Lucy, Edmund, Susan e Peter – scoprono l’ingresso del magico mondo oltre l’armadio.
Come Lewis raccontò alla radio nel 1960, tutto quello che aveva in mente all’inizio era una serie di immagini; una di “una regina su una slitta”, una di “un fauno con un ombrello” e quella di “uno stupendo leone” che chiamerà con la parola turca Aslan, che vuol dire appunto leone.
Per qualche tempo lo scrittore non riuscì a concretizzarle in una storia ma, all’improvviso “Aslan fece la sua comparsa… Non so da dove venisse o perché, so solo che una volta arrivato divenne il nucleo della storia calamitandone su di sé i tasselli”.
Tutte queste situazioni contribuirono alla nascita di Narnia, complice l’intrigante domanda di una dei piccoli ospiti che voleva sapere se c’era qualcosa dietro al grosso e vecchio guardaroba in soffitta e i ricordi dell’infanzia di Lewis, quando lui e suo fratello si nascondevano dentro il vetusto guardaroba del nonno e se ne stavano a raccontarsi storie l’un l’altro, accoccolati nel buio.
Questi sono solo alcuni degli ingredienti che Lewis rimescolò – insieme agli elementi del suo credo cristiano – creando una nuova e originale ricetta.
Un piccola curiosità, l’armadio – protagonista inanimato delle Cronache – è tuttora conservato presso il Wade Center del Wheaton College di Chicago; un grosso cartello avvisa i visitatori: "Entrate a vostro rischio e pericolo. Il Wade Center non si assume alcuna responsabilità per coloro che dovessero perdersi o sparire all’interno di questo guardaroba”.
Tra fiaba e realtà
Il Leone, la strega e l’armadio fu pubblicato nel 1950 corredato dalle illustrazioni di Pauline Baynes, una giovane artista che colse esattamente sulla carta lo spirito delle immagini che Lewis aveva visto nella sua testa.
Da quel momento in poi l’autore scrisse altre storie sulle avventure dei bambini a Narnia. Nel 1951 pubblicò Il Principe Caspian e l’anno successivo Il viaggio del veliero in cui sperimentò le differenze temporali tra il nostro mondo e Narnia, un espediente che usò spesso per connotare l’insolito e l’inatteso in ogni libro della serie.
Molti accademici, o anche comuni lettori, si sono spesso chiesti se Lewis avesse o meno pianificato i sette libri delle Cronache. Lo scrittore affermò sempre di non aver programmato una saga: “Quando scrissi Il leone non immaginavo che avrei scritto altro sull’argomento; poi ho scritto Il Principe Caspian e anche in questo caso pensavo che fosse finita lì… poi ho scritto il Viaggio del veliero, giurando a me stesso che sarebbe stato l’ultimo, ma evidentemente mi sono sbagliato".
Nel 1953 scrisse La sedia d’argento e, nel 1954, Un ragazzo e il suo cavallo, ambientato nello stesso periodo del primo volume del ciclo.
Ad Aslan Lewis assegnò un ruolo fondamentale in ogni storia: nel Nipote del mago (considerato il prologo delle Cronache, sebbene sia stato redatto solo nel 1955) è colui che dà vita al mondo di Narnia con il suo canto; nel Leone, la strega e l’armadio è colui che combatte il male rappresentato dalla Strega Bianca e, nel volume finale – L’Ultima Battaglia – Aslan conclude la storia di Narnia e conduce i suoi fedeli amici in un nuovo mondo.
Ci si è anche domandati da dove derivassero le ambientazioni dei testi e l’etimologia del nome Narnia.
“Narnia” era l’antico nome di un insediamento romano sorto circa nel 300 a.C. sulle sponde del fiume Nar (oggi Nera) ed è possibile che Lewis l’abbia casualmente scoperto consultando un atlante, ma è più probabile che vi si sia imbattuto durante i suoi studi universitari. Certo è che gli abitanti dell’odierna Narni venerano una santa locale conosciuta come la Beata Lucia da Narnia e che nella cattedrale cittadina si trova un sepolcro che sembra custodire le sue spoglie.
A ispirare il paesaggio di Narnia non fu però la ridente terra umbra ma i Monti Mourne della natia Irlanda del Nord. Ammantate di rosseggiante erica e a picco sul mare, queste montagne scoscese ospitano laghi, fiumi, foreste e rovine di vecchi castelli.
Quale ambientazione migliore per Cair Paravel, la reggia dei quattro giovani re di Narnia?
“… Sugli scogli si ergeva il castello di Cair Paravel. A destra e a sinistra, una grande distesa di sabbia fine, disseminata di piccole rocce, pozze di acqua salsa e lunghe strisce di alghe, e poi, fino al più lontano orizzonte, chilometri e chilometri di onde verdeazzurre che si frangevano sulla spiaggia…”.
Clive S. Lewis una volta disse: “La gente non scrive i libri che mi piacerebbero, così me li sono scritti da solo”.
Nel farlo ha scritto romanzi che milioni di altre persone hanno voluto leggere.
Le Cronache di Narnia hanno affascinato numerose generazioni di lettori – vecchi e giovani – e per fortuna non hanno ancora perso il magico potere di catturare e intrigare l'immaginazione di chiunque inizi a leggerle.
2 commenti
Aggiungi un commentoio sono francesca de michele ho 14 anni e sono di aomm vesuviana. io credo che questo scrittore c.s.levis abbia avuo molto coraggio nel srivere questi capolavori(le cronache di narnia) a me piace questo fil, pure a mio fratello giuseppe che ha 6 anni, mia madre che ha 38 anni e mio padre che 43 anni. io infatti frequento una scuola di teatro da 4 anni a madonna dell'arco. a me piace recitae, e quindi voglio diventare attrice a quest'età, per fare dei film identici alle cronache di narnia. io spero proprio che si avveri questo mio desiderio, anche perchè ci piango sopra.
Adoro Lewis...che dire. E lo capisco, è difficile scrivere una storia che si ha in mente, ma questo autore ha avuto coraggio e ha rischiato. E non ha fallito ma ne è uscito vincitore. E non è un vincitore perché la sua opera ha fatto successo, ma semplicemente perché ha provato a fare ciò che sentiva...
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