Per Dave McKean è difficile ricordare un momento della sua infanzia in cui non stesse disegnando.
In quanto figlio unico, trascorreva molto tempo creando bozzetti tratti dai fumetti Marvel o da film o disegnando i paesaggi che lo circondavano. Suo padre, quando non era impegnato a lavorare presso una compagnia aerea, si dilettava anch’egli nel disegno, piantando i semi della creatività nella mente del suo giovane figlio.
Nel 1982 il diciannovenne Dave si iscrisse al Berkshire College of Art per perseguire quello che pensava fosse il suo sogno nella vita, diventare un grafico. Ben presto si accorse però dei limiti imposti da questa disciplina e decise di volgere la sua attenzione al perfezionamento delle tecniche del disegno. Il suo talento fu immediatamente riconosciuto da uno dei suoi tutori il quale gli commissionò alcune illustrazioni a cui si aggiunsero successive commissioni per illustrare copertine di libri e dischi.
Neil Gaiman aveva ventisei anni quando incontrò per la prima volta McKean.
Gaiman all’epoca lavorava come giornalista che aspirava a diventare autore di fumetti.
McKean aveva ventitre anni, era all’ultimo anno di università e voleva disegnare fumetti.
Si incontrarono negli uffici di una a società di vendite per telefono, i cui membri stavano finanziando una nuova antologia di fumetti, una raccolta così fresca e nuova per la quale volevano impiegare solo talenti emergenti, come certamente erano Gaiman e McKean.
Un incontro fortuito trasformatosi in un amicizia che avrebbe portato a uno straordinario matrimonio artistico tra il narratore e l’illustratore.
Nel 1986, durante il suo primo viaggio a New York, McKean si rivolse direttamente alla Marvel Comics e alla DC Comics per presentare il suo portfolio, scavalcando così le case editrici inglesi (in quel periodo c’era poca attività nel fumetto inglese). Accolto con entusiasmo, ma senza che gli fosse proposta alcuna opportunità concreta, ritornò in Inghilterra nel 1987 per cominciare a lavorare alla sua prima graphic novel, Violent Cases, scritto da Gaiman.
Quando la coppia si ripresentò alla DC, forti della pubblicazione di questa prima opera, le loro fortune ebbero una svolta, infatti venne loro commissionata la miniserie in quattro volumi Black Orchid (1988-1989). McKean liquidò così l’occasione: “non è stata difficile da ottenere, una questione di tempismo”.
Il fumetto dark che creò con Grant Morrison nel 1989, Arkham Asylum, arrivò a vendere un quarto di milione di copie. In sostanza, McKean spedì in giro per il mondo 250.000 mini portfolio dei suoi lavori, ricevendo così ulteriori commissioni.
Da allora, McKean ha creato, insieme a Gaiman, una serie di fortunate graphic novels come Signal to Noise (1992), Mr. Punch (1994), The day I swapped my dad for two goldfish (1997), racconti surreali con un piede ben piantato nella realtà. Nessuna storia di fantascienza o fantasy futuristica per Gaiman e McKean, i quali preferiscono raccontare e illustrare storie che abbiano qualcosa di concreto da raccontare e che evochino nei lettori ricordi e immagini che fanno parte dell’immaginario collettivo.
Inoltre McKean ha realizzato innumerevoli illustrazioni e copertine per fumetti, incluse quelle della serie Cages (1990-1996), scritta da lui stesso, e della fortunata e famosa serie Sandman (1989-1997) dell’amico di sempre Gaiman.
“Quando scrissi Sandman, Dave fu il mio critico migliore. Dipingeva, costruiva o modellava ogni copertina di Sandman. Sua è la faccia con cui Sandman si presentò al mondo”, ricorda Gaiman. “Una volta, ricordando una vecchia copertina di un romanzo di Alfred Hitchcock, gli suggerii di creare la copertina di Vite Brevi come un volto costruito con molte facce. Queste accadde prima che Dave possedesse un computer: lui fotografò e laboriosamente compose una testa fatta di piccole facce. In seguito gli venne richiesto di creare copertine simili da diversi direttori artistici. E così hanno fatto anche altri artisti. Mi chiedo se sanno da dove nasce.”
Negli ultimi anni il computer ha giocato un ruolo sempre più importante nel suo lavoro. Scansendo fotografie e illustrazioni o creando un’immagine da zero, McKean è un grado di distorcere e manipolare le immagini originali fino a renderle irriconoscibili. Spesso usa la tecnica di mettere le immagini fuori fuoco: “Immagino sia per creare una sorta di mistero”, spiega McKean. “Quando ogni cosa è estremamente definita, sai già cosa aspettarti, ma se i contorni sono un po’ fuori fuoco e leggermente indistinti si da’ spazio a una maggiore varietà di interpretazioni. Mi piace lasciare che sia il pubblico a indovinare”.
Tuttavia per Coraline (2002), McKean ritornò alla sua prima passione: il disegno. “Quando Coraaline fu pubblicato, mi divertii nel vedere persone che conoscevano Dave solo per il suo lavoro al computer ed erano stupite dalla semplice eleganza dei suoi disegni a penna e inchiostro”, ricorda ancora Gaiman. “Non sapevano che fosse capace di disegnare, oppure l’avevano dimenticato”.
Per The wolves in the walls (2003) McKean combinò dipinti di persone con disegni di lupi, meravigliosi e spaventosamente divertenti, e fotografie di oggetti per creare qualcosa che, come lo descrive Gaiman, “ancora una volta non era quello che mi aspettavo, niente che fosse nella mia testa, ma meglio di qualunque cosa avessi mai sognato, più bello e più potente”.
Grazie a McKean e Gaiman il fumetto si è evoluto verso qualcosa che è più vicina ad una forma d’arte che racchiude tutte le qualità che ci si aspetta di trovare in un buon film, un’opera teatrale o letteraria, unitamente a un linguaggio visivo che evidenza la stessa immaginazione e creatività che le altre espressioni visive presentano. Una fusione perfetta tra parole e immagini.
Una fusione che vedrà la sua massima espressione nel film MirrorMask, la cui storia trae ispirazione da un sogno di McKean, a cui l’amico Gaiman ha dato voce e sceneggiatura. Se prima McKean metteva i suoi disegni ai servizi di Gaiman, in Mirrormask accade il contrario.
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