Peter Gabriel</strong /> è uno che si intende parecchio di fiabe… Non a caso è stato colui che ha contribuito a divulgare, presso il vasto pubblico, uno dei più importanti saggi specializzati fra gli innumerevoli dedicati all’esegesi delle medesime: Il Mondo Incantato</strong /> di Bruno Bettelheim</strong />. Come molti ricorderanno, da questo libro Gabriel prese infatti spunto per scrivere il testo di Kiss That Frog.</strong /> Ma Peter, come abbiamo visto nell'articolo precedente, è stato anche uno straordinario creatore autonomo di favole. Pensiamo alla storia horror di Henry e Cynthia</strong /> in Musical Box, </strong />quella psichedelica della Falciatrice </strong />in I Know What I Like</strong />, oppure ancora il mondo visionario di Rael</strong /> tratteggiato in ‘The Lamb’</strong />…
E questa capacità inventiva è un dono naturale, che non si può apprendere da nessun libro. Non stupisce quindi che, per un progetto ambizioso come lo show del Millenium Dome,</strong /> sia stato chiamato in causa il favoliere più in gamba della storia del rock… Al di là di quel che può apparire a prima vista, la storia di Ovo non è solo una piacevole novelletta: a voler approfondire, emergono talmente tanti spunti, chiavi di lettura e messaggi sociali e culturali applicabili al nostro mondo reale, da poterci scrivere un libro.
Tra questi, i predominanti sono senz’altro due: uno che definirò ‘mitologico-psicanalitico’</em /> e l’altro che chiamerò, seppur impropriamente (attesa la genericità racchiusa nella parola) ‘metafisico’. </em />Riguardo al primo aspetto, ho già sottolineato in apertura come Gabriel non sia affatto digiuno in merito ai significati latenti di fiabe e miti. Riguardo al secondo, lo stile di vita che questo artista ha adottato da molti anni (il regime vegetariano, le pratiche yoga), sembra indicare che, anche sotto il profilo della ricerca ‘spirituale’, Peter si sia ‘guardato attorno’, per così dire… Del resto, si tratta di un campo in cui sono molto versate anche alcune delle sue più celebri frequentazioni, Kate Bush</strong /> in primis, la quale non ha mai fatto mistero di credere in concetti quali il karma e la reincarnazione e ha sempre dichiarato che, nella sua famiglia d’origine, oggetti di discussione quali Gurdjeff</strong /> e Ouspensky</strong /> erano pane quotidiano…
Il CD si apre con la canzone che riassume i tratti generali dell’intera vicenda di OVO</strong />, gli stessi che vengono raccontati anche nel delizioso cartoon della traccia interattiva (e che, tre volte al giorno, vengono inscenati, in maniera semplificata ma assolutamente SPETTACOLARE, nell’arena centrale del Millenium Dome</strong />). Una sorta di indice guida per l’ascolto, insomma. E i testi seguenti altro non sono che approfondimenti relativi a determinati episodi della storia. (NOTA</strong />: per ripercorrerne le tappe, seguirò la trama del CD ROM, in quanto, per esigenze di copione, la versione live del Millennium </strong />è stata alleggerita e modificata in alcuni punti).
ATTO I:</strong /> I personaggi principali della vicenda sono 6, ma la prima parte è incentrata solo su 4 di essi, 4 componenti di una tipica famiglia di un’età rurale nella antica Inghilterra e precisamente: – il padre, Theo,</strong /> capofamiglia legato alle tradizioni agricole correlate ai cicli naturali tramandati da secoli di generazione in generazione; – la madre, Beth,</strong /> comprensiva consorte legata ad un ancestrale sapere spirituale mediante il dono della divinazione esercitato attraverso lo strumento della tessitura; – il figlio, Ion, dotato di spirito illuminista e proteso verso la ricerca tecnologica al fine del miglioramento della condizione umana; – la figlia, Sofia,</strong /> figura centrale di tutta la vicenda, espressione di una femminilità sognatrice ma al tempo stesso moderna, che non solo si sceglie il proprio destino, ma che è destinata ad essere ‘l’anello di passaggio’ attraverso cui verrà operata una sintesi di cultura e di razza capace di proiettare l’umanità nel Nuovo Millennio</strong />.
E’ curioso notare come questa struttura familiare riecheggi quella di un’altra opera rock, quella scritta da Eric Woolfson</strong /> e racchiusa nel bellissimo doppio intitolato ‘Freudiana’</strong />… Se ‘leggiamo’ la famiglia di OVO</strong /> alla luce delle definizioni della famiglia ‘universale’ descritta in Freudiana, vediamo come queste le si adattino altrettanto bene e riassumano alla perfezione il ruolo psicanalitico di ciascuno dei suoi 4 componenti, a riprova del fatto che ci troviamo, come dicevo sopra, innanzi all’espressione di pure, tipiche figure archetipe.
Woolfson chiama il padre “il capo della famiglia, l’ordine e la legge”,</em /> la madre “il cuore della famiglia”,</em /> il figlio “il giovane pretendente, orgoglio della famiglia” -</em /> con evidente allusione al conflitto edipico (che porterà anche Ion</strong /> a contestare Theo</strong /> e il vecchio mondo che questi rappresenta) – e, infine, la figlia “il fiore della famiglia” </em />(come lo è anche Sofia, attraverso la quale sboccerà il futuro dell’umanità di ‘OVO’</strong />). Non so se i nomi dei protagonisti ‘Oviani’</strong /> siano stati scelti a caso, ma ritengo valga la pena di soffermarsi brevemente anche su di essi, per notare come ciascuno, senza esclusione, rechi una matrice spirituale che si interpreta da sé: – Theo </strong />non è altro che la trasposizione della parola greca 'θεός’’, ossia il ‘dio’, la ‘divinità’. – Beth</strong />, è un diminutivo che possiamo far risalire tranquillamente a Elisabeth, il cui senso viene ricondotto all’ Ebraico ‘El- hi Scebath’</strong />, col significato di “Dio, io ti giuro”, indicante, in accezione traslata, fedeltà a Dio. – Ion</strong /> è una delle numerose varianti anglofone di John, a sua volta riconducibile al nostro Giovanni, che deriva dall’ebraico ‘Jeho-Hanan’,</strong /> il cui significato è “il Signore è misericordioso”. – Sofia</strong />, infine, è anch’essa trasposizione dal Greco ‘σοφία’, che significa “sapienza”.
La vita scorre pacifica e serena in questo quadro bucolico fatto di campi ben coltivati e casette bianche invase dal sole del mattino, finché, un giorno, la romantica Sofia</strong /> incontra il quinto personaggio della vicenda, lo Skyboy, il ragazzo venuto dal cielo, appartenente ad una razza diversa ma complementare a quella di Sofia</strong />, in quanto altrettanto necessaria al mantenimento degli equilibri dei cicli naturali terrestri. Come nella migliore tradizione mitologica e ferica, l’incontro dei due avviene su un terreno ‘neutro’, in una dimensione incantata in quanto fuori dai confini abituali di entrambi: un bosco silenzioso e raccolto.
E’ inoltre presente, quale ulteriore elemento dello sfondo paesaggistico, un altro ‘topos’</em /> della tradizione favolistica: lo specchio d’acqua. Quanti eroi hanno incontrato ninfe e fate presso una sorgente o un lago, quanti amori epici sono sbocciati su quelle rive! Anche Sofia</strong /> e lo Skyboy</strong /> si innamorano, e si innamorano – ancora una volta secondo le modalità del miglior retaggio fiabesco – all’istante, mediante un classico ‘colpo di fulmine’. Del resto, persino la letteratura degli antichi Greci </strong />riteneva che il vero amore fosse unicamente quello nato a prima vista e le stesse romantiche teorie metafisiche sulle anime gemelle si basano sull’idea riconoscimento immediato della propria metà…
Ancora, secondo un cliché</em /> riscontrabile spessissimo nella mitologia e nella favolistica, l’amore dei due è osteggiato: in questo caso è il padre di Sofia</strong /> a opporsi e a cercare di dare alla figlia un marito meno ‘cosmico’ e più concretamente ’terra terra’, ossia più vicino a quell’unico mondo che Theo</strong /> conosce. Questi sceglie Sador,</strong /> il tipico contadinotto di animo semplice e affidabile, che forse avrebbe potuto costituire un solido partito secondo gli schemi di quella civiltà rurale di cui Theo</strong /> è fiero depositario, ma che ha ormai i giorni contati… Certo non rappresenta però un partito desiderabile per la moderna e anticonvenzionale Sofia</strong />, che sa bene ciò che vuole e non accetta imposizioni paterne. Siamo alla vigilia di importanti mutamenti che si respirano già nell’aria.
Anche Ion</strong /> è inquieto: sta per fare alcune scoperte rivoluzionarie e il destino è in agguato… “E’ il tempo del cambiamento e c’è qualcosa che si agita all’esterno” </em />ci ammonisce la dolce voce di Elisabeth Fraser, che scaturisce dalla terza track del disco. "E’ il tempo del cambiamento e faremmo meglio ad imparare come dire il ns addio; è il tempo del cambiamento e il vecchio mondo sta cadendo, nulla che tu possa fare può fermare l’emergere di ciò che è prossimo…”.</em /> La scena cambia e passa alla Festa del Raccolto</strong /> (con cui si apre anche lo show del Dome,</strong /> in una sarabanda di foglie, alberi fioriti, giostre, Oviani </strong />danzanti e Skyboys</strong /> volanti), che si trasformerà però in tragedia: all’improvviso scoppia un temporale i cui fulmini incendiano il granaio ove sono state riposte le derrate. Theo</strong />, nel tentativo di salvarle, perde la vita.
E’ il momento di una transizione rivoluzionaria, in cui il figlio succede al padre alla guida della comunità. E’ il momento in cui il disco pone l’accento su questo rapporto a volte tormentato e conflittuale, ma pur sempre pieno di passione. Potrebbe essere solo espressione della contrapposizione generazionale fra Theo</strong /> e Ion,</strong /> ma qui in realtà Gabriel scende sul piano personale e finisce per uscire momentaneamente dalla dimensione di fantastica di Ovo</strong /> per parlare del proprio rapporto con il proprio padre.
Per sua stessa ammissione, infatti, la canzone è nata prima dell’affare Millenium Dome</strong /> e doveva far parte del suo prossimo album solista. Come ha raccontato in conferenza stampa a Milano nel giugno 2000, “quando abbiamo iniziato a sviluppare la storia per lo show e le varie relazioni fra le generazioni della famiglia, ho pensato che forse questa canzone avrebbe potuto trovare un posto e quindi l’ho suonata a Mark</em /> [Fisher- coideatore dello show, che in passato ha lavorato all’aspetto scenico dei tour degli U2</strong />, dei Rolling Stones</strong /> e dei Pink Floyd – NdR</strong />] e siccome gli è piaciuta, è finita da un progetto</em /> [quello dell’album solista cui stava lavorando all'epoca, Up – NdR</strong />] a questo spettacolo del Dome</strong />”.</em />
Gabriel ha aggiunto che “è stato assolutamente un ‘momento molto Inglese’ quello in cui ho suonato la canzone a mio papà per la prima volta. In realtà non gli ho suonato la registrazione, ho suonato per lui al piano e penso che fosse molto commosso”.</em /> Sempre con riguardo a questa canzone, in un'intervista Peter descriveva anche un ‘dietro le quinte’ molto toccante: “Uno del cast, uno dei ragazzi che recita la parte del padre, perdette il suo e tornò nei Caraibi per il funerale, e chiese di poter suonare la canzone in quella circostanza, ed essa toccò corde assolutamente profonde di parecchia della gente che lavorava allo show. Penso che a volte quando metti energia in qualcosa che significa molto per te, allora c’è una migliore probabilità che significhi qualcosa per altre persone”.
Tornando alla genesi della canzone, Peter ha continuato a raccontare in conferenza stampa: “Mio papà ora ha 88 anni e penso sia stato un paio di anni fa che ho realizzato che stava invecchiando e che non lo conoscevo quanto avrei desiderato. Perciò ce ne siamo andati via per una settimana in un albergo nella campagna inglese e ho portato con noi un maestro di yoga, perché mio padre ha praticato yoga per quarant’anni e ho pensato che fosse un buon modo per riunirci. Ci ha insegnato un tipo di yoga in cui sono necessarie due persone e nel quale c’è molto contatto fisico (“spina dorsale contro spina dorsale, la tua contro la mia, finché il calore viene avvertito dall’altro”, recita infatti la canzone), il che è molto ‘non-inglese’! A un certo punto sono scoppiato in lacrime e ci siamo abbracciati per la prima volta come padre e figlio come non facevamo da anni”.
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