C'è una nutrita schiera di liriche prog che predilige la science fiction, ma non sempre si tratta di eventi molto lontani a venire: a volte ci si imbatte in argomenti che solo tre o quattro decenni fa potevano sembrare puro appannaggio della narrativa d'anticipazione e che ora sono invece realtà. E’ il caso di testi che parlano di viaggi umani nello spazio, come per esempio Pioneers Over C. (LP H To He Who Am The Only One, '70, titolo col quale si intende celebrare la primaria fonte di energia dell'universo, ossia la fusione idrogeno a elio) dei britannici Van Der Graaf Generator, con la sua emblematica vicenda dell'uomo alla deriva.
Altre volte ci si trova invece dinanzi a liriche che, partendo dall'attuale situazione psicosociale umana, si prefigurano come essa evolverà. Ecco allora la stravolta e torturata (anche musicalmente) proiezione dei King Crimson (21st Century Schizoid Man, LP In The Court Of The Crimson King, '69), con le sue visioni di immaginazione e spiritualità uccise. Oppure la non poi così lontana società descritta dai favolosi, geniali, primissimi Twelfth Night, a metà fra un orwelliano 1984 e lo splendido cartone di Bruno Bozzetto VIP, mio fratello superuomo. Si tratta di una parabola sullo strapotere del condizionamento dei media allo scopo di produrre conformismo e appiattimento mentale: "Tecnico, vogliamo che tu costruisca un modulo per ciascuno dei nostri lavoratori, in modo da essere sempre con loro, da pedinare le loro azioni, i loro interessi, il loro morale, il loro tempo libero… Ipnosi a circuito chiuso, psicosi indotte, nessuna forma di autoespressione, un'inclinazione all'individualismo non possiede il senso della coscienza nazionale" (da We Are Sane, LP Fact & Fiction, '82).
In certi casi l'immaginazione può vagare per altri mondi, magari sotto forma di arte figurativa, com'è per la copertina di Patchwork dei già citati Arrakeen, che riproduce un extraterrestre intento a giocare una strana partita a scacchi con quello che potrebbe essere il corrispettivo alieno di un cane. Oppure mediante la creazione di esseri magici in grado di spostare le stelle a proprio piacimento, come la Janet Planet protagonista di Modern Masquerades ('75) dei Fruup. O, ancora, tramite LP concept come Felona e Sorona ('73) de Le Orme, uno dei capolavori (e voglio sottolineare la parola capolavoro) del prog nostrano, che narra la storia di due pianeti, "uno radioso di luce, pace e amore, l'altro un minuscolo coriandolo infelice e sempre buio, con la natura sfiorita, gli animali impazziti e gli esseri in uno stato abulico-vegetativo. Ecco che l'Essere Supremo, di fronte ai sudditi che l'hanno dimenticato, ignorando quel tesoro, fonte di felicità, dirotta la cascata di luce che scaturisce dal suo sguardo, verso il pianeta triste. E per un impercettibile attimo, in cui l'Essere Supremo fa ruotare il suo sguardo di luce, i pianeti si trovano entrambi innaffiati dalla potenza di amore e vita. Ma il precario equilibrio dura lo spazio di un sorriso. Due pianeti fratelli si ribaltano improvvisamente nel gioco dell'imponderabile. E al diapason dell'attrito si annientano a vicenda".
Un altro interessante concept viene fornito dagli Ayreon, che nel doppio album Into The Electric Castle (’98), raccontano la storia di otto personaggi provenienti da altrettante ere storiche umane diverse, catapultati - in qualità di oggetti da esperimento da parte di una razza aliena. – in una dimensione basata su sogni e paure. Per tratteggiare gli otto protagonisti, Arjen Lucassen, mente del gruppo, noleggiò vecchie pellicole di serie B per studiare le caratterizzazioni di alcuni stereotipi. Da esse ricavò un Highlander (affidato alla voce di Fish), un cavaliere, un antico Egizio, un Indiano, un Barbaro, un antico Romano, un hippie e un Uomo del Futuro, da lanciare in una Cerca in cui il prezzo per tornare a casa è il dominio sui propri demoni interiori.
La passione fantascientifica può rivelarsi poi attraverso la citazione dei classici del genere, come hanno fatto i Barclay James Harvest in Nova Lepidoptera (LP XII,'78), il cui intro scandisce, in codice morse, la parola UFO, e il cui testo è un collage di titoli e frasi di novel di science fiction tratte dalla collezione del chitarrista John Lees. La stessa band, per Medicine Man (LP BJH & Other Short Stories, '71) si è ispirata al racconto di Ray Bradbury Something wicked this way comes, a sua volta, com’è noto, già una citazione dal Macbeth shakespeariano (atto IV, scena I, v.45). Lo stesso lavoro è il riferimento per l’omonimo album della band The Enid, uscito nell’83.
Echi bradburiani giungono anche dalla lontana Ungheria, dove nell’84 i Solaris (il cui nome è già un biglietto da visita indicativo) pubblicarono il loro debut album Marsbeli Kronikak ispirato naturalmente alle Cronache Marziane dello scrittore americano.
Uscendo dal prog in senso stretto, ma mantenendosi in confini spesso musicalmente molto prossimi, si può anche cogliere il tributo asimoviano dell’Alan Parson Project, rappresentato dall'album I Robot('77), ovvero, come recitano le note di copertina, "la storia del sorgere della macchina e del declino dell'uomo e un avvertimento che il suo breve dominio su questo pianeta probabilmente finirà perché l'uomo ha cercato di creare dei robot a propria immagine". Con queste prospettive, non ci resta che confidare nell’osservanza delle tre leggi asimoviane della Robotica!
Riferimenti letterari meno diretti, ma altrettanto incisivi, si possono poi individuare nella produzione dei Genesis. Certe volte si ha la sensazione che alcune loro immagini siano prese dai libri di Philip K. Dick, oppure da quelli di Clifford D.Simak. Per esempio la falciatrice parlante di I Know What I Like (LP Selling England By The Pound, '74), che presenta impressionanti analogie con quella del romanzo City, anche se l’interpretazione tradizionale riconduce l'ispirazione della lirica a un quadro della pittrice Betty Swanwick.
Sempre i Genesis raccontano – attraverso un Peter Gabriel che sul palco si mostrava con ali da pipistrello e trucco fosforescente - di un alieno che arriva sulla Terra e la trova deserta ('Watcher Of The Skies, LP Foxtrot). Tony Banks, tastierista del gruppo, così rievocava, nella splendida biografia ufficiale scritta da Armando Gallo, la nascita dello spunto: "eravamo seduti sul tetto di un edificio, a Napoli: c'era tanto sole e tanto caldo, e guardando davanti a noi, in un grande spazio di case e campi, notammo che in giro non c'era nessuno, come se tutta la popolazione avesse abbandonato il pianeta… Non a caso io impazzisco per libri come Childhood's End di Arthur C.Clarke!".
Curiosamente, la stessa idea è venuta al gruppo americano Kansas: in Nobody's Home (LP Point Of Known Return, '77), l'alieno, giunto sul nostro pianeta spinto dalla sete di sapere, e desideroso, con l'umiltà di una grande mente, di scambiare le reciproche conoscenze ("sono venuto per imparare, forse per insegnare") è disorientato davanti a questo deserto (causato – si ha la sensazione – da un disastro nucleare). Dando prova di altissima civiltà, egli si duole del fatto che – non essendo rimasto alcun superstite – le anime di questa razza non abbiano ricevuto il conforto di un canto di requiem, o di una lettura, o dell'affettuoso tributo di un monumento di pietra. Così continua a vagare di uscio in uscio (magistrale la trovata di un "toc toc" bussato sulla cassa della chitarra), in cerca di un improbabile qualcuno che gli fornisca una spiegazione.
Un altro classico è protagonista dell’ennesimo album solista di Rick Wakeman: si tratta di Journey to The Centre Of The Earth (’74), in cui è celebrato lo straordinario, omonimo racconto di Jules Verne. Il disco è registrato dal vivo perché il tastierista non poteva permettersi i costi di studio. Infatti l’etichetta contribuì solo con un finanziamento parziale e Wakeman dovette vendere o ipotecare tutto ciò che aveva per racimolare il resto. “Il giorno del concerto” – rievoca – “ricevetti addirittura un’ ingiunzione di pagamento da parte della latteria”.
L'amore per la fantascienza può infine entrare nel bagaglio di un gruppo dalla 'porta di servizio': non attraverso i testi, quindi, ma magari sotto le spoglie di un'idea per un video, o di collaborazioni con 'addetti ai lavori'. È il caso dei Marillion, che per il video di Cover My Eyes hanno immaginato future applicazioni della realtà virtuale nel campo del 'sexual entertainment' (comunque non vi troverete nessuna immagine osèe, anche se dalla spiegazione si potrebbe sospettarlo), mentre per la realizzazione dello stupendo film relativo all'album Brave ('94) si sono affidati alla grandiosa regia e sceneggiatura di Richard Stanley, noto ai cinefili per il cult movie Hardware (in cui, in un'epoca post-nucleare, il ritrovamento di un tipo di robot programmato per uccidere qualsiasi forma di vita sarà la causa di comprensibili eventi drammatici).
22 commenti
Aggiungi un commento...E gli svedesi Quatermass (nomen omen ) con Gemini e Up on the ground...
Neanche l'immenso album 'Zarathustra' del Museo Rosenbach o il bellissimo 'Dedicato a Frazz' dei Semiramis (con il giovanissimo michele Zarrillo alla chitarra, bravisso tra l'altro) o l'omonimo degli Alphataurus? Per non parlare dei Campo di Marte...
Abbiamo (o avevamo) un parco italiano ricchissimo di primizie da leccarsi i baffi.
Arti & Mestieri, i Maxophone, dalla stagione breve quanto luminosa, il "supergruppo" Carnascialia...
Ricordi benissimo.
E di là dall Oceano? Mi piacerebbe ricordare i Jefferson Airplane e in particolare il loro leader storico, Paul Kantner. Fin dagli esordi la band, attraverso lui che ne è un cultore, mostra interesse nella fantascienza, con brani quali Have you seen the saucers? o la splendida versione della Wooden Ships di David Crosby, con il suo raggelante paesaggio post - atomico. Kantner poi, in coppia con l'allora compagna Grace Slick (più tutti gli altri Jefferson e lussuosi comprimari), pubblica il leggendario e ormai introvabile Blows against the Empire, primo LP Rock ad aver vinto un Premio Hugo. In seguito, nei giorni del declino (se permettete la battutaccia, IMO la trasformazione "fantascientifica" in Starship fermò il magico volo dei Jefferson), Kantner piazzò comunque un paio di colpi vincenti: la fanta - onirica ballad When the earth moves again, dall'album Bark (primo che i Jefferson pubblicarono con la loro etichetta, la Grunt) e la cosmica, ariosa Your mind has left your body, dall'album (attribuito a Kantner - Slick e David Freiberg, ex Quicksilver Messenger Service) Baron Von Toolbooth and the Chrome Nun.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID