È una bella sensazione leggere un testo autobiografico, schietto, scritto da un autore di cui si è letto molto: è come trovarsi di fronte a una lunga lettera, tutta per sé. Forse è questa la sospensione dell’incredulità che questo libricino richiede: crederlo un dialogo intimo, la confessione di una lunga carriera.
È necessario partire dal presupposto che quanto ci dice Terry Brooks con questo A volte la magia funziona sia frutto della sincerità. Sì, perché quanto afferma sui suoi inizi non è cosa che lasci indifferenti, almeno... non ha lasciato indifferente me.
La genesi del tanto attaccato La spada di Shannara viene infine rivelata con chiarezza e quasi insulta gli inediti che tentano per anni e anni di raggiungere la pubblicazione. Dapprincipio non sorge il dubbio sulla sincerità dell’autore, perché quanto racconta sembra la confessione di un peccato. Brooks sembra dirci: «Non è stato merito mio». Ma quando entra in gioco la figura di Lester Del Rey, editore burbero e fenomenale nel contempo, ci sovviene un: «Non è stata colpa mia». A me ha fatto storcere il naso.
La verità è che La spada di Shannara è stata, al bando ogni considerazione diplomatica, una mera operazione commerciale. E non mi si dica che gli editori sono imprenditori che devono guadagnare, perché non sono semplici imprenditori, il cui unico fine è fatturare e chiudere il bilancio in utile; oltreché puntualizzazione trita e ritrita, e banale, svilisce il valore sociale della narrativa (a mio avviso tutt’oggi grande).
In questo caso, secondo me, si è andati oltre. Anche se con acume, raggiungendo cioè l’obiettivo di far entrare nelle classifiche dei best seller il genere fantasy (e questo è stato, in definitiva, una grande merito e una manna per noi appassionati, poiché è un precedente che ha sicuramente influenzato non poco le scelte del mercato statunitense e, di riflesso, quello esterofilo dell’Italia).
Detto questo, Lester Del Rey, che è in definitiva colui che ha fatto funzionare la magia, non era uno sciocco: se decise di puntare su Terry Brooks, significa che ne aveva valutato le potenzialità.
Non a caso il libricino è una lettura gradevole, che ci consegna un uomo spiritoso, che ama la scrittura e i libri in genere, dedito al proprio lavoro e tutt’altro che sconsiderato. I suoi inizi passano presto in secondo piano, quello che risalta è lo spaccato della persona che il testo ci consegna, il suo vivere immerso in due mondi paralleli, ma diversi. Poco contanto i capitoli tecnici, per quanto a volte latori di saggi consigli (non commettete l’errore, però, di acquistarlo considerandolo un manuale di scrittura creativa; non lo è). Conta il retrogusto della lettura, leggera come una chiacchierata, piacevole come la lettera di un vecchio amico: A volte la magia funziona è una testimonianza, qualcosa che finalmente mostra il volto dell'uomo Terry Brooks, cosa ben più interessante dei suoi romanzi più recenti.
Ritengo sia un libricino che nessun amante della narrativa fantasy dovrebbe mancare di leggere; appassionati e detrattori di Terry Brooks troveranno di che sollazzarsi e soprattutto, se saranno intellettualmente onesti, non potranno non riconoscere all’autore quell’umanità che è, in definitiva, il valore dei suoi romanzi più riusciti.
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