Tutto comincia con una fuga. Qualcuno corre a perdifiato in un bosco, cade, si rialza, riprende la sua fuga precipitosa. Infine sprofonda in un precipizio, e lì giace privo di sensi su un cespuglio di edera paradossa che lentamente sfigura il suo volto fino a renderlo deforme e irriconoscibile.
La storia segue l’avventura di questa creatura, muta, ignara di se stessa e del mondo. Prima osserviamo il suo lavoro nella torre in cui è stata condotta da chi l’ha salvata, poi il suo pellegrinare in terre ignote e dense di creature pericolose “alla ricerca di tre cose: un viso da mostrare al mondo senza vergogna, il mio nome e il mio passato”.
Difficile dare un giudizio su questo libro, primo di una trilogia. In effetti La ragazza della torre non prova neppure ad essere un’opera compiuta in sé: si presenta semplicemente come un’introduzione al mondo e ai personaggi che di certo saranno meglio sviluppati nei tomi successivi. L’impressione dunque è che non ci sia una vera e propria storia, e manca decisamente anche il finale. Il libro termina furbescamente “sul più bello”, come un capitolo qualunque. L’effetto che si riceve da tutto ciò è quello di una storia che non decolla mai, un’attesa snervante che le vicende narrate prendano una piega definitiva e si decidano a coagulare in una trama degna di questo nome.
Nell’impossibilità dunque di dare un giudizio sull’intreccio, non resta che concentrarsi sullo stile, che indubbiamente è assai buono. Cecilia Dart-Thornton ha una scrittura preziosa ed evocativa, che dà il meglio di sé soprattutto nelle descrizioni paesaggistiche e naturalistiche. È davvero un piacere seguirla in lunghe passeggiate per boschi oscuri popolati da molteplici creature enigmatiche e pericolose.
Il bestiario è un altro punto di forza. L’autrice si ispira a piene mani alle tradizioni popolari, ma sa ben rivisitarle. Il suo mondo è ricco dunque di numerose presenze, tra mostri assetati di sangue e gentili creature magiche, così che spesso sembra quasi di trovarsi nel bel mezzo di una favola. La sensazione è acuita anche dal fatto che di frequente i personaggi si abbandonano a raccontare storie che hanno per protagonisti uomini alle prese con creature magiche.
Bello in generale anche il mondo che l’autrice ha saputo creare, e buona l’idea di identificare lo sguardo del lettore con quello della protagonista. In tal modo lo svelamento dei segreti e delle leggi di Erith avviene totalmente tramite gli occhi della nostra misteriosa creatura. Questo stesso pregio, però, talvolta si tramuta in difetto, perché l’autrice di tanto in tanto non riesce a sfuggire al pericolo di lunghi dialoghi tra personaggi che hanno l'unico scopo di aggiornare il lettore sull'ambientazione; ad esempio, il modo in cui la protagonista viene a conoscenza di particolari circa il mondo in cui vive appare a volte forzato.
Bello anche il mondo stesso; molto stimolante l’idea dei Cavalieri della Tempesta e delle navi volanti. Convincente la spiegazione del perché e del come tali navi volino.
Meno bene andiamo sul piano dell’indagine psicologica; i personaggi sono poco approfonditi e il fatto che ci sia un continuo alternarsi dei comprimari al fianco della nostra eroina non aiuta la caratterizzazione. La stessa protagonista è appena abbozzata. Certi personaggi sono poi decisamente stereotipati. Il guerriero di cui Imrhien si innamora sembra messo lì con l’unico e solo scopo di attrarre la protagonista.
In generale, comunque, le buone premesse non mancano e quando il quadro sarà completo ne risulterà probabilmente un bel romanzo, ma quest’opera è del tutto e completamente incompiuta. Personalmente, credo che se si decide di pubblicare un libro in più tomi occorra necessariamente cercare di dare identità a ciascuno dei singoli volumi. Questo libro invece di identità non ne ha alcuna e dà l’impressione di essere un mero catalogo di fatti slegati che procedono per inerzia diretti verso il niente. Per lo più, il tutto sembra un pretesto per mostrare i vari mostri che abitano alcuni boschi di Erith e dopo un po’ il lettore si annoia leggendo peripezie tutte identiche a se stesse.
Avrebbe potuto essere un ottimo libro, se solo si fosse curato maggiormente l’intreccio. Così, l’opera genera non poca irritazione nel lettore.
Ultima nota, sarebbe stato meglio specificare da qualche parte nel libro che esso è solo il primo tomo di una trilogia: almeno il lettore avrebbe saputo cosa aspettarsi.
3 commenti
Aggiungi un commentoletta tutta la trilogia...mi è piaciuta molto!
forse un po' troppo ripetitiva nelle descrizioni, e finale un po' tagliato, meritava un altro capitolo, non un epilogo di poche pagine...tutto sommato, considerando che è la sua prima opera, mi è piaciuta veramente tanto =)
Io sono una grande fan di entrambe le scrittrici, sia Cecilia Dart-thornton (che ho scoperto recentemente) e Licia Troisi, di cui ho letto tutta la saga delle Cronache e delle Guerre del mondo emerso. Essendo un'appassionata di fantasy da sempre, ho letto anche molti altri libri di questo genere e, a parer mio, i romanzi di Cecilia Dart-thornton posseggono una caratteristica che a molti altri manca: l'originalità. Spesso, purtroppo, gli autori fantasy non fanno altro che "prendere spunto" (per non dire copiare deliberatamente, a volte) da romanzi di successo, mentre l'idea di Cecilia Dart-thornton di rivisitare antiche leggende e riportare alla luce creature e storie quasi del tutto sconosciute, si è rivelata, secondo me, un'arma vincente; parlando in particolar modo de "La ragazza della torre", invece di un susseguirsi di avventure e peripezie, fra draghi, elfi, nani, ecc ecc (di cui, ormai, ci si è un pò stufati) presenta svolte spesso inaspettate e insolite, e anche l'idea di alternare i compagni di viaggio di Imrhien è molto realistica e particolare, invece del solito viaggio di due persone che finiscono inevitabilmente con l'innamorarsi l'uno dell'altro. Una delle trovate migliori, poi, sempre secondo me, è proprio il personaggio della protagonista: deforme, muta, senza un passato nè abilità particolari, ma dotata semplicemente di una buona dose di buonsenso e una mente sveglia. E' senza dubbio un personaggio fuori dagli schemi, di cui è affascinante osservare il singolare modo di rapportarsi con gli altri, non la solita reietta priva di famiglia, o abbandonata, ma una ragazza totalmente ignara del mondo, che deve velocemente imparare a vivere, sopportando inoltre il fardello di un viso che non riesce a mostrare agli altri. Può sembrare un personaggio incompleto, a volte, ma proprio perchè anche le sue conoscenze del mondo sono incomplete. E i dialoghi che la portano a conoscere meglio Erith sono una fonte d'informazioni che il lettore beve con curiosità e voglia sempre maggiore di scoprire il funzionamento del mondo molto singolare che la scrittrice ha creato. Quanto a Thorn, l'uomo di cui si innamora Imrhien, è vero, sembra un uomo perfetto e senza difetti, un uomo di cui qualsiasi donna si innamorerebbe immediatamente: non avendo letto il terzo libro, "La signora di Erith", non so come andrà a finire la storia fra loro due, ma, a giudicare dallo stile adottato finora dalla scrittrice, mi aspetto qualche sorpresa, vista la sua piacevole imprevedibilità. Ho scoperto "La ragazza della torre" poco più di una settimana fa, e me ne sono innamorata, e anche il secondo libro, "La dama delle isole" (che al momento sto ancora leggendo) ha mantenuto le caratteristiche del primo, donando sensazione sempre diverse a seconda dei differenti ambienti in cui la protagonista viene a trovarsi; anche se rispetto molto Licia Troisi, e ho amato le sue trilogie (sono stata colpita dal fatto che la seconda si sia rivelata all'altezza della prima, se non, in alcuni casi, addirittura migliore) non mi trovo affatto d'accordo con lei sul commento de "La ragazza della torre". Io l'ho trovato un libro di rara originalità e intensità, e non mi sembra affatto incompleto; è ovvio che, essendo una trilogia, il primo libro non può essere considerato come un romanzo a sè stante, ma va esaminato nell'ambito della trilogia stessa. Questo è, ovviamente, solo il mio parere, e mi dispiace che Cecilia Dart-thornton non abbia trovato qui in Italia la stessa approvazione di altri scrittori molto meno meritevoli.
Lo stile è decisamente troppo acerbo. Molti autori alle prime armi credono erroneamente che per arricchire un racconto servano descrizioni dettagliatissime. Questa idea è sbagliata e questo libro ne è la prova concreta; a volte sembra di leggere un verbale dei carabinieri o un opuscolo dell'Ikea. Non è una narrazione evocativa, non suscita un bel niente. E scusate, ma alcune scene sono proprio descritte male, ma male male. Eventi costruiti per aria senza un minimo di logica razionale, come se a scriverle fosse stato un bambino. Ma come si può immedesimarsi in certe situazioni così paradossalmente ridicole? Una nota molto favorevole è la trama, originale e ben pensata. Peccato che lo stile narrativo non riesca a supportarla bene, è a parer mio, un capolavoro mancato.
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