È davvero raro, al giorno d’oggi, imbattersi in una saga fantasy “condensata” in un unico volume, seppure di quasi 700 pagine. Ebbene è proprio questo uno dei caratteri più originali che distingue l’ultimo romanzo di David Eddings, nell’occasione coadiuvato dalla moglie Leigh, pubblicato in Italia.
La storia ha come protagonista un ladro di nome Althalus, che si guadagna da vivere vagando per il mondo alla ricerca di facili profitti. Althalus è «un bugiardo, all’occasione un assassino, un imprudente spaccone e un uomo privo del minimo barlume di onore», ma è anche «sveglio e divertente» e sono proprio queste le doti sulle quali basa la sua sopravvivenza. Di certo però non naviga nell’oro; capita così che, in un periodo particolarmente sfortunato, Althalus decida di accettare la proposta di un individuo quanto mai ambiguo di nome Ghend. Quest’ultimo gli assicura un lauto compenso qualora il giovane ladro riesca a rubare per lui un libro molto prezioso. Il misterioso volume dimora però in un luogo altrettanto enigmatico: la Casa alla Fine del Mondo. Va da sé che la missione, apparentemente banale, finisca per rivelarsi un compito improbo, nel quale entrano in gioco forze che Althalus non è in grado di comprendere, ma che lo costringeranno ad assumere un ruolo centrale nella lotta per la salvezza del mondo intero. La sua guida, nello scontro cosmico che lo coinvolgerà, sarà l’incredibile abitante della Casa alla Fine del Mondo: Emma, una splendida gatta parlante dai poteri prodigiosi. Proprio Emma, insieme al multiforme manipolo di compagni che lo sosterranno, sarà la chiave di volta di quel cammino che condurrà Althalus verso la redenzione.
Il volume ha tutti i pregi che contraddistinguono le opere di Eddings e che lo fanno uno degli autori più letti e apprezzati ma, è doveroso sottolinearlo, qualche difetto in più.
Partendo dai primi, salta subito agli occhi come l’usuale ironia, uno dei tratti caratterizzanti lo stile di Eddings, venga addirittura accentuata e questo rende la lettura leggera, scorrevole e coinvolgente. I dialoghi, altro punto di forza del romanziere statunitense, sono piccole gemme; il ritmo travolgente al quale sono condotti, trascina in un susseguirsi di stati d’animo che finisce per riservare ogni volta piacevoli sorprese. I personaggi sono variopinti e ben caratterizzati, tanto da lasciare l’impressione che l’autore sia in grado di attingere ad una gamma infinità di umanità. Althalus poi cresce di pagina in pagina, in un processo di maturazione interiore che costituisce la cifra etica sulla quale si basa lo stesso titolo del libro, e che si svolge sotto gli occhi di un lettore il quale non può fare a meno di amarlo sempre di più e di seguire, con sempre maggior interesse, l’evolversi del rapporto, complesso e indissolubile, che lo lega a Emma.
Riguardo le note dolenti del romanzo devo dire che, in realtà, tutti i difetti sono riconducibili a uno, tanto grave però da rendere un libro, per tantissimi aspetti davvero ottimo, appena buono. Credo di aver destato la curiosità di chi legge accennando a una così terribile mancanza, molti si staranno già domandando ironicamente cosa può costituire una cicatrice così evidente da deturpare una creatura pressoché perfetta.
Non penso di esagerare nell’indicare la fonte di tanto male nella mancanza di credibilità. Operare quella sospensione dell’incredulità, elemento fondamentale affinché un romanzo fantastico possa legare il lettore alle sue pagine, risulta infatti in questo caso davvero difficile. Quella coerenza interna, quella plausibilità che distingue gran parte dei romanzi di Eddings risulta, ne La redenzione di Althalus, minata da una trama che in alcuni suoi aspetti è difficilmente amministrabile. Gestire uno scontro in cui le contrapposte fazioni sono pressoché onnipotenti, in grado di viaggiare illimitatamente nel tempo e nello spazio, di conoscere tutto quello che passa nella mente del nemico, di far apparire interi eserciti alle spalle dell’avversario in un batter di ciglia è, difatti, impresa molto ardua, che può facilmente sfociare nell’inverosimiglianza e quindi nella perdita di interesse da parte del lettore.
Questo è proprio ciò che accade in alcuni passi del libro, dove delle situazioni davvero assurde portano ad un inevitabile calo di tensione. La cosa non può non condizionare il giudizio complessivo su di un romanzo che, come tutti quelli del suo autore, mantiene comunque un alto grado di leggibilità e, soprattutto, conduce al paradossale sospetto che se la saga fosse stata diluita in più libri, la maggiore accuratezza avrebbe portato a soluzioni meno improbabili e quindi, con più spazio a disposizione, sarebbero diminuiti gli artifici.
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