“Il prezzo di una vita deve sempre essere un’altra vita”, dice il Nono Mistero: una metafora, un insegnamento ascosto, o una verità da attraversare? Con questo dubbio insinuato nel profondo dell’animo, quattro giovani universitari approfittano delle vacanze di Pasqua per gettarsi nella più grande delle avventure, quella verso l’immortalità. Per sottomettersi alla Prova si dirigono a ovest, nel deserto dell’Arizzona, alla volta di un fantomatico monastero, lasciandosi alle spalle gli agi di un rinomato campus e le baldorie che New York ha offerto loro. Inseguono forse una chimera, o una leggenda dimenticata. E’ stato Eli, il filologo ebreo newyorkese, a imbattervisi: un testo antico, in una lingua corrotta, dal titolo Il Libro dei Teschi. Lo ha tradotto e ha iniziato a credere ai Misteri che vi sono descritti, a porre fede nella possibilità che esistano tecniche che impediscano agli uomini di morire. Occorre essere in quattro per formare un Ricettacolo adatto alla Prova e allora ha coinvolto i suoi compagni: Ned, un gay dalle origini irlandesi, Oliver, il classico ragazzo della campagna statunitense, e infine Timothy superbo rappresentante dell’aristocrazia americana. Perfetto intreccio di voci narranti, quello che era iniziato come una gita nel deserto si trasforma ben presto in un personale viaggio interiore alla ricerca della propria fede nella vita.
Mi è capitato tra le mani questo romanzo, nulla di impegnativo mi sono detto, nemmeno trecento pagine. Robert Silverberg? Mai sentito prima, chissà chi è. Fazi Editore? Non mi sembra che abbia pubblicato molta fantasy.
Scopro che Silverberg è un autore di fantascienza che gode di una qualche popolarità, quindi decido di dare una possibilità a questo romanzo. E’ soprattutto il breve riassunto ad affascinarmi. Sono curioso di capire quali implicazioni fantasy e fantascientifiche possa avere un libro che ha tutta l’aria di essere un’avventura on the road attraverso gli Stati Uniti degli anni ‘70.
Nel “bugiardino” della quarta di copertina ci sono i commenti estasiati di altri autori: Eric Holstein “un libro che vi farà diventare più grandi”; Isaac Asimov “Dove va Silverberg oggi è dove andrà la fantascienza domani” (penso che il buon Isaac non abbia letto questo libro, che di fantascienza ha decisamente poco, o nulla); eccetera. Non ci credo più da tempo, ma ogni tanto mi faccio ancora plagiare...
Il genere a cui può appartenere “Il Libro dei Teschi” è l’ampio calderone che definiamo fantastico, buono per tutte le stagioni e per tutto quello di difficile collocazione.
Esoterismo, vita eterna e culti perduti sono gli aspetti fantastici di un libro che ha nella caratterizzazione dei personaggi il suo punto di forza.
Fin dalle prime pagine, mi rendo immediatamente conto che siamo di fronte a un romanzo non comune. Tutta la narrazione è in prima persona, ma le voci narranti sono quattro, quelle dei protagonisti Eli, Ned, Timothy e Oliver. Sono tutti giovani universitari, un po’ troppo intelligenti per essere completamente verosimili, ma credibilmente differenti tra loro.
La bravura di Silverberg è soprattutto quella d’immedesimarsi completamente nella soggettiva di turno. Affrontiamo quindi gli avvenimenti del libro, osservando con occhi differenti e da prospettive opposte ogni vicenda dei quattro ragazzi. Una fortunata uscita serale conclusa con sesso per tutti può esserci presentata come normale routine, amore a prima vista, sadica curiosità o fuga dalla noia, a seconda di quale sia il protagonista di turno.
Una struttura di questo tipo potrebbe frammentare esageratamente il testo, lasciando solo l’impressione di una serie infinita di monologhi ed esercizi letterali. Non è però questo il caso del “Libro dei Teschi”. Nel continuo cambio di prospettiva impariamo a conoscere in profondità non solo i quattro giovani, ma anche i complicati rapporti creatisi nel gruppo e che mutano di città in città e con il passare dei chilometri.
Con grande bravura Silverberg ci conduce verso il deserto dell’Arizzona, modificando le nostre aspettative e instillando in noi i dubbi propri dei protagonisti. Esiste veramente il tempio dei Teschi? Si può ottenere davvero la vita eterna? Il nono mistero è metaforico, oppure qualcuno dovrà morire sul serio, perché gli altri vivano per sempre? Soprattutto l’ultimo punto interrogativo avvince il lettore. La scelta degli agnelli sacrificali all’inizio della storia sembra quasi scontata, ma con il passare delle pagine la composizione del Ricettacolo muta in continuazione.
Il viaggio verso il deserto dell’Arizzona è anche un viaggio di autocoscienza e la catarsi indispensabile per ottenere l’obiettivo finale. Con un colpo di genio nel momento topico del libro, quando tutti i nodi vengono al pettine e si decidono le sorti del gruppo, Silverberg cambia di colpo stile. Non siamo più la parte attiva del romanzo, ovvero coloro che agiscono e fanno. Diventiamo di colpo gli ascoltatori che devono giudicare le confessioni dei segreti altrui. La narrazione rimane in soggettiva, ma i protagonisti di turno diventano passivi, un vero Ricettacolo. Con fatica attendiamo che il nostro interlocutore apra il proprio cuore e faccia luce sui lati oscuri della propria personalità. Lo sproniamo con i nostri silenzi, o con il giusto melange di parole e gesti. Terminata la confessione torniamo all’abituale stile narrativo che ci porta verso il finale per nulla scontato.
Come spesso accade nella realtà, le sinergie e i rapporti dei protagonisti sono dettati dalle proprie pulsioni sessuali. Inadeguatezza, timidezza, dubbio sono spine infilate in profondità nell’animo di giovani in piena maturazione. Silverberg non ha remore di affrontare un tema che, se preso alla leggera, rischia di sconfinare nella volgarità, o nella banalità.
Certi aspetti del romanzo probabilmente non possono essere ancora alla portata dei giovanissimi, ma per tutti gli altri il libro dovrebbe essere una bella sorpresa.
Unica pecca: i protagonisti, come già scritto in precedenza, potrebbero sembrare all’osservatore attento troppo perfetti. Tutti egualmente intelligenti e portati alla riflessione, perfino Timothy, il wasp bello, muscoloso e solo in apparenza superficiale.
Quattro stelle piene per il “Libro dei Teschi”, opera con ormai più di trent'anni (l'edizione originale è del 1972) ma pieno di spunti innovativi.
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