Con l’inizio dell’offensiva del Dio Storpio, deciso a vendicarsi degli dei e degli ascendenti che hanno causato la sua Caduta e l’Incatenamento, i Canali sono diventati difficili da utilizzare, infettati da una sorta di veleno che sta lentamente uccidendo Burn la Dea Dormiente. Inoltre il Dio Storpio si sta servendo di un ignaro strumento, il Veggente Pannion come mezzo per seminare rovina e distruzione nel mondo. E per contrastare le orde di Pannion si forma un’improbabile alleanza: da una lato Caladan Brood e Anomander Rake, dall’altro l’Armata di Dujek Un Braccio, dichiarato fuorilegge dell’imperatrice Laseen dopo la mancata conquista di Darujhistan. Insieme, queste forze avanzano nel cuore del Dominio di Pannion, coadiuvate dai T’lan Imass, convenuti da tutto il mondo per il loro Secondo Raduno…
A distanza di un semestre dalla prima parte pubblicata da Armenia, si completa con l’uscita del secondo volume Memorie di Ghiaccio, terzo capitolo di The Malazan Book of the Fallen (La Caduta di Malazan nella superficiale traduzione italiana) di Steven Erikson. Scansiamo subito ogni equivoco e mettiamo bene in chiaro il valore di questa opera: non sono uno scrittore fantasy, ma se lo fossi Memories of Ice è il libro che mi sarebbe piaciuto scrivere.
Si possono consumare fiumi di inchiostro nella amletica disquisizione sulla natura degli elementi fantasy che rendono un libro indimenticabile, ma ai primi posti di questa speciale classifica non può mancare l’epicità, semplice e inadeguato termine che non rende appieno la dimensione di Memorie di Ghiaccio. Fidatevi, da questo punto di vista Erikson regala, nella buona traduzione della Guarnieri, momenti che pochissimi mostri sacri del genere possono eguagliare. Un solo esempio tra i mille che si possono citare: a pagina 473 segnatevi questa semplice frase "era giunto il momento che la Prima Spada dei T’lan Imass annunciasse la sua presenza". Poche parole per chiude un paragrafo che vi farà venire i brividi lungo la schiena; questa semplice nota in pochi istanti getterà la luce sull’insondabile spessore di uno dei protagonisti più amati di questa epopea e sul suo straordinario popolo.
Già al termine del primo volume di questo terzo capitolo di The Malazan Book of the Fallen era facilmente intuibile la bellezza racchiusa nel libro una volta completo. Le aspettative non sono andata deluse, perché la seconda parte è perfino superiore al banchetto preparato l’estate scorsa. Spesso nelle nostre recensioni si cerca di fornire una visione critica di pregi e difetti emersi nella lettura di un libro. In questo caso però il compito è particolarmente arduo, perché Memorie di Ghiaccio non sembrerebbe avere falle. Andiamo però con ordine. La struttura immaginata da Erikson per la sua saga ci permette di percepire questo terzo capitolo come conclusivo di una sorta di prima trilogia. Non allarmatevi, la strada è ancora lunga e di carne al fuoco ne abbiamo in abbondanza con nuovi nemici e inaspettati sviluppi che assicureranno molta longevità alla saga. La maggior parte dei temi aperti dallo scrittore di origine canadese ne I Giardini della Luna però vengono affrontati e finalmente chiariti nelle pagine di Memorie di Ghiaccio. Al termine della lettura la machiavellica trama creata dal narratore sarà percepita in tutta la sua complessità, gli schieramenti e le forze in campo ben delineati e la maggior parte dei personaggi principali sarà assunta al ruolo per il quale era stata creata.
Memorie di Ghiaccio è una saga all’interno della saga. Una sorta di Guerra e Pace fantasy (non me ne voglia Lev Tolstoj), dove si intrecciano le vicende di personaggi umani e sfaccettati sullo sfondo di un affresco storico unico per profondità e accuratezza e che solo una minuziosa e monumentale ricerca può aver reso possibile. Piccola riflessione: è confortante sapere che pur rimanendo nei canoni della più classica fantasy, si possa scrivere un libro innovativo per complessità e approccio a temi altrimenti già visti.
La guerra in tutti i suoi aspetti è la vera protagonista di questa saga: nella prima parte del volume era stata anticipata, mentre in questa seconda metà scoppia in tutta la sua cruda bellezza. La trama si articola principalmente su due eventi: l’assedio di Capustan e quello Coral. Erikson dimostra nella descrizione dei due conflitti di essere un profondo conoscitore di strategia e tattica, affrontando il tema dell’assedio sia dalla parte degli assediati (Capustan) che degli assedianti (Coral). Si arricchisce così il tema della Guerra, portante finora in tutti i libri giunti in Italia. Guerra tra uomini, tra dei, tra nazioni, tra emozioni, tra credi, tra culture, il tutto alla luce di mille battaglie che ricalcano quelle interiori che i protagonisti hanno rivelato nel corso delle pagine: un fiore che si schiude mostrando al suo interno una bellezza precedentemente solo intuita. Iktovian, Dujek, Whiskeyjack, Paran, Ben lo Svelto, Caladan Brood, Anomander Rake, Volpe d’Argento, la Mhybe, Korlat, Kallor, Krul solo per citarne alcuni, hanno tutti in comune una cosa, il realismo. Vittorie, sconfitte, amori e dolori sono l’insieme degli elementi magistralmente descritti che rendono ogni personaggio plausibile, indipendentemente dalla propria forza o potere. E nel mezzo di questi perfetti - imperfetti eroi, il piccolo gioiello che è Kruppe.
La tecnica utilizzata da Erikson per caratterizzare i propri personaggi è mirabile ed è l’alchimia di diversi fattori. Alle semplici e chiare spiegazioni si intervallano gesti contestualizzati in maniera ammirevole al fine di creare l’effetto voluto e far sorgere la comprensione nel lettore. E' impressionante come un’intera serie di eventi concatenati con la bravura propria di un maestro di scacchi, si risolvano in un solo episodio che mette a posto tutti i pezzi del mosaico, creando un unico disegno chiaro e affascinante. Come per incanto il lettore si trova di fronte a un’improvvisa rivelazione, che sembrerebbe quasi casuale se non fosse il risultato di una trama articolata, come non se ne trovavano da tempo.
In Erikson nulla è mai banale. Il libro si legge dall’inizio alla fine tutto d’un fiato in un continuo susseguirsi di elementi leggendari, colpi di scena e scontri apocalittici che fanno di queste pagine un’opera imperdibile per gli amanti del genere. Anche nei momenti di relativa quiete la narrazione scivola fluida, avvincendoci, perché il lettore è intimamente consapevole che nulla in Memorie di Ghiaccio è superfluo, ma tutto contribuisce a creare “l’incantesimo”. Erikson condivide con Gemmell la rara capacità di scrivere ciò che una persona ha bisogno di leggere, parlando alla stesso tempo alla nostra mente e al nostro cuore, emozionandoci come solo un grande scrittore ha il dono di fare. Anche quando l’ennesimo colpo di scena sembra sconvolgerci e privare il libro di un elemento fondamentale, ci si accorge che il quadro generale ne risulta inesorabilmente arricchito.
Stilisticamente in questo terzo volume lo scrittore raggiunge una maturità e completezza solo lontanamente immaginabili dopo la lettura de I Giardini della Luna e La Dimora Fantasma. La costruzione è più chiara e la tecnica affinata. Alla luce dello spessore di questo libro, i primi due capitoli della saga ne risulteranno allo stesso modo sminuiti e arricchiti. Sminuiti stilisticamente, perché l’Erikson di Memorie di Ghiaccio è una spanna sopra al buon scrittore intravisto ne i Giardini della Luna e apprezzato ne La Dimora Fantasma. Arricchiti invece come contenuti, perché questi primi tre volumi sbocciano in pieno solo alla luce delle rivelazioni di Memorie di Ghiaccio.
L’appagamento che ricaverete dalla lettura rischierà di creare in voi un curioso effetto collaterale. Tempo addietro avevo criticato la scelta di Armenia di dividere questo libro in due parti. A mente fredda non posso che continuare a condannare questa triste politica, ma sulle ali dell’entusiasmo, quando con rammarico vedrete diminuire le pagine ancora da leggere e preoccupati penserete alla sensazione di vuoto che segue la fine di un’opera particolarmente amata, inconsciamente ringrazierete la venale scelta della casa editrice. Memorie di Ghiaccio nella sua interezza sarebbe stato un gioiello, ma in questo modo siamo riusciti morbosamente a farlo durare il più a lungo possibile.
Un consiglio: non fatevi scoraggiare dalle poche, normali lacune presenti nei libri precedenti e dallo stile insolito, rischiereste di abbandonare la saga, commettendo un errore madornale e perdendo la possibilità di godervi uno dei migliori libri che il genere fantasy abbia prodotto. Spesso saghe come queste si trascinano stancamente oltre il decoro, ma se il livello prodotto da Erikson nei prossimi libri sarà anche solo vicino a quello di questo volume, spero che The Malazan Book of the Fallen non abbia fine.
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