C’è una caratteristica molto affascinante dei fumetti in generale, ma di quelli americani in particolare, quella di essere lo specchio della società in cui vivono. Così vediamo che nei primi numeri di Superman e Batman i 'cattivi' sono gangster e criminali normali, poi scoppia la seconda guerra mondiale ed è quindi la volta dei fascisti e dei nazisti. In seguito toccherà ai russi, durante la guerra fredda e, dopo la caduta del muro di Berlino, il nemico vero sarà l’eroe stesso, sempre in bilico tra sanità mentale e follia. Naturalmente neanche Hulk di Ang Lee sfugge a questa regola e com’era già accaduto per L’Uomo Ragno di Sam Reimi le origini del Gigante di Giada vengono alterate. Ma di cosa abbiamo paura oggi? E' semplice, della manipolazione genetica e dei terroristi. Così mentre nel fumetto di Stan Lee e Jack Kirby il dottor Bruce Banner veniva irradiato dalle radiazioni gamma di una bomba di sua progettazione nel tentativo di salvare il giovane Rick Jones, nel film Banner è già modificato geneticamente alla sua nascita a causa degli esperimenti del padre e un successivo incidente, che lo espone ad una quantità enorme di radiazioni gamma, insieme a delle nanomacchine sperimentali, farà scattare la trasformazione in Hulk quando si arrabbia. Questa interessante trovata, però, complica e non di poco le origini del Golia Verde e lascia interdetto chi conosceva le origini fumettistiche, non tanto per il cambiamento in sé, infatti è logico che non si possa copiare pedissequamente un fumetto, quanto per il fatto che così si fa di Bruce Banner una sorta di 'mostro' sin dalla nascita. Fortunatamente il resto della sceneggiatura funziona perché attinge a piene mani a quello che è stato il ciclo più importante per l’Hulk fumettistico: i dodici anni scritti da Peter David, che ci ha mostrato come il padre di Banner avesse da sempre brutalizzato il figlio, sin da bambino, e il giovane Bruce avesse sempre represso dentro di sé la sua rabbia, finché i raggi gamma gli hanno dato la possibilità di concretizzarla. Nel fumetto si scoprirà poi che Bruce Banner è affetto da disturbi da personalità multipla che lo portano a manifestare diverse versioni di Hulk, ma non è escluso che qualcosa del genere si veda in un possibile seguito. Nel film noi vediamo solo quella grossa, verde e istintiva che tutti conosciamo, l’emanazione dell’io bambino di Bruce Banner, o dell'ID parlando in termini freudiani, ma tutto il suo travaglio psicologico è ben chiaro. Inoltre è evidente come le nanomacchine trasformino la sua rabbia in massa, tant'è vero che più si arrabbia, più i suoi muscoli si ingigantiscono. Eric Bana risulta abbastanza convincente nel dar vita al dottor Banner, ma il vero mattatore del film è Nick Nolte che ci regala un David Banner (chiaro omaggio ai telefilm degli anni '70 con Bill Bixby e Lou Ferrigno) cinico e folle, anche se più edulcorato rispetto alla versione a fumetti. Meno convincente il generale Thunderbolt Ross e Glenn Talbot , infatti entrambi appaiono personaggi stereotipati privi di quella tridimensionalità che hanno sulla carta stampata. Un plauso invece a Jennifer Connely una Betty Ross indubbiamente affascinante. Ang Lee alla regia dimostra di saper fare il suo lavoro e anche senza virtuosismi particolari ci regala un film lineare, ma piacevole e interessante con diversi richiami a mostri del cinema come Frankenstein o King Kong. La vera novità è sicuramente nell’uso dello split screen per ricreare uno stile simile a quello del fumetto, ma spesso dà l'idea di un errore, in quanto crea solo una certa confusione non permettendo allo spettatore di cogliere bene cosa sta succedendo. Fumetto e cinema sono due media molto diversi, solo in apparenza simili. Il fumetto è statico, si può ritornare sulle vignette se un passaggio non è chiaro subito, questo nel cinema non è possibile (almeno non subito) e inoltre, nel fumetto, è la nostra fantasia a colmare i vuoti tra una vignetta e l’altra. Il tentativo di Lee è invece un ibrido che non soddisfa molto.
Splendido invece l’Hulk animato. Il gigante verde in CGI vince e convince, i giochi di luce (la cosa più difficile per questo tipo di scene) sono quasi perfetti e si ha davvero l’impressione di trovarsi di fronte ad un mostro alieno e umano allo stesso tempo. Anche se è vero che le scene di combattimento ricordano alcuni giochi per computer o Playstation. Si segnala, infine, l’immancabile apparizione del sorridente Stan Lee e la piccola parte interpretata da Lou Ferrigno. I cani potenziati dai raggi gamma, presenti anche nel fumetto, e la citazione, grazie a un escamotage narrativo, di diversi criminali Marvel che si sono scontrati col Golia Verde: l’Uomo Assorbente, Zzaxx e Hydro. In definitiva un film discreto che però non convince appieno e che forse risente molto del fatto di essere una sorta di 'primo capitolo' e di dover quindi, per forza di cose, concentrarsi sulle origini del protagonista senza poter sviluppare troppo altri aspetti maggiormente interessanti. Speriamo allora in un secondo episodio che, com’è accaduto per X-men 2, superi il primo in qualità.
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