La storia: siamo alla fine del diciannovesimo secolo, quando M (al servizio di Sua Maestà Britannica) mette insieme una formidabile squadra di supereroi affidandogli il compito di salvare il mondo dall’imminente guerra globale, praparata dal Fantasma. Ci troviamo così di fronte alla crème dei personaggi più famosi della letteratura dell’800, in viaggio per Venezia, città in cui si sta svolgendo una specie di G8 e dove si aspetta il decisivo attacco del nemico. Allan Quatermain, direttamente dalle miniere di Re Salomone, guida la squadra formata dall’eccentrico Nemo, che qui appare come un’improbabile incrocio tra Sandokan e il sultano di Alladin (stracciando la mia immagine di bambino che lo voleva con la barba bianca di capitan Findus); Mina Harker, sexy vampira uscita dalle pagine di Dracula; l’uomo invisibile, nato dalla penna di Herbert Wells; Tom Sawyer, del grande Mark Twain (che forse lo rinnegherebbe vedendolo sotto l’ala protettiva di papà Quatermain); il dottor Jekyll e il suo alter ego Mr Hyde, che sembra Hulk in un match di wrestling; infine Dorian Gray, strafottente e vanitoso personaggio creato dalla fantasia di Oscar Wilde.
Samuel Taylor Coleridge diceva che il lettore (in questo caso lo spettatore), quando si pone di fronte a una storia, decide di sospendere temporaneamente la propria incredulità e di accettare come vero tutto quello che gli viene proposto, indipendentemente dalla sua bizzarria o stravaganza. Unica regola, senza la quale tutto il castello di carta crolla inesorabilmente, è la coerenza. Tutto questo per dire che, se si accetta l’esistenza alla fine dell’ottocento di un prodigioso e mastodontico sottomarino supertecnologico come il Nautilus, non si può altresì accettare che esso sfrecci indisturbato per lo stretto Canal Grande di Venezia dove, in pieno luglio, si sta svolgendo il carnevale. Allo stesso modo, se si sorride di fronte a un Dorian Gray che di fronte alla raffica di un mitra ammicca con un ghigno mentre la sua carne si ricompone, non si può non storcere la bocca di fronte a una camicia di merletti che, alla scena successiva, risulta immacolata.
La leggenda degli uomini straordinari - che avrebbe dovuto chiamarsi “lega”, ma meglio non rischiare scivoloni politici – in realtà di straordinario ha ben poco. Se si escludono un’ottima fotografia dai toni scuri, particolarmente adatta alla bella scenografia gotico-vittoriana, tutto il resto rischia di sfociare nel grottesco, gettando un’ombra in quello che rappresenta uno dei più riusciti fumetti nati dalla penna di Alan Moore, e illustrato da Kevin O’Neill. Nemmeno le interpretazioni del cast, su tutti uno Sean Connery sotto tono e fin troppo macchinoso, salvano un film con un budget da capogiro che aveva creato una grande aspettativa. La sceneggiatura è piuttosto superficiale, a ben poco valgono i tentativi di caratterizzare il protagonista con la solita storia del figlio perduto, e la regia risulta addirittura fastidiosa in certe scene d’azione troppo confuse e troppo veloci, in cui la macchina da presa balla come se fosse guidata da un trivellatore anziché un cameraman.
Del film sono apprezzabili l’atmosfera e la sceneggiatura quando rincorre le tante citazioni letterarie (‘Chiamatemi Ismaele’ dice il primo ufficiale a bordo del Nautilus), ma la storia ha il fiato corto. In altre occasioni si sono viste vicende che, senza mostrare, hanno lasciasto intuire un’ambientazione molto ricca e un mondo credibile nel quale si muovono i personaggi. Qui i palazzi di Venezia crollano proprio come fossero di cartone (e il riferimento non è all’effetto delle bombe).
I caratteri dei protagonisti sono solo tratteggiati.
L’enorme Mr. Hyde, che si muove grazie a una tuta mastodontica e protesi meccaniche, è il personaggio di un fumetto che digrigna i denti e intavola rapidi colloqui amichevoli con il suo alter-ego di turno, con buona pace di Stevenson e di tutti i suoi sforzi per mostrare personificati tutti i lati negativi dell’animo umano.
La vampira pare molto poco assetata e attratta dal richiamo del sangue, non dorme granché e resiste alla luce solare (vampiri diurni nel romanzo di Stoker?)
Di esempi come questi se ne trovano per ogni protagonista della vicenda. Il gruppo in definitiva è solo un insieme di individui, impegnati a non far uscire all'esterno il demone che alberga nel loro animo o nei loro ricordi.
La sensazione alla fine del film è che certi grandi fumetti, a differenza della tendenza che li vuole tutti in fila a Hollywood, dovrebbero rimanere tali. Lo stesso Alan Moore si è lamentato della caratteristica action del film (forse indispensabile per attirare il grande pubblico) che avrebbe alterato i toni dark e l’atmosfera che rappresentavano l’essenza dell’opera originale.
La domanda è: stiamo nobilitando i fumetti o svilendo il cinema?
L’unico auspicio, consolazione non da poco, è che il pubblico decida di avvicinarsi alle vere storie dei protagonisti, leggendosi sette dei più grandi romanzi della letteratura dell’800, che qui riportiamo:
Le miniere di re Salomone, di Henry Rider Haggard, 1885
Ventimila leghe sotto i mari, di Jules Verne, 1870
Dracula, di Bram Stoker, 1897
L’uomo invisibile, di Herbert G. Wells, 1901
Le avventure di Tom Sawyer, di Mark Twain, 1876
Il ritratto di Dorian Gray, di Oscar Wilde, 1891
Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, di Robert L. Stevenson, 1886
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