Notte di Natale di 30 anni fa: in un modesto orfanotrofio gestito da suore dal cuore d'oro, un piccolo bambino si era infilato dentro il sacco di giocattoli di Babbo Natale. Il bimbo era così finito per errore nel laboratorio di Babbo Natale al Polo Nord. Benché subito preso sotto l'ala protettiva del padre adottivo elfo ed educato come un elfo lui stesso, diventa chiaro, quando cresce fino a diventare tre volte più grande di tutti gli altri, che Buddy non si adatterà mai al mondo degli elfi. Quello di cui ha bisogno è di ritrovare la propria famiglia. Buddy decide così di abbandonare il Polo per cercare il suo vero padre, che lavora a New York come editore di libri per bambini e che ha dimenticato i veri valori della vita, legati agli affetti familiari. Pur con la sua goffaggine, Buddy riuscirà a conquistare l’affetto del padre, della moglie e del secondo figlio di lui. Dopo aver aiutato Babbo Natale a riprendere il volo con la slitta, troverà pure l’amore della giovane e graziosa Jovie.
Il motto di Buddy è: “Se lo spirito del Natale vuoi salvare, più forte devi cantare”. E così, le svolte importanti e il denouement della esile trama si svolgono e si risolvono grazie al potere incantatore del canto, in particolare dei dolci canti della Notte di Natale.
E non è un caso che una delle due cose meglio riuscite di Elf siano proprio le canzoni, tratte dal bel repertorio di Frank Sinatra e soci. Una volta di più il cinema per famiglie made in U.S.A. gioca in casa, sul sicuro, sfoderando l’ennesima variazione della classica ricetta che, dai film di Frank Capra, anima l’ispirazione di quasi tutti i Christmas Movie: New York (la Grande Mela con i suoi negozi di giocattoli, le vetrine, le pie suore degli orfani, Central Park, il pattinaggio su ghiaccio per il primo bacio, l’Empire State Building, i senzatetto, i teppisti dal cuore di biscotto, la neve), buoni sentimenti che vincono sul cinismo (magari con l’aiuto della televisione) e canzoni sentimentali.
L’altra cosa ben riuscita e piuttosto divertente è data dalla sigla iniziale, coi titoli di testa a cartone animato, sfogliati a mo’ di libro cartonato per bimbi, tanti colori primari, vivi e allegri, e buffi tondi animali polari: l’orso bianco, il tricheco, il narvalo, il pinguino. Un bell'inizio che mette di buonumore e fa ben disporre verso il film. Che però non è molto aiutato da una regia di mestiere e punto.
La fabbrica di giocattoli è graziosa, ma il deja vu è fortissimo, ed è piuttosto sterile elencare la ridda di rimandi filmici o iconografici che ne sono alla base (nella sequenza del narvalo e dell’attraversamento del bosco di bastoncini di zucchero potrebbe perfino venire in mente - alla lontana - il Tim Burton di Nightmare before Christmas, ma senza le sfumature gotiche). In queste sequenze il regista del film - prodotto dalla New Line - sfrutta tra gli altri trucchi, la tecnica della ‘prospettiva forzata’, per far apparire Buddy un gigante in mezzo ai minutissimi elfi, con le loro calzamaglie multicolori. Tra parentesi, se io fossi un elfo, sarei un po’ infastidito da come questa stirpe favolosa viene rappresentata, con le sue abitudini legate a una sempreverde atmosfera di ‘giorno di Natale’ e comportamenti infantili esageratamente bambineschi.
La storia si dipana esile e leggera, rimanendo nel solco di binari già tracciati e abbondantemente attraversati dai molti film analoghi di anni e decenni passati. Tra gag scatologico-gastriche stile Scemo e più scemo, sequenze abbastanza divertenti come la battaglia a palle di neve o il balletto nella sala smistamento pacchi postali, oppure la lotta con lo scrittore strapagato (Peter Dinklage), il film srotola senza scosse fino allo sbocciare della storia d’amore e poi al finale, quando compare in scena Babbo Natale, rimasto ‘in panne’ con la slitta, che riuscirà a partire solo quando il “Clausometer” si ricaricherà in seguito ad un subitaneo ritorno di bontà e di credenza in Babbo Natale, e ridarà carburante alla slitta. Artefici del miracolo, sono Jovie / Zooey Deschanel e Emily / Mary Steenburgen, con le canzoni natalizie cantate in mezzo alla folla in Central Park, dove la slitta è precipitata, facendo accorrere le televisioni, i curiosi e le guardie a cavallo. Chi recita meglio? Al solito, in queste pellicole: i bambini.
Non ci si annoia, ma lo ‘spirito del Natale’ di dickensiana memoria era tutt’altra cosa.
Un consiglio: se potete, andate a vedere questo film accompagnati da bimbi piccini, oppure cercate di tornare bimbi voi stessi: in questo modo potrete divertirvi.
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