E' la vigilia di Natale. Un ragazzino (senza nome) che ormai non è più toccato dallo spirito del Natale, cerca di cogliere ogni segnale che gli dia la conferma di ciò che sospetta ormai da tempo: Babbo Natale non esiste.
Un frastuono accompagnato da quella che sembra una scossa tellurica del quarto o quinto grado della scala Mercalli (che m’impressiona sempre di più della Richter), equivalente a caduta di oggetti senza danni, annuncia l’arrivo di un grande e inquietante convoglio ferroviario. E' il Polar Express.
Un burbero bigliettaio invita il bambino a salire. E’ l’inizio dell’avventura che lo porterà attraverso non poche peripezie, fino alla dimora di Babbo Natale, dritto filato incontro all’epilogo della vicenda che abbiamo già letto fra le righe sin dalle prime battute.
Benvenuti al Luna Park Zemeckis, dove il vero mattatore è il Tom Hanks fuori scena: oltre che a indossare una tutina di lycra e sembrare vittima di una tempesta di polistirolo sbriciolato (i pallini bianchi chiamati marker posizionati in modo da catturare espressioni e movimenti), dà anche la voce a molti dei personaggi (il bambino protagonista, il padre, il ferroviere, il vagabondo e Babbo Natale) di questo film d'animazione natalizio che più di tutti vuole incarnare lo spirito natalizio, ma che della favola di Dickens riesce solo a evocare l’inquietante fantasma del futuro.
Il fantasma prende le forme della Motion Capture, la tecnica già utilizzata con ben altri risultati da Peter Jackson nel Signore degli Anelli per creare l’incredibile Gollum che consente di catturare i movimenti di attori reali per applicarli ad un personaggio virtuale.
L'attore - posizionato di fronte ad uno sfondo blu cromo - indossa una tuta in lycra su cui sono applicate diverse palline bianche in corrispondenza delle articolazioni e nei punti di maggiore contrattura muscolare. Questi pallini si chiamano appunto marker o punti led. I marker mandano dei segnali ottici al computer tramite speciali macchine fotografiche (16 macchine per ogni marker) che in pratica costruiscono una sorta di scheletro tridimensionale in movimento. Il tutto viene poi rielaborato digitalmente per dar vita a un personaggio virtuale dalle movenze che dovrebbero essere realistiche.
Il curioso presente invece riempie lo schermo di scene adrenaliche e spettacolari. Una corsa sull’ottovolante nel Luna Park Zemeckis, in ossequio alla regola che vuole fornire ai bambini (e ai genitori) ritmi incalzanti e spettacolari.
In effetti ogni singolo fotogramma di questo film è sorprendente, ma l’insieme delude.
Il racconto per bambini di Chris Van Allsburg è lungo solo 32 pagine e forse non si poteva ricavare di più; questo spiegherebbe (davvero?) la sensazione che in realtà nulla stia succedendo davvero a questo treno diretto al Polo Nord con la missione di portare al cospetto di Santa Claus un manipolo di bambini. Il loro premio più importante non saranno i doni che riceveranno dalle mani dello stesso Babbo Natale, bensì da quelli che il viaggio stesso concede loro (uno sguardo verso il futuro).
Ed ecco che il fantasma del presente torna a far sentire la sua voce. Vogliamo parlare del costo di produzione? Si tratta di ben 165 milioni di dollari (a cui si aggiungono 60 milioni che sono il carburante necessario a muove la gigantesca macchina pubblicitaria).
Il primo Shrek è costato 60 milioni (45 in pubblicità) e il secondo 70 (più 50) ma il paragone per contenuti è improponibile (sbilanciato enormemente a favore dell’orco verde).
Il Polar Express offre alcune scene di forte impatto, ma alzi la mano chi non ha pensato al terzo episodio (quello western) di Ritorno al futuro in più di un’occasione.
Appare fugacemente il fantasma del passato, ma è evanescente più che mai. Eppure avremmo voluto vedere aleggiare lo spirito che ha visto sfornare capolavori come Ritorno al futuro e Chi ha incastrato Roger Rabbit?, piuttosto dell’innaturale e algido spettro del presente che si incarna nei personaggi visivamente poco credibili e francamente un poco antipatici di Zemeckis.
Anche l’esercito elfico, impostato su una gerarchia militare che vede il generale Santa Claus al comando delle truppe, non convince, e a nulla valgono i toni fiabeschi usati per i paesaggi, che si alternano a quelli frenetici e vertiginosi della caduta libera del treno privo di controllo o della ballata dei camerieri cioccolatai.
La morale della favola vorrebbe ricordarci la necessità di conservare lo sguardo incantato, operazione che però lo stesso film non ci aiuta a compiere, e ci spinge sempre più a credere che soprattutto nei cartoni animati è la storia ad avere l’importanza maggiore, che è lo scritto e non il segno a creare la magia e il sogno.
Il più terribile dei tre fantasmi, quello del futuro, incombe già sul mondo dei film d’animazione e ha cominciato la sua conquista dal Polo Nord.
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