Distrutto dalla critica e dal botteghino negli Stati Uniti, massacrato ancora prima dell’uscita con accuse all’eccessiva omosessualità del grande eroe macedone (con le ridicole proteste degli avvocati greci d’America), il film di Oliver Stone è una grande occasione mancata, un terribile spreco di risorse reali e potenziali in un film che soffre di una concorrenza immeritata e di una nomea creata a bella posta per farlo fallire prima ancora di nascere.
E’ assolutamente incredibile leggere e comprendere fino in fondo le critiche mosse al film dai più rinomati esperti di cinema internazionali, quasi tutte sostanzialmente imperniate sulla dominante omosessuale che permea il film nell’interpretazione che ne ha dato Stone: il vero amore di Alessandro era Efestione e questo si palesa in maniera insistente nel film, forse a scapito di altre parti. E con questo? Tra le molte accuse che si possono muovere a Stone – e ce ne sono molte, come vedremo – la minore è senza dubbio quella di aver peccato di inventiva e aver stravolto il personaggio reale di Alessandro. L’eroe di Alessandro è Achille e Achille amava Patroclo, allo stesso modo di come il sovrano macedone amava il suo compagno fin dall’infanzia. Punto. E’ storia, o almeno è una plausibile interpretazione storica, supportata da buona parte della storiografia britannica e americana sul condottiero macedone. Se non sapete la storia, evitate di fare critiche su questo film.
Chiusa la questione, cerchiamo di analizzare i motivi del fallimento complessivo di Stone: per parafrasare la citazione di Filippo II che apre la canzone Alexander the Great degli Iron Maiden, il regista americano ha avuto troppo poco tempo per narrare la vita di Alessandro, che esigeva uno spazio molto superiore per essere compresa. La scelta del regista di narrare per brani la lunga epopea di Alessandro con la voce narrante del vecchio Tolomeo in Alessandria d’Egitto quarant’anni dopo la morte dell’eroe lascia interdetti soprattutto coloro che non conoscono già, e non solo per grandi linee, la storia del generale macedone: si parte con l’infanzia, si procede rapidamente con l’adolescenza, si salta in un primo momento la morte del padre Filippo, ci si trova ben presto sulla piana di Arbela e si assiste a quella che resta una straordinaria battaglia cinematografica (per quanto – e qui iniziano i primi inevitabili raffronti – la trilogia di Jackson abbia già tolto molto all’immaginazione di come si possa rendere una battaglia campale al cinema), si passa rapidamente per Babilonia, si intravede l’epicità del viaggio verso le catene montuose dell’Asia Centrale e della discesa in India, ma non si comprende completamente quello che voleva dire per quell’epoca, ci si perde in battibecchi amorosi, si pecca d’epicità nella battaglia nelle foreste indiane, si vede la morte del sovrano e poco si intende alla fine di quanto si è visto. Sono quasi tre ore, a volte troppo lente, spesso tremendamente troppo veloci con una serie di salti logici e di fatti storici che fanno urlare di rabbia (non c’è il nodo gordiano, per esempio, non c’è la visita a Troia).
Ne esce un quadro d’insieme confuso, con poco approfondimento dei personaggi, una misoginia evidente fin dall’inizio così come un deciso schieramento per la superiorità dell’Occidente sull’Oriente nel discorso di Aristotele ai suoi alunni (entrambi elementi scomodi al giorno d’oggi e altro elemento di larvata critica all’operato di Stone, ma anche in questo caso dovuti alla storia – se si vuole essere politicamente corretti a ogni costo, si evita di fare un film su Alessandro), solo parzialmente temperato dalla volontà pan-universale di Alessandro (che forse si vede troppo poco ed è forzata nel film). Poco comprensibili sono anche gli scatti d’ira di Alessandro, e l’unica cosa che emerge prepotente è in effetti l’amore per Efestione.
Cosa dire di più? Sbollita la rabbia per l’immeritato fallimento a tavolino dell’operazione e per l’idiozia retrograda della critica internazionale – che ha scelto quasi sempre di criticare quello che in realtà, storia alla mano, non lo è, ecco che questa rabbia ritorna per la grande occasione sprecata, per un film che strappa poco più della sufficienza e non rende onore, neppure lontanamente, alla più grande epopea che la storia dell’uomo abbia mai proposto sul grande schermo della vita.
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