Jack Wyatt, un attore brillante (Will Ferrell), preoccupato per la sua carriera che sta segnando il passo, decide di riproporsi al pubblico realizzando il remake di Vita da strega, la celebre sit-com degli anni sessanta.
Nella sua ricerca dell'attrice adatta a vestire i panni di Samantha, incontra Isabel (Nicole Kidman) restando folgorato dalla sua bellezza e... soprattutto dal suo naso, così simile a quello di Elizabeth Montgomery, l'interprete dell'antica serie.
Quello che Jack non sa è che Isabel è una strega vera anche se, da tempo, vive ai margini della comunità magica perché il suo più grande desiderio è quello di ripudiare il suoi poteri e condurre un'esistenza da comune mortale.
Quando le loro due strade si incrociano ognuno sembra aver trovato nell'altro la metà della classica mela, ma...
E’ lo spin off per una nuova – si fa per dire – serie televisiva basata sull’autocelebrazione e l’antiquariato? E’ una parodia goliardica e senza spirito dello star system vista un milione di volte? E’ un film più zuccheroso della casetta della strega (tanto per restare in tema) di Hansel e Gretel? E’ l’ennesima dimostrazione che l’industria cinematografica americana non vuole più rischiare su qualcosa di nuovo? E’ la tragedia privata di un recensore che si trova a discutere del niente all’ennesima potenza?
Tutto questo riassume, brevemente, le sensazioni provate assistendo a Vita da strega, esperienza assolutamente inutile per la quale conviene attendere l’uscita in home video o addirittura il passaggio televisivo (posto che, per l’occasione, non ci sia proprio niente di meglio da vedere).
Non so quanto al pubblico americano, che sembra nutrire una particolare venerazione per le vecchie avventure di Samantha, Darrin e del loro bizzarro entourage, questo pasticcio sia piaciuto, personalmente sono passato dall’imbarazzo alla noia nell’arco di un film che è, oltretutto, anche troppo lungo rispetto alle pochissime idee messe in scena.
Sulla recitazione non c’è nulla da ridire, Nicole Kidman è deliziosa, Shirley McLaine è splendida nella sua breve apparizione e Michael Caine (il padre della strega) regge sulle robuste spalle le sequenze più divertenti del film, ma sinceramente non c’era assolutamente bisogno di coinvolgere tanti talenti in un’operazione così assolutamente inutile e così risibilmente mercenaria.
Il gioco delle citazioni è talmente banale (e ossessivo, se si vuole) da apparire scontato anche in un film coevo della vecchia serie televisiva originale.
Della regia non è nemmeno il caso di parlare se non per riconoscere tristemente che, col passare del tempo, Nora Ephron ha acuito i difetti del suo stile annullandone i pregi e che, comunque, per un simile cast deve essere stato un gioco da ragazzi gestire in autonomia questa trita e scialba commediola.
Come detto, quello che salta immediatamente agli occhi è la desolante mancanza di idee o, peggio ancora, l’assoluta mancanza di coraggio di un’industria che continua a penalizzare ogni possibile afflato di novità.
Non voglio criticare quanti si sentano alfieri di un cinema scacciapensieri fino all’insipienza totale, ma il pensiero che in pochi mesi abbiamo assistito a inutili remake del calibro di questo, di Herbie, di Starsky e Hutch (mentre, attenti, già incombe The dukes of Hazzard), seriamente fa nascere in me notevoli perplessità.
Non essendo possibile negare il parere critico, mi limito ad aggiungere che l’unica stellina non è assegnata al film, ma al solo, brillante, inossidabile Michael Caine, che è mercenario da un bel pezzo, ma almeno maschera l'antico detto "pecunia non olet" dietro la sua innata eleganza.
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