Molte volte ho cambiato nome, ma mai, perché mi è impossibile, natura. Sono nato nell'odore morbido dello sterco di vacca, un urlo su un materasso di fieno sporco di tempo; mio padre, chiunque fosse, scomparso da tanto. Yeshu, mi chiamavano Yeshu ben Pantera. Yeshu, figlio di Pantera. Il nome è mutato sin dall'inizio: Yeshu, Yoshua, Joshua, Jesu, Gesù.
Sono morto per voi.
E poi mi sono svegliato, tre giorni più tardi, abbandonato su una roccia al buio, abbandonato e tradito per assenza. Così è sempre stato da allora, in questi ultimi duemila anni.
Adesso sono Joshua, Joe per brevità, ancora trentatreenne. Joe Ben Panther. Ogni volta che è giunta la morte violenta, per lancia e cappio, per alabarda e Glock, e il mio cervello si è arreso alle tenebre tra brividi e tosse; ogni volta, una scintilla di speranza: finalmente il figlio ottiene il riposo e incontra il padre, le profezie si compiono, molti sono i beati e grande sarà il loro premio. Ogni volta, tre giorni, poi di nuovo sveglio, coperto di dure croste, non più sapiente di prima, non più vecchio. Ogni volta lo stesso: sono eterno nella mia transitorietà.
Quindi non so nulla del paradiso, però conosco la topografia dell'inferno. Conosco i suoi segreti. Conosco le sue paure. Ho il potere di vincerle e far crollare il pugno invisibile di Satana, ombra schizofrenica di mio padre.
L'inferno è il posto dove l'eroina è solo bicarbonato e gli aghi sono sempre spuntati. L'inferno è dove l'erba è fatta di foglie innocue, dove l'anfetamina è semplice talco e l'acido sa di cartone. L'inferno è dove i funghi sono buoni solo per l'insalata, dove l'ecstasy è agonia e la metanfetamina sembra non fare mai effetto. L'inferno è dove la birra è light e il whisky viene dal Paraguay, dove il vino è succo d'uva e la botte è vuota, dove le sigarette contengono solo un milligrammo di nicotina e il distributore automatico si è appena rotto. L'inferno è dove non chiudi mai gli occhi e la vita non è ambigua. L'inferno è un futuro pieno di spazzatura pubblicitaria nella cassetta della posta, di lotterie e nuove canzoni dei Backstreet Boys.
Io rendo liberi da questo destino. Posso risparmiare questi orrori a chiunque apra il cuore, il portafoglio e le vene. Poiché nessuno è senza peccato, ma per coloro che posseggono il grano e la capacità di vedere, io giungo come salvatore. Porto l'oblio dello sguardo spento e delle palpebre pesanti. Il ricarico che metto sulla mia eroina non è eccessivo, però almeno è un guadagno mio, il che a volte mi dà consolazione. Un tempo mi seccava essere destinato a vivere i miei interminabili anni in stato di povertà, per quanto poetica possano trovare l'immagine alcune delle congregazioni più grasse sparse nel mondo. Voglio dire, è stato un lavoro durissimo vivere per l'eternità, sempre nello sgocciolio d'ombra delle atrocità alle quali il mio nome fornisce giustificazione e trionfo. Dopo un po' mi dà sui nervi. Nei momenti di tranquillità che mi colgono impreparato bramo la fine dei giorni.
Un pizzico di riguardo sarebbe carino. Non molto, solo un po'. Immaginate: appena il due per cento su ogni crocefisso, grande e piccolo, venduto da quando i crocefissi sono diventati di moda nel quarto secolo, e sarei ricco al di là di ogni sogno. Avessi avuto la presenza di spirito, la prontezza di esigerlo in quei bizzarri giorni a Emmaus, dopo il primo risveglio, certo non sarei ricco come le chiese fondate in mia memoria, però al diavolo, almeno non sarei ridotto a vendere polverine agli angoli di strada dell'Australia occidentale.
O magari lo farei lo stesso. Non si sa mai. Un semplice hobby. Insomma, l'ho fatto, in un modo o nell'altro, per secoli: erba, eroina, oppio, funghi, kat, peyote, cocaina, tabacco, alcol o morfina. Spaccio di droga e di reliquie di santi. E' triste ammettere che in campo commerciale non so fare altro. Lasciamo perdere il discorso falegnameria. Giuseppe, il sempliciotto, ha tentato una volta o due di insegnarmi il mestiere, però io gli vedevo quell'espressione negli occhi mentre stringeva lo scalpello e mi fissava. Era lo sguardo di chi, ogni volta che guarda un figlio che deve dichiarare proprio, vede invece la moglie posseduta da qualcun altro. Dal Signore Iddio onnipotente? Da uno sporco soldato romano che si chiamava Panthera? Ho sentito entrambe le storie; non ho mai incontrato né l'uno né l'altro. Cosa ne so io?Mi ritenevo un insegnante nei giorni molto antichi, come si addiceva all'unico laureato del Metodo Pediatrico Didattico del re Erode. I successivi massacri indicano che non era un'attività nella quale eccellessi. Sono legione gli striscianti fedeli e i megalomani illusi che sostengono di avere ricevuto da me la rivelazione. Non saprei. Io non ne ho mai ricevuta una. Non so quale tipo di procreazione, mutante o miracoloso, divino o scritto nel DNA, abbia prodotto i miei due millenni di vagabondaggi. Però la teleologia non c'entra niente, e nessuno è stato mandato a controllare i miei progressi. C'è da meravigliarsi se ho marinato il vero percorso?
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