CAPITOLO UNO

In cui Sophie parla ai cappelli

Nella terra di Ingary, dove realmente esistono cose come stivali delle sette leghe e mantelli che rendono invisibili, essere il primogenito di tre fratelli è considerata una sfortuna piuttosto grossa. Colui che nasce per primo, infatti, è anche quello destinato a sbagliare per primo; e sarà ancora peggio se sarà l’ultimo ad andarsene di casa in cerca di fortuna…

Sophie Hatter era la primogenita di tre sorelle, e non era nemmeno figlia di un povero taglialegna, cosa questa che le avrebbe dato una qualche possibilità di successo; i suoi genitori, anzi, erano benestanti e gestivano un negozio di cappelli per signora nella prospera cittadina di Market Chipping. È vero che la mamma di Sophie era morta quando la bambina aveva solo due anni e la sua sorellina Lettie ne aveva uno, ed è anche vero che il loro babbo si era presto risposato, prendendo in moglie la commessa più giovane del loro negozio, una biondina molto graziosa di nome Fanny. Ed è pur vero che Fanny aveva dato ben presto alla luce un’altra bimba, Martha. Ma tutto ciò non servì a Sophie per bilanciare lo scomodo peso della primogenitura. Inoltre la nascita di Martha avrebbe dovuto trasformare Sophie e Lettie nelle due brutte sorellastre, invece tutte e tre le bimbe, crescendo, divennero molto carine (anche se Lettie era considerata da tutti la più bella) e venivano trattate da Fanny senza alcun favoritismo, con la stessa identica dolcezza.

Il signor Hatter era tanto orgoglioso di queste sue tre figliole da far frequentare loro la miglior scuola della città. Sophie era la più studiosa delle tre e passava buona parte del suo tempo a leggere. Così presto si rese conto che avrebbe avuto poche opportunità di vivere un interessante futuro. Questa consapevolezza le lasciava un po’ di amaro in bocca, tuttavia riusciva a sentirsi ancora abbastanza felice nell’occuparsi delle sorelle minori e nel prendersi cura in particolare di Martha, proprio mentre si avvicinava il momento in cui la più piccola sarebbe uscita di casa per affrontare il proprio destino. Poiché Fanny era sempre occupata in negozio, era Sophie a seguire l’educazione delle sorelline che spesso litigavano furiosamente, prendendosi per i capelli, perché Lettie non si rassegnava a essere la secondogenita, e quindi quella che, dopo Sophie, avrebbe avuto un futuro meno brillante. – Non è giusto! – gridava Lettie. – Per quale motivo Martha deve avere la parte migliore solo perché è nata per ultima? Io sposerò un principe, vedrete! – Al che Martha inevitabilmente rispondeva che sarebbe stata lei a diventare ricca in maniera ributtante senza dover sposare proprio nessuno. A questo punto Sophie era costretta a separarle a viva forza e quindi a rammendare i loro abiti. Diventò così, poco a poco, anche piuttosto abile nel cucito e cominciò a confezionare per le sorelle dei vestiti molto carini; per esempio, in occasione di quel Calendimaggio che segna l’inizio vero e proprio di questa storia, Sophie cucì un abito per Lettie di un bel rosa intenso, talmente principesco da far dire a Fanny che sembrava uscito dal più pretenzioso negozio di Kingsbury.

Già un bel po’ prima di quella festa erano cominciate a circolare di nuovo delle chiacchiere sulla Strega delle Terre Desolate. Dicevano che la Strega avesse minacciato la vita della figlia del Re, e che il sovrano avesse dato l’ordine al suo negromante personale, il Mago Suliman, di andare nelle Terre Desolate per trattare. Sembrava, però, che la missione fosse fallita e la Strega avesse ucciso Suliman.

Così quando un alto castello nero, con quattro snelle torri che sputavano nuvole di fumo scuro, apparve all’improvviso sulle colline di Market Chipping, tutti pensarono che la Strega fosse di nuovo uscita dal suo territorio per spaventare l’intero paese, come aveva fatto cinquant’anni prima. La gente cominciò a essere terrorizzata e nessuno usciva più da solo, soprattutto di notte. Quello che faceva maggiormente paura era il fatto che il castello non stesse fermo in uno stesso posto: a volte la sua sagoma indistinta incombeva nera e tetra sulla brughiera a nord-ovest, altre si innalzava sulle rocce a est; qualche volta, invece, scendeva dalle colline e si andava a posare sull’erica appena oltre l’ultima fattoria a nord della cittadina. Spesso si riusciva a scorgerne il movimento, mentre le sue torri sputavano getti di fumo grigio e sporco. Tutta la popolazione avrebbe giurato che il castello sarebbe sceso a valle di lì a non molto, e per questo il Sindaco cominciò a pensare di chiedere aiuto al Re.