– Bene – concluse Fanny – allora è tutto a posto! –

Il giorno dopo Sophie aiutò Martha a sistemare i suoi abiti in uno scatolone e la mattina successiva tutte rimasero sulla porta a salutare la più giovane che se ne stava diritta e immobile sul carretto del barocciaio. Sembrava ancora più piccola e sul suo viso si leggeva un evidente nervosismo. Martha era comprensibilmente spaventata poiché la strada che portava alla casa della signora Fairfax, sull’alta Valle del Folding, si inerpicava proprio sulle colline oltre il mobile castello di Howl.

– Se la caverà benissimo – disse Lettie. Al contrario della sorella aveva rifiutato ogni aiuto per fare i bagagli, e quando il carretto fu fuori dalla vista radunò in fretta tutto quello che possedeva, lo infilò in una federa e diede sei centesimi al garzone del vicino perché portasse con la carriola il suo fagotto da Cesari. Lettie marciò dietro al ragazzo con un’espressione molto più festosa di quanto Sophie si aspettasse. Anzi, aveva proprio l’aria di una che volesse scrollarsi al più presto dalle scarpe ogni granello di polvere della cappelleria. Il garzone riportò poi un messaggio, scribacchiato in fretta da Lettie, con il quale ella informava la famiglia di aver sistemato le proprie cose nel dormitorio delle ragazze e di aver già avuto l’impressione che da Cesari ci si potesse divertire un sacco. Una settimana più tardi il barocciaio portò una lettera di Martha che comunicava come ella fosse arrivata sana e salva; della signora Fairfax diceva che era una donna deliziosa con la passione per l’apicoltura e che, per questo, metteva il miele su qualsiasi cosa!

Per molto tempo quelle furono le uniche notizie che Sophie ebbe delle sorelle, anche perché lei stessa cominciò il suo tirocinio il giorno in cui Lettie e Martha se ne andarono dalla casa paterna. Naturalmente Sophie conosceva già piuttosto bene tutto quello che c’era da sapere sui cappelli. Fin da piccolina infatti era stata abituata ad attraversare il cortile e correre dentro e fuori dal vasto laboratorio dove venivano inumiditi i cappelli per poi essere modellati sulle apposite forme e dove venivano fatti, con cera o seta, i fiori, la frutta e gli ornamenti vari che servivano da guarnizione. Sophie conosceva tutte le persone che vi lavoravano, la maggior parte delle quali era già lì quando il babbo era ancora un ragazzo. Conosceva bene anche Bessie, l’unica commessa rimasta, e tutte le clienti della cappelleria. Conosceva tutti i fornitori e il barocciaio che, dalle campagne circostanti, portava sul suo carretto i cappelli di paglia grezza pronti per essere modellati. Sapeva come si facevano i feltri per i cappelli invernali… Insomma, non c’era molto che Fanny potesse insegnarle, tranne forse il modo migliore per indurre le clienti a un acquisto. Fanny le aveva detto: – Mia cara, sei tu che devi condurre la cliente al cappello adatto a lei. Per prima cosa falle vedere dei modelli che non le stiano bene, così appena indosserà quello che le sta meglio, sarà lei stessa a scoprire che è quello giusto. Sarà tutta soddisfatta e si convincerà da sola a comperarlo –.

In pratica, però, Sophie non rimase a servire in negozio. Dopo aver trascorso un paio di giorni a osservare le attività nel laboratorio e dopo aver speso un’altra giornata in giro con Fanny dal tessitore e dal mercante di seta, Sophie fu destinata dalla matrigna a guarnire i cappelli. Se ne stava seduta nell’angusto retrobottega, cucendo rose e velette; foderava di seta cuffie e cappelli e li adornava con frutta di cera e nastri secondo la tendenza del momento. Sophie si rivelò molto abile e questo lavoro le piaceva, ma non poteva fare a meno di sentirsi isolata e un po’ depressa. Gli operai della cappelleria erano troppo vecchi per essere divertenti, e inoltre la trattavano come la futura padrona, non una di loro. Anche Bessie si comportava nei suoi confronti allo stesso modo e comunque l’unico argomento di conversazione della commessa era il giovane fattore che l’avrebbe sposata la settimana dopo il Calendimaggio. Ma Sophie invidiava soprattutto la vivace attività di Fanny che era libera di andare e venire a suo piacimento e rimanere a contrattare con il mercante di seta tutte le volte che ne aveva voglia.