Finalmente giunse il Calendimaggio. La gente festante cominciò a riempire le strade fin dall’alba. Anche Fanny uscì di buon mattino, ma Sophie doveva finire un paio di cappelli prima di poter lasciare il negozio. Comunque si ritrovò a canticchiare mentre cuciva, dopotutto anche Lettie stava lavorando: da Cesari tenevano aperto fino a mezzanotte nei giorni di festa. – Comprerò uno dei loro dolci alla crema – decise Sophie – sono secoli che non ne mangio uno… – Intanto sbirciava dalla vetrina la folla che riempiva la strada in un caleidoscopio di colori; guardava i venditori di souvenir, le persone che camminavano sui trampoli e si sentì veramente eccitata, felice. Ma quando alla fine si mise uno scialle grigio sul suo grigio vestito da lavoro e uscì in strada, non si sentì più tanto eccitata. Anzi, si ritrovò del tutto priva di forze. C’era troppa gente che quasi la travolgeva, ridendo e urlando, c’era troppo rumore e troppa calca. Sophie sentì come se i mesi trascorsi seduta a cucire l’avessero trasformata in una vecchia o in una donna semi-invalida. Si strinse nello scialle e strisciò lungo i muri delle case, cercando di non essere calpestata da tutte quelle scarpe della festa o infilzata da tutti quei gomiti ricoperti da lunghe, ampie maniche di seta. Quando arrivò improvvisa, da qualche parte sopra la sua testa, una scarica di detonazioni, Sophie si sentì sul punto di svenire. Alzò lo sguardo e vide il castello del Mago scendere dalle colline e scivolare veloce verso la città. Si avvicinò al punto che sembrava volesse alzarsi in volo per poi posarsi sui camini delle case; da tutte e quattro le torri uscivano delle fiamme bluastre che si portavano dietro delle spaventose palle di fuoco blu che esplodevano alte nel cielo. Sembrava che il Mago fosse offeso dal Calendimaggio o, al contrario, forse si stava unendo, a modo suo, ai festeggiamenti. Sophie era troppo terrorizzata per preoccuparsi di quale delle due ipotesi rispondesse a verità e sarebbe tornata volentieri indietro, ma ormai aveva già percorso più di metà della strada, così si mise a correre verso la pasticceria di Cesari. E mentre correva pensava perché mai avesse sognato di voler vivere una vita interessante. – Non potrei sopportarla, sono troppo paurosa. Succede, se sei la più vecchia di tre sorelle! –

Quando raggiunse la Piazza del Mercato la situazione diventò, se possibile, ancora peggiore. Nella piazza si trovava la maggior parte delle taverne della città e compagnie di giovani, già ebbri di birra, entravano e uscivano dai locali. I ragazzi si pavoneggiavano nei loro mantelli, facevano roteare le lunghe maniche degli abiti a festa e battere i tacchi degli stivali adorni di fibbie luccicanti, che non si sarebbero mai sognati di indossare in un giorno di lavoro. Si chiamavano e facevano ad alta voce ogni tipo di apprezzamento, cercando di avvicinare le ragazze, che da parte loro erano pronte a lasciarsi avvicinare, mentre anch’esse si pavoneggiavano negli abiti della festa e camminavano a coppie o a piccoli gruppi. Era normale nel giorno del Calendimaggio, ma Sophie era terrorizzata anche da quella consuetudine, tanto che quando un uomo giovane e vestito in un fantastico costume blu e argento la notò e decise di accostarla, Sophie si rifugiò nel vano della porta di un negozio e cercò di nascondersi. Il giovane la guardò sorpreso. – Va tutto bene, piccolo topino grigio – le disse ridendo, ma dalla sua risata traspariva una certa pietà. – Ti voglio solo offrire da bere. Non avere paura –. Lo sguardo compassionevole che le rivolse fece venire a Sophie la voglia di scavarsi una buca per la vergogna. Per di più era un esemplare di maschio veramente affascinante (forse solo un po’ troppo vecchio, senz’altro sulla ventina) con un viso ossuto, sofisticato e i capelli biondi acconciati in maniera piuttosto elaborata. Le sue maniche pendevano più lunghe di qualsiasi altra manica vi fosse nella piazza ed erano tutte smerlate e ricamate con inserti d’argento. – Oh, no, vi ringrazio, signore… per favore, io… – balbettò Sophie – …io sto andando a trovare mia sorella –.

– Be’, allora fallo –. Il giovane scoppiò a ridere fragorosamente. – Chi sono io per impedire a questa graziosa dama di raggiungere la propria sorella? Ti farebbe piacere se ti accompagnassi? Sembri così spaventata –. Probabilmente voleva solo essere gentile e questo fece vergognare ancora di più Sophie, che disse tutto d’un fiato: – No. No, la ringrazio, signore! – Poi, fuggì via più in fretta che poté. Il giovane aveva un intenso profumo di giacinti che seguì Sophie mentre se la dava a gambe. Che persona raffinata!