Carlos spinse con forza la Pobre três e indietreggiò di un passo incespicando sul piede di Felipe. Il pauroso crepitio, lo scontro tra legno e fuoco, l'incandescenza delle piombature dei denti, il rosario liquefatto e tutto il corpo di dona Margarida che evaporava nella canna fumaria, proseguì per qualche minuto. Poi una fragorosa risata riempì il forno.

- Hai sentito? - chiese Felipe, massaggiandosi il piede ancora dolorante.

- E' successo e succederà ancora - rispose Carlos, e si allontanò.

- Che giorni di sventura! - si disperò Felipe.

Già.

Nuovo era il vento di Novembre e non portava nulla di buono, ma nessuno degli abitanti di Montego Branco, a eccezione dei fratelli Felipe e Carlos Barbosa, ne fiutò l'infido spessore. Nell'etere, sui lampioni, sopra i cipressi, tra le gonne, dentro i bar, si muoveva tiepidamente come fosse ancora la buona stagione. Correva impossessandosi d'ogni respiro, nutrendosi delle anime pigiate dentro le carni meticce e a ciascuno scalfiva il pensiero di strani presagi, lasciandoli con l'inganno.

Inspiegabilmente, in quell'atmosfera irreale, furono i funerali a subirne le conseguenze e per l'impresa Barbosa & Barbosa fu tanto oneroso accettare l'esito infausto, quanto nascondere il segreto di quelle salme gioconde. Non era dignitoso, non per la società di pompe funebri più prestigiosa del posto.

Negli ultimi pomeriggi, Felipe Barbosa usciva per passeggiare senza una meta, pensieroso, esaminando volti e cose, con la testa pronta a girarsi alla semplice risata di un passante. Era diventato un incubo ormai. Dona Margarida era solo l'ultima delle salme trascinate in quell'imbarazzante epilogo: accadeva ogni volta con qualche variante, con creazioni estemporanee simili a canzonature, a volte divertenti, spesso ridicole e tutto sommato drammatiche.

Tornando a casa, Felipe era tranquillo finché non scendeva in laboratorio in compagnia di quei corpi apparentemente naturali, e a volte trascorreva il resto del pomeriggio per sorprenderli in atteggiamenti ilari o in un semplice sorriso sui volti cenerini. Ciò non accadeva, rigidi e ostinati a risparmiarsi il fiato per la cremazione.

Alla fine, un senso di fallimento lo pervadeva.

Felipe era venuto al mondo nell'anno decisivo per la felicità dei Barbosa e forse, a causa del suo orribile naso, non si rese utile allo scopo. Fermamente voluto per la stessa buona causa, suo fratello sopraggiunse l'anno successivo: per quanto bello e di carnagione chiara, neanche l'arrivo di Carlos riuscì a scongiurare il disastroso esito del matrimonio.

L'antica impresa di pompe funebri l'avevano ereditata da Edmundo Barbosa, padre pignolo e ordinario, che li aveva tenuti vicino a sé come una calamita, limitandoli nello svago, nello studio e nelle relazioni sociali. La stessa vessazione era toccata alla moglie, dona Gisela, giovane e feconda amerindiana, della quale si persero le tracce su un torpedone diretto a nord, pochi anni dopo il matrimonio.

Anche a causa di questo, i giovani Barbosa non avevano mai socializzato con una ragazza, e oggi, alla soglia dei cinquant'anni, si trascinavano gli anni della primavera come un ricordo ruvido e lontano.

A ora di cena, i due fratelli rioccuparono saldamente il laboratorio per la seconda cremazione in programma. C'erano state folate di vento per tutto il giorno, le pagine dei giornali erano finite dentro le minestre fumanti, ma nessun articolo parlava o aveva parlato del vento.

- Questa sì che era una persona seria! - affermò Carlos, stirando l'abito blu indosso alla salma del vecchio don Mauricio Gomes.

Felipe raccolse le ultime ceneri della Pobre três e di dona Margarida. - Lo sono stati tutti i nostri clienti. Soprattutto gli ultimi sei.

- Non ricordo d'averlo mai visto ridere, neanche quando eravamo bambini - insistette Carlos.

- Allora reggerà bene il forno - assicurò Felipe.

- Questa volta però meglio andare sul sicuro. Gli concederemo l'Especial, la cassa di salice inconsolabile. E' un buon legno, serio e pensieroso. Don Mauricio ci troverà ben poco da ridere, soprattutto per il sovrapprezzo - aggiunse Carlos, e andò a prenderla.

- Si muore anche a causa del colesterolo. E' una questione di praticità - disse canticchiando tra una stanza e l'altra. Ritornò reggendo la cassa con un solo braccio, come fosse un fuscello.