Qualche minuto dopo si stropicciò gli occhi e chiamò suo fratello, ma Felipe non gli rispose; lo incitò a portargli la colazione, ma in casa non aleggiava il buon profumo del caffè.
Nonostante tutto, era stata una notte buona. Carlos se lo sentiva che il vento non sarebbe tornato, e che forse le cose si sarebbero messe a posto col tempo. Se era vero - don Teodoro l'aveva giurato - che la notizia doveva essere ormai sulla bocca di tutti, in fondo c'era sempre un torpedone pronto a partire verso nord per andare incontro a dona Gisela Barbosa.
Ora doveva alzarsi dal letto e condividere questa speranza con Felipe.
Scese nel laboratorio e lo chiamò ancora. Non ebbe risposta. Allora si spostò nella sala delle cremazioni. Qui notò con piacere che Felipe aveva raccolto i resti di don Miguel riponendoli in una scatola di latta. Tutto pareva in ordine, a parte la sagoma della Excelente azul, la cassa più pregiata del magazzino, che sporgeva per metà dal forno. E come se non fosse abbastanza quel cattivo presagio, inciampò nella scatola della pistola abbandonata sul pavimento: ora sapeva dov'era finito suo fratello.
Non aveva mai osservato Felipe da quella prospettiva e lo trovò un po' più bello, forse perché aveva il volto sereno. Se ne stava disteso nella sua bara preferita con la pistola ancora nella mano, gli occhi aperti e le pantofole ai piedi.
Carlos cercò invano un ultimo messaggio ma capì subito quanto fosse superfluo, non doveva fare altro che rispettare le sue volontà. Raccolse la pistola, spinse dentro la Excelente azul e aprì il gas.
Tutto si consumò velocemente, anima e fumo volarono via e girarono vorticosamente intorno al camino, pregni di una persona cara estirpata dalla casa per sempre, ma in quella tempesta di fuoco, la risata che Carlos si aspettava non giunse mai.
Restò immobile per ore, vicino al forno, pensando continuamente a quanto fossero piccoli gli anni quando ti guardi indietro, e a come si comprimono se ti volti e guardi in avanti. Per la prima volta, dopo la fuga di sua madre, sentì che non c'era abbastanza aria, in tutta Montego Branco, per respirare ancora.
L'ultimo alito del vento scese nella canna fumaria, sfiorò quelle piccole ceneri e si fermò sulla bocca del forno tracciando un sogghigno leggero nel fumo.
Carlos lo disperse agitando le braccia, con tutta la rabbia che aveva dentro.
Felipe non era più suo fratello. Non c'era niente da ridere.
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