Se è vero che sono pazzo, devo essere impazzito allora. Continuavo a domandarmi dov'ero, cosa facevo quando è successo, cosa avrei dovuto fare o non fare per giungere sul pianerottolo e trovare la porta ancora sbarrata. Per non sentire le parole di Tom Waits libere e randagie sul pianerottolo.
Ho scoperto che il dolore e il rimorso sono un cancro che cresce dentro il petto. Assieme al rimorso è giunto il sospetto. Uno dei condomini, perché non uno di loro?
Maura mi amava, viveva per me.
Oppure no?
A chi aveva aperto la porta, quella sera?
Contavo minuti e costruivo supposizioni. Compilavo elenchi di possibili amanti, di assassini plausibili. Scandagliavo la memoria alla ricerca di particolari e indizi che mi aiutassero a ricostruire quella sera.
Ho consumato mente e corpo in questa ricerca estenuante, in questa speculazione viziosa.
Talvolta, stremato, ho dovuto arrendermi alla fatica, concedermi lunghe ore di sonno affannoso popolato di incubi e di immagini del suo volto.
Per poi ricominciare, al risveglio, a contare minuti e segnare tempi.
Poi è successo. Non lo prevedevo, certo, ma mentirei se affermassi che non lo speravo. Era un sogno. D'accordo, un'illusione.
Però è successo.
Il risucchio di un vortice, una forza alla quale non desideravo resistere.
Incomprensibile.
Eppure intuivo che quanto mi accadeva era una conseguenza logica e inevitabile dei miei tormenti e delle mie attese. Forse è stato il desiderio di riparare a un errore, forse semplicemente una forza d’amore.
Forse la volontà di Dio.
Sì, dev'essere stato Lui.
O il Demonio.
Davanti a me il rettangolo familiare della porta chiusa. Dentro di me la consapevolezza di essere tornato a quella sera.
"Che ora sarà? Quanto tempo ho?" ho pensato, cercando di origliare la sequenza dei brani del CD. Un barlume di musica filtrava attraverso il legno e l'acciaio.
You know she trills me with all her charms
When I'm wrappen up in my baby's arms
My little angel gives me everything
I know someday she'll wear my ring (2)
Avevamo stabilito la data delle nozze. Dopo quella sera ho odiato questa canzone.
"Ora la rivedrò" ho pensato. "Rivedrò il suo viso com'era prima che mi lasciasse; prima che venisse circondato da quell'aureola di sangue; prima che la polizia mi costringesse a riconoscerlo sul tavolo metallico dell'obitorio." Ho premuto il pulsante del campanello. Poi ho anche bussato: un disperato battere di nocche sul legno trattato. Un movimento dietro la porta. Ha aperto. Sono rimasto incantato ad ammirarla.
Ero certo di avere sognato: nessun uomo è immune da incubi quando è tormentato dai rimorsi..
Seduto sul bordo del letto cercavo di ricordare. Ero lì, a consumarmi nel mio delirio per lei, e subito dopo davanti alla porta. E ora di nuovo solo, di nuovo disperato.
"Ouroboros", ho pensato.
L'Ouroboros è il serpente che mangia la propria coda. Divora sé stesso, immettendo nell'organismo che sta assimilando l'alimento necessario affinché la propria carne si rigeneri e fornisca nuovo cibo alle proprie fauci. Simboleggia la continua rigenerazione dell'universo dalle ceneri del Big Bang, il moto perpetuo, lo scorrere circolare del tempo, il Paradosso logico e tangibile.
Ho anche pensato di uccidermi, quella sera che sul bordo del letto mi contemplavo le mani. E' una dicotomia terribile, quella che mi è capitata di vivere: vittima e artefice del nostro destino. Ho sentito mancarmi l'aria. Lo strumento che mi consentiva di riunirmi a Maura era anche ciò che la allontanava da me. Chissà se, in un'altra realtà, un altro me stesso non aveva mai scoperto quello strumento, e quindi Maura era viva, con me...
...con lui...
...oppure con un altro, che importa, ma viva: sangue pulsante e intimità da violare dolcemente - non io, che importa, non io, ma forse me stesso -. Ho pensato di uccidermi, dicevo, arrendendomi solo all'estrema difficoltà dell'impresa, constatato che non possedevo armi adeguate per darmi una morte veloce, capace di sopravanzare di un passo il mio persistente attaccamento alla vita.
Allora ho sperato che sarei impazzito.
Non è successo. L'Ouroboros mi si è mostrato. Un'immagine vivida e rilucente, forse una reminiscenza scolastica, o qualcosa vista su internet, non so. Frammenti di informazioni si sono condensati nella mia mente, hanno costituito il nucleo di una spiegazione primordiale. Infine ho capito.
1 commenti
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Testo cancellato dal gestore del sito
Quello inviato non è un commento al racconto, bensì un'invettiva che non ha nulla a che vedere con quanto pubblicato qui. Malumori e beghe personali vanno gestite in altre sedi. Grazie
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