Gli spiriti e la materia
Quella piccola striscia di terra vulcanica persa nell’Oceano Pacifico che prende il nome di Giappone suscita un grande fascino verso gli occidentali. È il fascino dell’esotico, di una cultura che per tanti versi è anni luce dal nostro modo di pensare. Qualcuno starà storcendo il naso, perché per molti di noi, cresciuti a cartoni animati, manga, videogiochi e tecnologia giapponese, il Paese del Sol Levante sembra molto più vicino di quanto non lo siano tante nazioni europee.
Eppure ci rimane in qualche modo alieno questo Giappone, nato da una lama immersa nell’oceano, figlio del progresso e della tradizione, proiettato verso il futuro tanto quanto è legato al passato.
Lo spirito del Giappone, il suo rapporto col Divino, è qualcosa di straordinariamente complesso.
I kami sono il concetto base dello Shintoismo o Shinto (da Shin, dèi e To, la via), la religione di stato giapponese per centinaia di anni, ancora oggi la più diffusa.
Il termine kami viene generalmente tradotto con la parola divinità, anche se si tratta di una traduzione un po’ impropria; i kami, più che delle divinità, sono il simbolo di qualcosa che non ha manifestazione nel piano dell’esistenza fisica. Ka e mi significano rispettivamente fuoco e acqua, come una sorta di unione dei due elementi fondamentali della natura.
Lo Shintoismo non prevede l’adorazione di una divinità assoluta, come nelle religioni monoteiste, né si può definire un politeismo com’è stato quello degli antichi Greci. È una forma di religione dove l’esistenza materiale e quella spirituale non sono mai divise, al contrario di quello che accade fra anima e corpo nel Cristianesimo. Ogni essere o oggetto è composto sia dalla materia che dall’essenza kami, e ha avuto origine da un’energia originale poi scomposta in migliaia di parti: il kami primordiale.
Tutto questo ha trovato espressione in una mitologia, come è accaduto per quasi tutte le religioni nella storia dell’uomo. Al di là delle interpretazioni filosofiche e teologiche, la mitologia giapponese ha una componente fantastica, più grossolana, che non ha mancato di accendere la fantasia di scrittori, registi e quant’altro, in occidente come in oriente.
I testi fondamentali sono due. Il primo è il Kojiki, diviso in tre parti, redatto intorno al 700 d.C. un po’ in cinese un po’ in giapponese, dopo secoli di tradizione orale. Pare che l’autrice fosse Hieda no Are, forse una danzatrice. In realtà non si è sicuri che fosse proprio una donna, ma la cosa non ha molta importanza, visto che la sua stessa esistenza non è una realtà storica comprovata.
Fatto sta che fu il nobile Ō-no Yasumaro a portare il testo all'imperatrice Genmyo (708-714), dopo averne scritto una personale introduzione.
L’altro scritto è il Nihongi, dove le parti in cinese si fanno molto più consistenti, cambia qualche particolare e la narrazione va avanti a descrivere una cinquantina d’anni in più. Dal punto di vista storico, è considerato più accurato.
Entrambi raccontano della creazione del Giappone da parte degli dèi. La parte su cui maggiormente è focalizzata l’attenzione è la storia di Jinmu-Tenno, primo imperatore del Giappone.
Poi la narrazione prosegue con imprese di eroi e sovrani, con un elenco di genealogie che avrebbe fatto l’invidia di qualunque hobbit. Il tutto fino ad arrivare intorno al VII secolo, in uno stile aulico e complesso, difficile da interpretare.
La crezione del mondo
All’inizio era il solito caos, e gli spiriti più antichi decisero bene che c’era da fare un po’ di ordine. Delegarono la cosa gli ultimi arrivati, Izanagi e la bella Izanami. A quest’ultimo diedero la Lancia Gioiello del Cielo, e lui, dal Ponte del Cielo, la immerse nelle acque turbinanti. Una volta ritratta la lama, gocciolò del fango, che ricadde formando Awaji, la prima isola del Giappone
.
E così i due scesero su quella terra appena creata, e non senza stupore scoprirono reciproca attrazione, e finirono per unirsi in un dolce abbraccio. Izanami fu la prima a dichiararsi al nuovo amante. Secondo il Kojiki la cosa non andava fatta; avrebbe dovuto parlare per primo l’uomo.
Nacque un bimbo gracile e molle come un verme, che fu chiamato Hiruko, il bambino medusa. I genitori si affettarono ad abbandonarlo in una barca di canne in balìa delle onde.
I due amanti ci riprovarono e questa volta fu lui a parlare per primo. Dal loro amore vennero generate le altre sette isole del Giappone, la divina terra di Yamato.
In seguito Izanami diede alla luce altri figli; molti, ma non tutti i kami: montagne, pianure, animali, onde, spuma di mare e tanti altri. C’è un kami per ogni cosa, viva o inanimata. Anzi, per uno shintoista quest’ultima frase sarebbe in un certo senso sbagliata, perché ogni cosa è un parte viva, in quanto in parte spirito.
Quando si trattò di dare alla luce il kami del fuoco, Ho-masubi, Izanami si ustionò il ventre e morì. Izanagi era così arrabbiato che uccise il figlio. Dal sangue del piccolo nacquero otto kami, e dal suo corpo otto montagne.
La bella Izanami finì così nel regno dei morti. Izanagi non si rassegnò e la chiamò a gran voce. Dal fondo del cunicolo buio nel quale era precipitata, lo Yomi-tsu-kuni, lei rispose che non sarebbe mai potuta tornare.
Izanagi, testardo com’era, la andò a cercare e si fece strappare la promessa di non guardarla mai in volto. Non tenne fede al giuramento, e il volto putrefatto circondato dai demoni che vide lo coprì d’orrore.
Izanami si vergognò tanto che giurò di vendicarsi: ogni giorno i suoi demoni avrebbero ucciso mille figli del Giappone.
In tutta risposta Izanagi giurò che ogni giorno avrebbe generato mille e cinquecento nuove vite.
E da allora le persone nascono e muoiono, in un ciclo perpetuo.
Insozzato dallo sporco degli inferi, Izanagi andò a lavarsi; da ogni goccia che scendeva dal corpo e dagli abiti veniva generato un nuovo kami; nacquero così i kami del pianto, del dolore, dei fiumi, del vento e tanti altri, che aggiunti quelli già partoriti da Izanami arrivano al numero di ottocentomila.
In particolare, dall’occhio sinistro di Izanagi nacque Amaterasu, la grande divinità del Cielo e del Sole, da quello destro Tsuki-yomi, il kami della Luna, e dal suo naso Susano-ō;;, personificazione dell’impeto maschile.
6 commenti
Aggiungi un commentoMolto bello davvero, un'esposizione chiara e interessante di una materia complessa!
che bell'articolo! sono molto colpita: interessante, esauriente e corredato di belle immagini. oltretutto mi interessa particolarmente l'argomento.
mi fa piacere notare anche che, secondo la tradizione giapponese, la maggior parte dei libri più importanti furono scritti da donne! (oltre per esempio alla storia di genji, o alle note del guanciale)
Grazie mille ops: ops: , sono contento che vi sia piaciuto.
Naturalmente si tratta di un argomento vastissimo, e io ho voluto trattare in modo un po’ agile solo la parte mitologica e folkloristica.
Diciamo che può essere propedeutico per apprezzare ancora di più, se è possibile, qualche opera del Sol Levante tipo la Principessa Mononoke .
Complimenti per l'articolo, in quanto yamatologo non posso che apprezzare un articolo ben scritto e interessante sull'argomento pur con l'obbligo della riassuntività. E data la complessità della materia mitologica in genere, non era impresa facile...non è giusto però, hai tolto tutti i particolari sconci (ci acquista min grazie ed eleganza hihihi)!!
Complimentissimi davvero!
Che bell'articolo!!
Sapevo che la mitologia giapponese fosse complicata, ma non credevo che lo fosse così tanto!
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID