L’Odama è una palla gigante leggendaria, in grado di sbaragliare gli eserciti avversari e fortificare gli alleati, la cui storia si perde in Cina, all’epoca della dinastia Tang. Per controllare il suo potere bisogna abbracciare la dottrina Ninten-do, parola giapponese che significa “affidarsi al cielo” ed è la combinazione degli ideogrammi iniziali di tre insegnamenti: Nin-ga Mu-shin (fai il tuo dovere e dimentica te stesso), Ten-zai Kou-rin (gli abitanti del cielo discenderanno tra noi) e Do-gi Tsu-mei (agisci ogni giorno secondo la morale).
Con l’Odama e fedele a Ninten-do, la tigre orgogliosa Tamachiyo Yamanouchi, il Kagetora, raduna un drappello di leali “soldati senza volto” per raggiungere la roccaforte di Genshin Karasuma, il signore della guerra che, in seguito a una congiura, governa illecitamente sulle terre della famiglia Yamanouchi. Lo sfondo è il Giappone feudale, tra samurai e magia, del XVI secolo e Odama è anche il titolo del videogioco per Nintendo GameCube con il quale torna in campo Yoot Saito, l’eccentrico game designer che, dopo i caotici grattacieli di Sim Tower e derivati e i pesci parlanti di Seaman per Dreamcast, inventa una bizzarra fusione di flipper e strategia.
Odama tratta insomma un altro ibrido di cui risulta difficile chiarire la sostanza consuntiva, sebbene forse sia più instradata verso le colorazioni tattiche del wargame. Nel videogioco si impersona Tamachiyo Kagetora,
Il completamento del viaggio burrascoso della campana Ninten prima dello scadere del tempo, indicato dal calar del sole, si traduce nella vittoria dello scenario e nella consegna
La curva di apprendimento si avvia ripidissima. All’inizio ci si martella col pugno il petto e ci si impegna, di game over in game over,
Coordinarsi tra le disposizioni alle truppe strillate nel microfono, le traiettorie falcidianti dell’Odama e i percorsi sempre più complessi da attraversare con la campana Ninten,
“Nel creare questo gioco, ciò che stava a cuore a noi sviluppatori non era tanto esprimere la nostra passione per il flipper, quanto rappresentare l’immensa emozione suscitata dalle gesta di un generale, la cui ferrea volontà segna il corso di un’epoca e il destino di numerosi soldati. Naturalmente l’uso di un’arma come l’Odama non ha un riscontro storico reale, ma la struttura sociale rappresentata nel gioco è esistita veramente nel Giappone del sedicesimo secolo. All’epoca, all’ombra di ogni generale famoso, si celava un’anonima moltitudine di fedeli soldati che combattevano in suo nome. Cosa attraversava la loro mente quanto avanzavano verso un destino inevitabile? Se, nel giocare, ti poni questa domanda potrai condividere lo spirito che ci ha animato nello sviluppare questo gioco. Solo dopo essere stato testimone, in veste di comandante, del senso di abnegazione di questi uomini in battaglia, potrai comprendere il vero significato della domanda: Cos’è la vittoria?.”
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