Vita breve, fama eterna
Ma qual è la storia della nostra terribile amica?
I genitori della Chimera erano un tantino snaturati, lo abbiamo già visto, e infatti non si occuparono della sua (mal)educazione.
Ad allevarla fu il re Amissodore, che la utilizzava per scopi intimidatori e di conquista, lasciandogli terrorizzare i poveri abitati dell’odierna Turchia. La Chimera era praticamente invulnerabile e sputava lava e fuoco.
Capitò che, dalle parti della Tirinto, in Grecia, un bel giorno passasse un giovanotto di origine divine (si dice fosse figlio di Poseidone): Bellerofonte, ospite di corte. Il nostro ganzo attirò le attenzioni della first lady locale, Stenebea. Lui, un tantino più giovane, la rifiutò. Lei, viziata come può essere solo la moglie di un re mitologico, andò a dire al marito Preto che Bellerofonte aveva tentato di sedurla.
Preto doveva rispettare l’ospite, e non poteva ucciderlo così su due piedi. Aspettò che il giovane nel suo girovagare finisse dalle parti della Licia, e chiese aiuto al suocero, Iobate re di Licia. Questi, subdolo, chiese a Bellerofonte, di uccidere proprio la Chimera, sua spina nel fianco da chissà quanti anni, insieme a quell’antipatico di Amissodore.
Bellerofonte, che non era un cretino, chiese aiuto all’indovino Polibo, che gli consigliò di farsi dare una mano da Pegaso, il cavallo alato.
Dopo aver domato con non poca fatica l’animale, Bellerofonte partì per uccidere il mostro.
Dato che la Chimera era invulnerabile, il nostro eroe pensò bene di scagliarle una lancia di piombo in gola. Il fuoco della bestia fuse il piombo, che la soffocò. Poveri Tifone ed Echidna: hanno proprio avuto poca fortuna coi figlioli.
Alcune versioni del mito vedono Chimera accoppiarsi col fratello Ortro per generare l’invulnerabile Leone di Nemea e l’enigmatica (ed enigmistica) Sfinge.
La Chimera d'Arezzo
Questa polimorfica creatura deve gran parte della sua fama a una scultura davvero importante: la stra-famosa Chimera d’Arezzo. Capolavoro in bronzo dell’arte etrusca, alta circa 80 cm, risale a un’epoca intorno al V-VI secolo a.C.; fu scoperta nel 1553 nella campagna aretina.
Fin da subito il granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici la volle per sé e la fece esporre a Palazzo Vecchio. Fu poi portata a Palazzo Pitti, dove Benvenuto Cellini si occupò del restauro.
Oggi si trova nel Palazzo della Crocetta, presso il Museo Archeologico di Firenze.
Se ne possono vedere due copie sempre in bronzo, un tantino più grandi, nelle due fontane di in piazza della Stazione, ad Arezzo
La Chimera d’Arezzo rappresenta la creatura ferita, nell’atto avventarsi sul suo aggressore. La testa di capra è già morente, in concordanza con alcune versioni della leggenda, che volevano invulnerabili solo le parti leonine della Creatura. Pare che all’inizio la statua fu identificata semplicemente con un leone. E secondo la maggior parte degli esperti il restauro della coda è sbagliato: il serpente in origine sibilava verso Bellerofonte o Pegaso, in un gruppo di cui il bronzo faceva con tutta probabilità parte.
Non è escluso, comunque, che potesse essere un’opera a sé stante. L’iscrizione sulla anteriore destra, una dedica al dio etrusco Tinia, sembra attribuirle il carattere di offerta votiva. Tinia è assimilabile al greco Zeus, ma aveva anche in sé simbolismi di cambiamento. Era il dio del sole che nasce e muore, e del tempo che scorre. In questo senso ci si riallaccia alla Chimera come icona della mutazione, della vita che scorre e si evolve.
Naturalmente la nostra cangiante amica, con un aspetto così diabolicamente accattivante, appare in mille forme come doccione, semplice statua, o protagonista della lotta contro prodi cavalieri e santi nelle chiese medievali e rinascimentali di tutta Europa.
Figlia della scienza
In generale, l’aggettivo chimerico ha assunto nel linguaggio moderno il significato di animale immaginario e/o composto da parti di diversi animali. In particolare, in zoologia, nelle scienze biologiche e in biotecnologia il nome chimera o l’aggettivo chimerico vengono usati per connotare organismi ibridi o geneticamente modificati.
Per esempio, i virus chimera sono quei virus che contengono materiale genetico proveniente da altri organismi. O le proteine chimera, ottenute dalla combinazione di geni differenti.
I paleontologi chiamano chimere qui fossili che per errore sono stati composti combinando parti di animali diversi. Il famosissimo Brontosauro, per esempio è una chimera; non è mai esistito. Era stato ottenuto combinando per errore il corpo di un Apatosauro con il cranio di un Camarasauro.
I roditori su cui vengono fatti crescere organi umani (tipo lobi delle orecchie) tramite manipolazioni genetiche a scopo di ricerca, o in generali quelli che subiscono modificazioni nel DNA e finiscono per avere pelle trasparente, fosforescente, organi anomali, o assenti o doppi o tripli, vengono chiamati topi chimera.
Le chimere sono pesci olocefali (sottoclasse dei Condritti, la classe di razze e squali) diffusi anche nei mari italiani. Vivono un profondità.
3 commenti
Aggiungi un commentoVita breve, fama eterna. Simbolo di cambiamento, di metamorfosi, di evoluzione? Dunque la useremo come logo della nostra associazione di uomini e donne separati, disillusi. L'Associazione socio-assistenziale, nonchè culturale, conta di essere anche osservatorio di tutte le trasformazioni della famiglia messe in atto nell'ultimo ventennio e ancora in pieno svolgimento. Una dei numerosi associati, nonchè sociologa. Dott.ssa Raffaela Danzica.
Il dramma è che la chimera a breve smetterà di essere un favola.
Che è, ROT13 o l'algoritmo di Cesare?
Edit: non sono rimbecillito, ma qualcuno si diverte a cancellare i messaggi "strani"
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID