A voler scavare fino in fondo, soprattutto negli ultimi cinquant'anni di cinema fantastico, sarebbe oltremodo difficile reperire, catalogare e recensire tutti i film a questo ascrivibili. Ogni minimo successo internazionale che arridesse a un capostipite di qualsiasi genere scatenava la realizzazione delle imitazioni, lungo una china discendente per livello qualitativo che si arrestava, in apparenza, soltanto quando l'imitazione diventava puro e semplice, spudorato plagio.
L'Heroic Fantasy è, in ordine temporale, l'ultimo genere ad aver sofferto del fenomeno prima che le multisale facessero piazza pulita delle 'visioni successive' care alla nostra giovinezza filmofaga più che cinefila, ma soltanto una ricerca certosina potrebbe far scoprire le copie a scalare, più o meno dignitose, di Pierini, Predatori, Gladiatori, Astronauti, Vampiri e Mostri Assortiti, Ballerini del Sabato Sera, Scoperte dell'Amore su Isole Solitarie e praticamente qualsiasi cosa possa venirvi in mente.
L'unico merito che può essere ascritto a questi prodotti, in particolare a quelli nostrani, è l'aver offerto lavoro continuativo a tutti gli operatori dell'industria cinematografica. I registi erano quasi sempre gli stessi, mercenari della celluloide pronti a qualsiasi esperienza, disposti a saltare da una situazione all'altra, dallo Sword and Sorcery strapaesano al Boccaccesco, dall'Horror alla Fantascienza.
Se si dà un'occhiata alle filmografie di alcuni di questi onesti artigiani stakanovisti, Massaccesi, Fulci, Cozzi, Tarantini e tanti altri, è normale pensare che forse fosse abitudine tenere in piedi più di un set: l'appartenenza di questi film al genere Quickies non potrebbe mai giustificare il ritmo massacrante di sei, sette pellicole l'anno realizzate dallo stesso autore, con il suo vero nome o sotto pseudonimo.
Basterebbe pensare a Franco Prosperi, lui stesso vent'anni prima creatore di un genere cinematografico documentario di lunghissima vita (Mondo Cane e conseguenti epigoni) e autore di qualche peplum dove si cercava, appena possibile, di perseguire una qualche originalità: nel solo 1983 uscirono ben due suoi film Fantasy (viene fatta grazia delle sue escursioni altrove), Il trono di fuoco e Gunan il guerriero (so che sembra incredibile, eppure questo è il titolo).
L'utilizzo della stessa troupe, inclusi gli autori delle sceneggiature e dei soggetti, creava inconvenienti curiosi se non imbarazzanti: nel caso del già citato Gunan il guerriero la lettura della trama, di primo acchito, ricorda più da vicino il celebre Gli Invincibili Fratelli Maciste, o altri titoli consimili (a Cinecittà niente si crea e niente si distrugge) che non un racconto scritto da R. H. Howard magari in un momento di scarsissima ispirazione.
Come i Peplum avevano le loro muse, Liana e Moira Orfei, Gianna Maria Canale, Chelo Alonso e Rossana Podestà, anche i Fantasy all' Amatriciana disponevano di una diva dalla filmografia variegata se non premiatissima, la graziosa Sabrina Siani (anch'essa dotata di un paio di pseudonimi anglofoni – Sellers, Syan – di salvataggio); ovviamente, poiché i tempi cambiano e tutto si aggiorna, la quantità di epidermide femminile esposta in queste pellicole era spesso, purtroppo, inversamente proporzionale al talento recitativo.
La fantasia che latitava nelle storie spesso veniva riversata su scenografie e costumi: era comunque il trionfo del compensato, del polistirolo e dell'acrilico, ma si cercava di fare il meglio possibile per saziare almeno gli occhi di un pubblico di bocca buona, spesso con risultati poveri ma felici e gratificanti (felici e gratificati, per esempio, erano gli abitanti di Lavinio, cittadina del litorale romano, comparse orgogliose della miriade di film che furono girati nella locale tenuta di Tor Caldara).
Tra i responsabili del settore non è raro riscontrare, per esempio, il nome di Enzo D'Alò, passato in seguito alla realizzazione di gradevoli cartoni animati che mostrano tuttora l'esistenza di una notevole passione per il fantastico. C'era lavoro per l'antica e gloriosa categoria dei Rumoristi: una sola occhiata alle locandine mostra che il fiero popolo di turno (destinato naturalmente allo sterminio tranne uno, massimo due esponenti della razza) fabbricava le sue invincibili armi perché possessore del segreto non dell'acciaio ma della plastica e/o del legno rivestito di stagnola e che il furibondo clangore di spade a due mani e asce bipenne veniva riprodotto in studi spesso microscopici con mezzi collaudati quanto fortunosi. In un mondo della celluloide che plaude alla C. G. I. rimpiangendo allo stesso tempo la geniale manualità di Ray Harryhausen, forse c'è ancora posto per un ricordo nostalgico e affettuoso degli effetti speciali "autarchici".
6 commenti
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Conquest l'ho visto eoni fa... sarà la memoria che m'inganna, ma non mi era sembrato malaccio...
Non è malaccio, anche se io non impazzisco per Fulci, che considero un valente artigiano con qualche buona idea, uno che aveva capito i meccanismi del cinema popolare, ma non un "Maestro" (penso la stessa cosa anche di Tarantino... così finalmente mi sbilancio e faccio felice Rikus ). Vi ho risparmiato, con la mia nota bontà d'animo , quello che considero il PEGGIORE film fantasy italiano degli anni '80, dicendo a Franz che lo considero davvero troppo fetente per proporvene anche solo il ricordo.
Bell'articolo: ho trovato un altro paio di titoli su cui curiosare e farmi due risate sulla auto-comicita' che spesso abbonda in questi B-movie
Questa me la incornicio:
il fiero popolo di turno fabbricava le sue invincibili armi perché possessore del segreto non dell'acciaio ma della plastica e/o del legno rivestito di stagnola
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