Trama:

Le cattive sorellastre, invidiose come sempre, mettono in cattiva luce Cenerentola agli occhi del bellissimo Principe Azzurro, che la scaccia. Il Signor Bonaventura, aiutato dai suoi amici di sempre, la salverà da mille pericoli e la riabiliterà. Inutile dire quale sarà la ricompensa per il popolarissimo eroe…

Narrata così, a grandi linee, la trama non rende giustizia a questo delizioso film, comico, fantastico, surreale, ricco di trovate, che ebbe enorme successo ma che, dopo qualche replica alla già citata TV dei Ragazzi, sembra ormai introvabile se non perduto.

Prima di parlare della pellicola, è però opportuno chiarire ai più giovani cosa rappresentasse – e rappresenta tuttora – il fenomeno Signor Bonaventura per almeno quattro generazioni di lettori, tanto che l'autore, il poliedrico Sergio Tofano (in arte, semplicemente Sto) è ricordato soprattutto per questo a scapito di moltissime altre sue ottime interpretazioni teatrali, cinematografiche e televisive (ci piace ricordare il vecchio generale in pensione in Il padre di famiglia, di Nanni Loy o le due apparizioni a fianco di Gino Cervi nella serie Maigret).

"qui comincia l'avventura…", questo era il puntuale esordio di tutte le strisce che videro come protagonista il personaggio su Il Corriere dei Piccoli dall'esordio, nel 1918 fino ai tardi anni ' 60, con un successo popolare che travolse e quasi "imprigionò" l'autore; forse non si può parlare di vero e proprio fumetto in quanto le storie erano accompagnate non da ballons ma da strofe in rima baciata, colte e a volte incomprensibili in modo simpaticamente surreale, ma difficilmente, considerati i tempi, si può riscontrare un simile successo di massa (e di critica) in Italia. Moltissimi artisti, primo tra tutti Emanuele Luzzati, hanno riconosciuto il loro debito all'arte di Sto e le sue rime hanno costituito quasi un "viatico" per generazioni di studenti; anche quando non si era particolarmente versati nel sadico esercizio scolastico di imparare le poesie a memoria, si era sempre abbastanza bravi da memorizzare le vicende in rima di Bonaventura, destinate a concludersi, dopo molteplici disavventure, con un colpo di scena finale e con l'offerta del mitico (per l'epoca) milione di ricompensa…

Dalle storie su carta furono tratte sei fortunatissime commedie messe in scena dalla compagnia teatrale Tofano – Rissone – Almirante nel 1928; da quella di maggiore successo, La regina in berlina, fu tratto liberamente, nel 1941, l'unico film che vide protagonista il nostro eroe; va detto che Sergio Tofano, impagabile interprete teatrale della sua creatura, per pudore o per timore di sovraesporsi (era uno dei divi più amati dell'epoca), si limitò a sceneggiatura, regia e alla particina del dottore.

Dalle poche immagini il film sembra debitore, nella struttura se non nella storia, a Il paese delle meraviglie, con Stan laurel e Oliver Hardy, da me citato in precedenza: a favore dell'opera di Tofano giocano una miglior interpretazione corale e soprattutto le scenografie, quasi un simpatico "sfottò", presente anche nelle storie a fumetti, all'Espressionismo Tedesco.

Giudicando dal cast, la produzione puntò molto sul prodotto, che sicuramente "bucò" il budget imposto ai film dell'epoca: Bonaventura era interpretato da un giovane ma già famosissimo Paolo Stoppa mentre il Bellissimo Cecè, stolido amico spesso responsabile delle catastrofi in cui l'eroe si trovava invischiato, era Mario Pisu. Il Principe Azzurro, giustamente, era interpretato da Roberto Villa, uno dei primi fenomeni "autarchici" a far sospirare le signore dell'epoca, grazie anche alla sua somiglianza (magari un po' forzata) con attori americani coevi; tanto era l'amore nei suoi confronti da parte del pubblico femminile che due anni prima, temendo qualche reazione "inconsulta", si era cambiato drasticamente il finale di Il Fornaretto di Venezia, di cui era protagonista, facendo salvare dal patibolo l'eroe all'ultimo momento.

Fin qui, purtroppo, arriva il ricordo di questo film, e non per mia negligenza; qualsiasi altra aggiunta dovuta alla memoria (il fatto che fosse, ovviamente, recitato tutto in rima, la buffa contrapposizione di due orchi, uno carnivoro e cattivissimo, l'altro vegetariano e buono in maniera eccessiva…) possono soltanto aggiungere amarezza pensandoi alla difficoltà nel reperire materiale che pure, fino a qualche anno fa, era rintracciabile se non diffusissimo. Resta comunque un esempio ulteriore di quanto interesse ci fosse, una volta, per un prodotto di successo che non fosse necessariamente di matrice estera senza perdere nulla nel confronto.