Narnia: uno dei più belli e affascinanti tra i mondi fantastici inventati dall’immaginazione degli scrittori è uscita dalla fantasia creatrice di Clive Staples Lewis che non volle solo inventare delle belle storie, ma così come aveva fatto il suo caro amico Tolkien, l’Autore de Lo Hobbit e del Signore degli Anelli, creò un mondo ricco di dettagli, di particolari, di creature, di luoghi, di odori e di sapori.
Lewis ha indagato la realtà, con occhi semplici e curiosi da bambino, da bambino “goloso” della vita. Strano difetto la golosità: nella sua accezione peggiore significa avidità, ingordigia, egoismo. Ma ci può essere anche una golosità buona, quella di chi è curioso, di chi vuole provare, gustare e godere, magari con misura, che è la prima prerogativa del ben vivere e (perché no?) del mangiar bene.
Clive Staples Lewis fu uno scrittore e un personaggio complesso, poliedrico, vivo e appassionato, e il libro “La cucina di Narnia” si addentra negli aspetti più “golosi e gustosi” di questo mondo fantastico. Vale la pena soffermarvisi per comprendere quanto c’è in queste storie di realistico, di “materiale”, e nulla naturalmente è più concreto e materiale del cibo.
Banalmente, solo se uno ha già cucinato delle trote – o ne ha almeno seguito la preparazione – può scrivere: “il grasso nella padella aveva già cominciato a sfrigolare leggermente, quando la porta si aprì, ed ecco il castoro con pesce per tutti. Bastava infarinarlo e friggerlo, perché lui aveva già provveduto a pulirlo con il suo coltellino, là fuori, sulla diga”.
Perché non limitarsi a scrivere: “fu servito in tavola del pesce”? Ai fini della storia non cambiava nulla, ma il rumore del grasso che sfrigola sprigionando un tipico profumo che riempie la stanza in pochi secondi, la presenza della farina che imbianca i pesci e li rende più dorati una volta cotti, fanno entrare il lettore in una dimensione di realismo tale che quasi sembra di aggirarsi nella stanza insieme ai protagonisti e nessuno si stupisce se in quel luogo, così reale e famigliare, si aggirano anche due castori parlanti.
Cosa ci fanno Paolo Gulisano e Luisa Vassallo nelle cucine di Narnia? Curiosi e divertiti si aggirano tra pentoloni che bollono emanando effluvi di soffritto, balsamici vapori di salsine, essenze di primizie e gustose fragranze di carni arrosto. Tra i due c’è chi osserva con l’occhio clinico del medico, constata e prende appunti. Da appassionato di letteratura sa che dietro tutto quel daffare c’è qualcuno che veglia e dirige i cuochi e gli apprendisti - che nutrono nascostamente e umilmente eroi, cavalieri ed esseri fatati - un personaggio eclettico e singolare che ha tessuto le trame di grandi e belle storie: C.S. Lewis.
L’altra firma del libro, poetessa ma famigliare a mestoli e palette, sollevando il lembo di un telo che ricopre una pagnotta messa a lievitare. “Non potremmo capire l’esistenza delle fate se non avessimo conosciuto col palato ma anche col cuore, il sapore del pane o il gusto del latte appena munto. Non potremmo penetrare lo sguardo di un troll senza conoscere il sapore della rucola, e la profondità di un druido senza aver assaggiato i frutti di bosco o aver contemplato il colore del miele d’acacia alla luce della luna…”
Così, tra riflessioni ed esclamazioni, gli autori di questo strano libro seguono le orme dei personaggi che animano Narnia cogliendo le sfumature che compaiono sul viso di chi assapora un tè in compagnia, assorbe stupito un dolcetto magico o taglia una crostata vicino al caminetto, fino alla tavola imbandita di Cair Paravel.
I posti a sedere sono segnati: Peter, Susan, Aslan, Lucy, Edmund, Tumnus e presto tutti loro giungeranno per sedersi al banchetto del re. Tuttavia la tavolata è lunga e molte sedie sono libere. C’è posto per tutti: vale la pena accomodarsi e dividere la gioia.
Paolo Gulisano e Luisa Vassallo
Ancora editrice 2006,
pag 208
euro 14
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