Ultima vacanza dell’estate, sul finire d’agosto: sette giorni con mio fratello Alberto, l’immancabile compagno d’avventure Paolo.
Non è la prima volta che visitiamo Londra, già nel 2004 avevamo fatto una puntatina in Gran Bretagna. Stavolta però è diverso, il soggiorno è più lungo e possiamo ritagliarci un giorno per una visita fuori porta.
28 agosto. Pronti di buon mattino ci rechiamo alla stazione di London Paddington, a due passi dal nostro alloggio. Il tempo di fare i biglietti, una frugale colazione e poi in carrozza. Si parte. Per quanto riguarda il viaggio, Alberto o Paolo, cadono entrambi in un sonno pesante non appena toccato il sedile, e si svegliano solo a intervalli regolari per cambiare posizione e risistemarsi. Io sono troppo eccitato dalle possibilità che la nostra destinazione ci offre, tanto che non chiudo occhio nemmeno per un minuto. Osservo fuori dal finestrino il paesaggio che passa dalla Grande Londra alla variopinta campagna inglese che, grazie alla splendida giornata, sembra essere ancora più pittoresca.
Dopo quasi un’ora e mezza di viaggio sveglio i miei compagni dal loro beato torpore e scendiamo alla stazione di destinazione: Oxford. L’idea di essere in una cittadina che da sempre ho sognato di vedere con i miei occhi mi riempie di felicità. Non mi sembrava proprio vero, siamo nella piazza della stazione, in cerca di una località sulla mappa che una gentile addetta ci ha prontamente fornito non appena usciti all’aperto. La cosa che più di tutte mi rende entusiasta è proprio il fatto che, arrivati ad Oxford, le possibilità di raggiungere un particolare luogo da lì non molto distante, sono davvero a portata di mano…una rapida consultazione logistica e ogni indugio è già sparito.
Lasciandoci la stazione alle spalle ci addentriamo nella cittadina che è un’insieme di edifici d’epoca in pietra ocra e altre modernissime costruzioni adibite alle attività universitarie del villaggio. College, librerie, negozi, divertimenti, tanto verde e molto altro ancora in un quadro pulito, ordinato e tranquillo (molto british).
In centro raggiungiamo la fermata della corriera che cercavamo per recarci poco fuori dal paese. Una breve attesa di qualche minuto e saliamo a bordo. Secondo le nostre informazioni, deve trattarsi dell’autobus giusto ma, partiti da poco, preferiamo chiedere conferma all’autista. Sono passati solo cinque minuti e già la cittadina ha lasciato il posto al villaggio. Ci avviciniamo al conducente. La cortesia e la premura che ci riserva l’anziano signore inglese nel fornirci tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno sono squisite. Ma non basta. La nostra meta non risulta essere sul percorso dell’autobus, così decide di fermare appositamente la vettura in un viottolo, dicendoci che quello è il punto più vicino per noi.
Avanti sino a una rotonda, e poi sempre dritti per un lungo viale chiamato “Five Mile Drive”. Salutato il nostro gentile benefattore, iniziamo il percorso. Il paesaggio è pura campagna e, arrivati alla rotonda, imbocchiamo il viale che ci è stato indicato. Five Mile Drive è una lunga via ricca di verde con alberi, siepi e aiuole. Sulla sinistra abbiamo la strada mentre sulla destra c’è una fila di ordinate villettine di campagna che si estendono a perdita d’occhio per tutta la lunghezza della strada.
A un certo punto, questo pittoresco viale termina giunge alla sua fine. Sulla nostra sinistra c’è un alto muro di siepi verdi e, poco più avanti, come ci è stato indicato, la nostra meta.
Siamo arrivati nel paesino di Wolvercote e siamo dinnanzi alle cancellate in ferro di un piccolo cimitero. Non possiamo esserci sbagliati, appena varcata la soglia, un cartello all’ingresso con disegnata una mappa ci tolse ogni pensiero: J.R.R.Tolkien author, follow the signs in verge.”.
Tutto sembra in un certo senso surreale, a partire dal luogo. Un cimitero curato, gradevole, con vialetti di ghiaia delimitati da ciottoli, ampi spazi di erbetta verde acceso, fiori di ogni tipo e alberi di diverse forme. In questo scenario seguiamo le pietre che indicano il percorso, sino ad arrivare al luogo dove riposano il Professor Tolkien e la moglie Edith.
Fa uno strano effetto trovarsi qui. L’autore dei romanzi che tante emozioni ci hanno regalato e che ricordiamo come un uomo semplice, estimatore del bello e del vero nelle loro più comuni manifestazioni riposa sotto una semplice lapide che reca incise due parole: “Beren e Luthien”. Bastano per capire quanto fosse forte il legame tra le due persone sepolte sotto quell’erba.
Passano i minuti, e tutti e tre stiamo lì in piedi a osservare la grande pianta di rosmarino che è cresciuta proprio sopra la tomba, le immaginette, i monili e altri piccoli oggetti lasciati a ornare quella pietra da persone che, come noi, sono arrivate da ogni dove. Dopo una preghiera e qualche parola, il sole illumina tutto il verde attorno a noi facendoci capire che il tempo non si è fermato. A questo punto ci rendiamo conto che, l’improvvisazione di quella visita, non ci ha permesso di procurarci un segno da poter lasciare in omaggio al prof.Tolkien e a sua moglie.
In questo particolare momento pensiamo a Granburrone. Senza queste amicizie nate attorno al sito, probabilmente non avremmo condiviso alla stessa maniera la passione comune che lega la nostra compagine e quindi forse non saremmo stati qui. Decidiamo quindi di lasciare sulla pietra una tessera della nostra Associazione, così da estendere simbolicamente questo concreto omaggio a Tolkien da parte di tutti gli amici dell’Ultima Casa Accogliente.
Dopo aver messo sistemato la tessera al suo posto, prendiamo un rametto ciascuno dalla pianta di rosmarino che cresce silenziosamente lì sopra e, dopo un ultimo sguardo, ci avviamo verso l’uscita, dove prendiamo un autobus (quello sbagliato, purtroppo) per il ritorno.
Appena saliti, inizia a scendere una pioggia battente.
Fotografie di Matteo Brioschi
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