Noi lo sospettavamo da tempo: quell’idea del monello combinaguai rappresentato da Artemis Fowl, anche se travestito da moderno mini gangster hollywoodiano, non ci convinceva proprio.

Sapeva di costruito, di artefatto, di prodotto gustoso e genuino quanto può esserlo una caramella di moplen.

 

Poi, la settimana scorsa, ecco la rivelazione di Veravoce, organo ufficiale della comunità italiana in Irlanda, che ci ha fatto comprendere molte cose.

 

“Avrei sempre voluto scrivere romanzi rosa,” – ha confessato alla testata Eoin Colfer, ex insegnante ormai avviato a una stabile e luminosa carriera di scrittore proprio grazie alla creazione del suo personaggio di delinquente in erba – “esattamente come quelli della vostra Carolina Invernizio o la vostra Liala, per me imbattibili nel loro genere. Me li leggeva sempre la mia tata italiana quando da piccolo andavo a sciare sul Mottarone, durante le vacanze di Natale. E li amo da allora. Una volta adulto, ho acquistato tutti i romanzi tradotti che sono riuscito a trovare, ma, ahimé, purtroppo sono un numero molto esiguo rispetto alla loro produzione totale.

Dopo averli divorati di nuovo, ho provato per anni a emulare il loro stile, ma tutti i manoscritti che inviavo agli editori mi venivano rifiutati. “Troppi clichè”, mi veniva detto. Avrò collezionato una trentina di no in quattro anni, iniziavo a sentirmi come Snoopy quando riceve le sue circolari di rifiuto perché è uno scrittore troppo can… onico. Persino quello che credo tuttora sia il mio capolavoro - quello che narra di una ragazza madre povera, orfana e abbandonata dal suo compagno, che crede morto il suo bambino ma poi lo ritrova in una favela brasiliana dopo aver rischiato di essere fatta prigioniera dai pirati, il tutto perché la sua portinaia aveva venduto il piccolo agli zingari dopo aver scoperto che il padre era il suo ex, ma poi, divorata dal rimorso, sul letto di morte lo aveva confessato alla cuoca del dottore che lo aveva fatto nascere – mi è stato rifiutato seccamente dalla Harper & Collins. Un errore madornale, a mio avviso, perché solo la scena finale - in cui l’eroina scende una scalinata di quarzo rosa, che si intona perfettamente col suo vestito di chiffon e col suo maquillage, mentre ad attenderla ai piedi della medesima c’è il fidanzato redento, pentito e pronto a fare di lei una donna onesta - vale tutto il romanzo!”.

 

Ma allora, come mai Colfer è finito a scrivere di un delinquentello rapisci-elfi, di quel Tom Sawyer di serie-B, di quel James Steerforth dei poveri?

“E’ stato il mio agente a suggerirmelo” – ha spiegato lo scrittore. Gli avevo chiesto di sondare le case editrici per scoprire cosa cercassero, perché volevo dimostrare che sono degli incompetenti e non capiscono la vera Arte. Volevo dimostrare che è facilissimo dargli quello che vogliono, e senza sforzo.  Infatti li ho fregati tutti. Nessuno si è accorto che ho copiato a mani basse da un altro vostro classico, Gian Burrasca. In effetti, il monellaccio di Vamba  può ben rappresentare l’equivalente ottocentesco di Artemis. Anche lui in lotta con la famiglia, sempre al centro di tremendi guai orditi dalla sua invereconda incoscienza, e anche lui talmente antipatico che risulta impossibile identificarcisi. Io ho semplicemente modernizzato il tutto… E ho vinto la scommessa con me stesso: ho dimostrato che potevo dargli quello che volevano, anche se a me fa veramente schifo e odio ogni volta dover scrivere una nuova avventura di quel moccioso rompiballe, anziché dedicarmi alle mie dolci eroine, fragili e senza macchia”.

 

Alla replica dell’intervistatore, che gli ha chiesto se ora queste rivelazioni non rischiano di compromettere la sua reputazione, l’autore ha risposto testualmente: “E chi se ne importa? Tanto i diritti di Gian Burrasca sono scaduti e nessuno mi può fare causa. In più ho già venduto abbastanza libri di Artemis Fowl da permettermi di ritirarmi a vita privata e scrivere finalmente il romanzo che mi aprirà le porte del firmamento rosa. L’idea ce l’ho già ed è di un’originalità strepitosa. Una trama che darà scandalo fra i benpensanti e farà molto discutere. Senta qua: ai primi del Novecento, in Australia, un sacerdote cattolico vede crescere una bambina della quale poi si innamorerà follemente, ricambiato. Ma fra i due si frappone la ricca zia di lei, anch’essa innamorata del prete. La ragazza sposa un altro ma poi avrà un figlio anche dal sacerdote, che però la abbandonerà definitivamente per seguire la Chiesa. La ragazza, invelenita con Dio, pensa che avere avuto un figlio dalla relazione proibita sia una sua piccola vendetta, ma, indovini un po’ cosa succede nel finale? Il figlio si fa prete pure lui! Bella trama, eh? Adesso sono solo un po’ indeciso sui nomi… La ragazza vorrei chiamarla Maggie, mentre per il sacerdote vorrei un nome esotico… Direi francese, che fa molto charmant… Che ne dice lei di “padre De Bricassart”? Suona bene no?....”.

Nota della redazione: Come la data di pubblicazione può suggerire, la notizia soprariportata e frutto di pura invenzione e stilata allo scopo di farvi sorridere nella giornata dedicata agli scherzi. Speriamo di avervi portato un po' di buonumore