- Mio re, - fa Brasida, scosso dall'emozione - tutto sommato, devo ricredermi sugli dei. Forse, esistono davvero. E si divertono un sacco, con noi mortali.

Una sequela di colorite bestemmie percorre Kratos, latrati rabbiosi che solo io odo. E' il mio compagno che con la volgarità esprime tutto il suo disappunto. Mi chiedo in quanti inutili gretti conflitti sfogherà la sua frustrazione.

- Non penserà di sfuggirmi?! Lui è mio. Lo ritroverò! – afferma.

Se ne va senza nemmeno salutarmi. E' normale: ci vediamo anche troppo spesso.

Delusi, con pessime notizie in saccoccia, si defilano anche i due informatori dell'Alleanza costiera che, rintanati tra il folto del bosco lungo il pendio, hanno seguito gli accadimenti. Ovviamente, non si sono accorti né di me, né del mio bellicoso "amico".

Io rimango.

Rimango a guardare gli eserciti che si sciolgono.

Soldati tutti buoni per altre guerre, anche se per metà fieri e per metà disonorati, che ritornano finalmente ad essere contadini, allevatori e cittadini. Uomini sollevati, ansiosi di poter riabbracciare mogli e figli. Almeno fin che durerà la pace.

Vedo un re, irrimediabilmente malato di potere, che non può sopportare di essere secondo a nessuno. Abituato a tutto, non accetta di accontentarsi di tanto. In solitudine mi cerca e mi trova lasciandosi ricadere sulla punta di una spada senza tacche, senza coaguli, senza un filo di ruggine. Un'arma priva di anima e di storia. Da troppo tempo Antemion guidava i suoi uomini dalle retrovie. Nessuno piangerà la sua morte, nemmeno i veterani, sopravvissuti che per due decenni hanno consolidato l'autorità reale, onorandola per dovere, non per rispetto.

Arkea, sottomessa, è salva. Salva dalla cupidigia di una turpe stirpe.

Rimango fino a che non resta solo il silenzio.

La piana di Kratos è scarlatta ora, ma è solo il tramonto ad insanguinarla. Sono colori, sfumature. Niente suoni, niente odori. Niente carcasse, cani e corvi. Niente mosche ronzanti. Niente scudi abbandonati, per impiccio o codardia.

Niente spiriti testardi, da rincorrere e riportare alla ragione.

Niente raccolto.

Stizzita, ma nulla più, mi rialzo, piazzo la falce in spalla e abbandono Kratos. Il sole che scende alle mie spalle allunga la mia ombra sul prato. Una piccola grande tenebra che cala a spegnere vite di insetti e larve. Esistenze non insignificanti, io lo so.

Tutto da rifare. Non che manchino le occasioni, persino quelle in grande stile. Per questa volta è andata così, non vale la pena di prendersela.

Sorrido. La Vita gioca spesso brutti scherzi. Anche a Me.

 

In guerra, l'elemento meno calcolabile è la volontà umana.

Basil Henry Liddell Hart