Si intitola Giovanni Battista Belzoni: un Indiana Jones alla riscoperta dell’Egitto la mostra che Bologna ha voluto dedicare ad uno dei padri della moderna egittologia. Allestita al Museo Civico Archeologico, l’esposizione rimarrà aperta fino al prossimo 31 dicembre.
In una delle ormai celeberrime lezioni all’università Indiana Jones spiegava ai suoi alunni che “la X non indica mai il punto dove scavare”, ricordava che “il 70% del lavoro dell’archeologo si svolge in biblioteca, facendo ricerche”, e li invitava a togliersi “dalla testa città abbandonate, viaggi esotici e scavi in giro per il mondo”. Subito dopo, dimostrando una stupefacente coerenza fra parole e azioni, si tuffava in una nuova, travolgente avventura.
Probabilmente il padovano Giovanni Battista Belzoni non ha mai effettuato uno scavo in un punto segnalato da una “X”, ma per quanto riguarda le altre raccomandazioni e la loro applicazione pratica, avrebbe potuto essere un perfetto compagno d’avventure per il professor Jones.
Nato sul finire del XVIII secolo, nel 1803 si rifugiò in Inghilterra, probabilmente per evitare la coscrizione nell’esercito napoleonico.
A Londra visse sfruttando la sua notevole stazza in esibizioni da circo come “uomo forte”. Sotto il nome di Sansone Patagonico egli, che era alto oltre due metri, arrivava a caricarsi sulle possenti spalle una piramide umana costituita da dodici persone.
Dopo una serie di viaggi in Europa, nel 1815 giunse in Egitto, dove realizzò una pompa idraulica con il proposito di venderla al califfo Mohammed Alì. Il progetto non andò in porto, e Belzoni pensò di guadagnarsi da vivere trasportando da Luxor ad Alessandria la gigantesca statua di Ramesse II, del peso di 12 tonnellate, per conto del console inglese. Cominciò così la carriera di uno degli archeologi più famosi dei suoi tempi.
Dominique Vivant Denon, che alcuni anni prima aveva parte alla spedizione in Egitto di Napoleone, aveva terminato da poco la pubblicazione della Description des Monuments de la Haute et Basse Égypte. Dopo secoli di oblio, quest’opera riportava prepotentemente la terra dei faraoni sotto lo sguardo affascinato dell’Europa.
Nel giro di pochissimo tempo l’Egitto si era così riempito di avventurieri con pochi scrupoli che, approfittando di un’assoluta mancanza di regole, razziavano tutto ciò che potevano in combutta con i tombaroli e con la complicità delle autorità locali.
Fra tanti personaggi, pronti ad adoperare persino l’esplosivo pur di entrare nelle tombe, Belzoni si distinse per i metodi più rispettosi verso gli antichi edifici – anche si i moderni archeologi rabbrividirebbero al solo pensiero di agire come lui – e soprattutto per l’eccezionalità delle sue scoperte.
Nel 1817 scoprì la tomba di Seti I, sfondandone la porta con un ariete e portando all’attenzione del mondo intero la Valle dei Re.
L’anno successivo fu la volta del ritrovamento dell’ingresso della piramide di Chefren. E se Indiana Jones doveva spesso fare i conti con il francese Belloq, che si appropriava la paternità delle sue scoperte, lo stesso era accaduto più volte al padovano, tanto che in questo caso decise di lasciare una vistosissima firma all’interno della camera sepolcrale.
Firma che può essere ritrovata anche dietro un orecchio della statua di Ramesse II, accanto ad un piede di una statua di Amenofi e su un altare proveniente da un tempio di Karnak.
Tutte queste imprese gli diedero celebrità ma non ricchezza. Tornato in Inghilterra, nel 1819 pubblicò un libro di memorie che divenne subito un best seller.
Nel 1821, poi, organizzò la prima mostra egittologica di ogni tempo. Nell’Egyptyan Hall di Londra furono ricostruiti in dimensioni reali diversi ambienti della tomba di Seti I, utilizzando i suoi calchi in cera dei rilievi e le riproduzioni ad acquerello delle pitture.
Belzonì morì di dissenteria in Nigeria due anni più tardi, all’età di 45 anni, mentre stava partecipando ad una spedizione alla ricerca delle sorgenti del Nilo.
Dimenticato per anni dall’archeologia ufficiale, Bologna ha ora deciso di rendergli omaggio. Dal 30 maggio al 31 dicembre nel Museo Civico Archeologico si potrà visitare la stessa mostra realizzata quasi duecento anni fa. Insieme ad un modello in scala 1:3 della camera funeraria di Seti I e dell’attigua sala a pilastri, si potranno ammirare 11 delle originali statuette funerarie.
Martedì 7 giugno, inoltre, l’intera giornata del Biografilm Festival sarà dedicata a Giovanni Battista Belzoni.
Giunto quest’anno alla terza edizione, il Biografilm Festival si propone l’obiettivo di far conoscere al pubblico la vita di personalità del mondo della cultura, dell’economia, della scienza e dell’arte, sfruttando diversi mezzi espressivi quali film, spettacoli teatrali, interviste, racconti, concerti e mostre.
Si comincerà alle ore 16,00 con la presentazione del focus Giovanni Battista Belzoni. Un Indiana Jones alla riscoperta dell’Egitto.
Ad introdurre la giornata sarà un documentario della BBC: The Great Belzoni – The Pharaoh and the Showman. Interverranno Mauro Tinti, curatore del focus, e Daniela Picchi, del Museo Civico Archeologico di Bologna.
Alle 18,00 sarà la volta del convegno, accompagnato da brani tratti dai documentari The Trail of the Mummy, di Wolter Braamhorst, e Giovanni Battista Belzoni: un pioniere sul Nilo di Jeanne Aldo. Interverranno Marco Zatterin, giornalista, Peter Clayton, egittologo, e Sergio Pernigotti, ordinario di Egittologia e direttore del Dipartimento di archeologia dell’Università degli Studi di Bologna.
Alle 21,00, infine, ci sarà un reading di testi belzoniani a cura del Laboratorio teatrale L’Ora Nona, con accompagnamento al violoncello di Fabrizio Calabrese.
Giovanni Battista Belzoni: un Indiana Jones alla riscoperta dell’Egitto
30 maggio – 31 dicembre 2007
Orario di apertura:
dal martedì al venerdì 9,00 – 14,30
sabato e festivi 10,00 – 18,30
Ingresso libero
Museo Civico Archeologico, Via dell’Archiginnasio 2, Bologna
Focus Giovanni Battista Belzoni. Un Indiana Jones alla riscoperta dell’Egitto
7 giugno 2007, ore 16,00
Ingresso libero
Palazzo Re Enzo, Piazza Maggiore 1, Bologna
Convegno Giovanni Battista Belzoni. Un Indiana Jones alla riscoperta dell’Egitto
7 giugno 2007, ore 18,00
Ingresso libero
Palazzo Re Enzo, Piazza Maggiore 1, Bologna
Giovanni Battista Belzoni: reading di testi belzoniani
7 giugno 2007, ore 21,00
Museo Civico Archeologico, Via dell’Archiginnasio 2, Bologna
3 commenti
Aggiungi un commentola scritta che ha lasciato dentro la grande piramide sarà contenta....
Anche a me la prima volta che ho letto di questo "dettaglio" sono venuti i brividi. Però, effettivamente, Belzoni aveva un rispetto maggiore per gli edifici antichi della maggior parte dei cacciatori di tesori, infatti non usava gli esplosivi per aprire gli edifici.
Tieni presente che a quell'epoca per quasi tutti contava il tesoro, l'oggetto prezioso, non la conoscenza del passato. E quindi che importanza poteva avere far saltare in aria un po' di dipinti murali (non trasportabili) e del vasellame, se si riuscivano a raggiungere gli ori?
E immagino che fosse frustrante per Belzoni vedersi soffiare la paternità delle scoperte, come gli era accaduto diverse volte. In questo mi viene subito in mente un paragone con Michelangelo Buonarroti.
Mi pare che sia il Vasari a raccontarci che le persone che vedevano la sua Pietà in San Pietro l'ammiravano attribuendola ai più diversi artisti. Lui, stufo di vedersi sottrarre l'opera nell'immaginario collettivo, una notte entrò in basilica e firmò la scultura.
Certo, era un'opera sua, e la sua firma non deturpa nulla, ma la frustrazione deve essere stata la stessa.
Quanto al rispetto per le opere del passato, prova a leggere il bellissimo "I furti d'arte. Napoleone e la nascita del Louvre" di Paul Wescher. In esso si racconta come l'esercito incaricato delle spoliazioni in Europa abbia danneggiato molte delle opere che intendeva trafugare, e sì che volevano realizzare un grande museo!
conosco questo libro,e ancora di più conosco i danni che si fanno alle opere d'arte tentando di valorizzarle o musealizzarle
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